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 2015  giugno 14 Domenica calendario

QUANTO COSTA UNA MANO AL MERCATO DI LAGOS?

A Lagos pochi hanno letto Cechov, ma tutti hanno la sua pistola, ovvero un’arma (può essere anche un coltello o una mazza) che prima o poi verrà usata contro qualcuno: perfino la sopravvivenza può essere un’esigenza narrativa. Come lo sono le truffe che vent’anni fa viaggiavano per fax e ora per email: «Mister Romagnoli, il suo lontano parente Robert è deceduto qui in Nigeria lasciandole una cospicua eredità, che occorre sbloccare con un versamento preventivo. Ci contatti per le modalità amministrative. Firmato: l’Ufficio competente». Se abbocchi o, peggio ancora, se ti rechi sul posto carico di euro e aspettative, la pistola di Cechov sparerà.
Te lo dicono tutti di stare attento a Lagos. Teju Cole, che ci è nato prima di emigrare a New York , è tornato per scrivere Ogni giorno è per il ladro e racconta di quando la sua famiglia, assediata da rapinatori inetti che non riuscivano a forzare la porta d’ingresso, si barricò in bagno, salvandosi. La banda ci mise tre anni, ma tornò con successo.
Le compagnie aeree insistono ad atterrare di notte per via dei fusi orari e degli slot favorevoli, ma ti sconsigliano di andare in città a quell’ora: ci sono agguati sul ponte che la collega all’aeroporto. I passeggeri aspettano l’alba nella sala arrivi. I banditi si spingono fin lì, armati. C’è gente che si addormenta legata alla valigia e si sveglia mentre viene trascinata via da ignoti: anche la violenza ha qualcosa di comico, perché tra esseri di una specie sviluppata sembra improbabile come la caduta dopo un inciampo. Eppure.
Consapevole del rischio, l’ambasciata mi aveva fornito un autista per il giorno e un altro, con vettura superblindata, per la notte. Guidavano fermandosi solo quando era proprio indispensabile. Una delle costanti globali è che più una città è violenta e più il traffico fluisce. Ci sono regole non scritte al posto dei segnali: se l’uomo con la pistola incontra l’uomo con il fucile, l’uomo con la pistola si ferma all’incrocio. I miei autisti avevano una canna che sbucava dal sedile e tendevano ad andare veloci, non rallentavano neppure passando di fianco a tre ragazzi che bastonavano qualcuno a sangue. Manco si voltavano. Nemmeno uno sguardo di constatazione al retrovisore. La vittima non sembrava avere molto da offrire. E questa è una variante della “Mc Donald economy”, quella che misura il livello di un Paese dal costo dell’hamburger sul suo territorio. La variante sarebbe la “Killer economy” e userebbe come parametro la cifra minima per la quale si è disposti a uccidere. Si potrebbero avere sorprese. Uno dei posti che per esperienza finirebbe in testa è Zurigo, per via del quartiere intorno alla stazione. Essendo maschio e adulto ho una particolare concezione del rischio nei luoghi pubblici. Messi al sicuro portafogli e orologio, infilo in tasca dieci euro o il locale equivalente (in caso di sosta al bar) e mi sento inattaccabile.
«Dieci euro?», rideva l’autista di giorno. «Basta molto meno».
Quanto basta?
Fece una deviazione concordata, mi portò a trovare la famiglia di sua sorella. Pochi giorni prima era stata al mercato di Oshodi, lo stesso dove lo zio di Teju Cole venne minacciato da un mendicante a cui aveva dato duecento naire (un euro) di finire appeso al ponte a testa in giù se non gliene avesse date almeno mille (cinque euro). La sorella dell’autista aveva il braccio fasciato, la mano non c’era più.
Spiegò lui: «Era andata al mercato per comprare la carne, al momento di pagare ha mostrato i soldi in pugno e qualcuno con una lama le ha portato via soldi e pugno».
Aveva duemila naira, dieci euro. Poteva morire dissanguata.
«Basta molto meno». Quando ti presentano una realtà come se fosse la capitale del pericolo ci sono due reazioni possibili: la paura a ogni passo o la convinzione che stiano esagerando, prigionieri di un cliché. Con la seconda vivi meglio, finché vivi. È quel che tendo a fare. D’un tratto l’autista divenne impaziente. Salutò tutti, salimmo in auto, prese strade diverse, maledicendo il buio incalzante.
Dissi, come spesso: «Andrà tutto bene».
Solo allora sentì il bisogno di farmi capire: «Guarda in basso, vicino alla tua gamba destra».
C’era un foro.
«Ieri a quest’ora hanno sparato da un albero. Ho fatto cambiare il finestrino in tempo, non volevo preoccuparti. Il proiettile è passato lì, non c’era seduto nessuno ».
Perché hanno sparato?
Sollevò le spalle: per niente.
Trovai il foro con le dita, accesi la luce, lo guardai. Somigliava a uno zero. Al fondo della “Killer economy” la vita vale zero.
A ovest di qui, sul delta del Niger, estraggono due milioni di barili di petrolio al giorno e la gente è povera. Non è la prima volta che vedo spropositi simili. Accadeva in Venezuela. Accadeva in Libia. Lo impari sulla pelle degli altri, guardando moncherini, corpi a testa in giù, visi tumefatti dalle bastonate. A Lagos e in tutto il mondo la regola base della “Killer economy” è che se ti rubano un miliardo tu uccidi per niente.
Gabriele Romagnoli, la Repubblica 14/6/2015