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 2015  luglio 19 Domenica calendario

BARCELLONA TOPAIA VENDESI PER INVESTIMENTI GLOBALI FAI DA TE

Estate 2015: quarantatre gradi sul termometro, un filo di vento in riva al mare, ma non certo qui nel Raval, il cuore nero di Barcellona. Ci sono città che appartengono a chi le sogna, altre a chi le abita, alcune a chi le visita, come questa: il numero dei turisti annuali è venti volte quello dei residenti. Quasi ogni giorno dell’anno le due popolazioni si equivalgono: Barcellona-Resto del Mondo 1 a 1, nemmeno la squadra più forte che esista può far più che pareggiare. Il pianeta ci si riversa. La colonna sonora è prodotta da rotelle di trolley sull’asfalto sconnesso. La lingua è babele. L’uniforme è quella universale del turista: all’incrocio tra maratoneta e raccoglitore di pomodori. Uomini mimetici, donne incinte del proprio zainetto. Indomiti, hasta el final de la rambla. Come si può finire qui, davanti a questo gomitolo di vicoli, le insegne in tutte le lingue del mondo, i negozi di cellulari e mazze da cricket, il malaffare che attende svaccato a ogni angolo?
Barcellona 2015 è anche una piccola lezione di economia: la globalizzazione del piccolo investimento immobiliare, la riduzione dei passaggi tra offerta e domanda, la difficoltà di adeguamento del potere, poder, podemos.
Anche tu, cortese lettore, conosci di certo qualcuno o hai sentito dire di qualcuno che ha comprato una casa qui negli ultimi quattro anni, mentre il mercato crollava. Non per viverci, per affittarla a turisti: 50 metri da ristrutturare al prezzo con cui a Roma compreresti un posto auto in centro, a New York la fotografia dell’appartamento, autografata dall’autore e dal proprietario. Magari ha messo venti- trentamila euro e rilevato il mutuo da qualcuno che non riusciva più a pagarlo. Magari al rogito si è presentato, invece del venditore, il rappresentante di una banca o del fisco e si è portato via l’assegno in nome e soprattutto per conto. Un investimento tra i cento e i centocinquantamila euro e hai una proprietà che si ripaga con gli affitti e che non può non rivalutarsi da qui a cinque-dieci anni. Questo, almeno, dicono.
E così eccomi qui, ai confini del Raval, vicino a una piazza che diventerà un detonatore di ricchezza, assicurano. Stanno ricostruendo un antico mercato, quello di Sant Antoni. In tutto il mondo funziona così: una zona depressa svolta perché ci fanno un hotel cool o ci va a vivere un personaggio hot. Cambia la temperatura, s’alza il vento e alé.
In questo appartamento qualcuno deve essere morto, in una delle tre minuscole stanze, strisciando dal bagno di 2mq. Gli eredi non volevano saperne, niente spese, niente tasse: a che serve una topaia al quarto piano senza ascensore? A venderla al primo straniero disposto a pagare in contanti una cifra divisibile per quattro. Il mio amico francese l’ha fatto. Poi ha trovato un giovane architetto portoghese che ha ridisegnato la pianta buttando giù muri e perpetuando il mito del loft, ha coperto il pavimento di cementine che fan sempre allegria, ha mescolato tracce di rigattieri e di Ikea per nascondere le prove di ogni passato. Et voilà, che cosa manca? Un tavolo, quattro sedie, lampade, uno specchio.
La strade del Raval sono generose, dalle dieci a mezzanotte: si può lasciare di tutto davanti ai cassonetti della spazzatura. E di tutto viene raccolto. Prendi due sedie sfondate, portale al quarto piano, riempile di pannolini, metti nastro adesivo da barca, compra una stoffa e una sparagraffette, taglia e fai partire una raffica di punti. Tutto deve essere pronto per l’indomani. Viene in visita l’avvocato pugliese che vive qui da anni, parla spanglitalian (“Hai tutti i records del piso?”), mette l’offerta su tre siti, accoglie gli ospiti internazionali, controlla l’inventario, porta tutto a lavare dal tintore cinese che gli fa lo sconto, manda la domestica marocchina a pulire. Trattiene il venti per cento, esentasse. Non c’è fisco, non c’è licenza, non c’è inganno. Uber, Blablacar, Ebay, Airbnb, sono il tentativo di andare dal produttore al consumatore a chilometri zero. Chi li ha inventati guadagna migliaia di volte ciascun utente. Eppure, non conosci anche tu qualcuno che arrotonda o addirittura vive soltanto di questo: vendendo le cose che trova, gli spazi che ha, in auto o in casa? È una possibile strada economica che taglia fuori pochi ma mette dentro molti e ne porta un paio alle stelle? Ne vale la pena? O è un altra grande illusione?
L’appartamento spagnolo, come titolava un vecchio film, è un esempio di fai da te globale. Ricapitolo: proprietario francese, architetto portoghese, gestore italiano, tintore cinese, domestica marocchina, ospiti internazionali. Come un’auto di Uber pop o una lampada in vendita su Ebay aziona un meccanismo di commercio che arricchisce molto chi l’ha inventato, un po’ chi ne fa parte e per nulla gli stati, il loro sistema fiscale. Ma se questi riposano su un’economia ferale, perché difenderli dalle brecce? Perché lo fa anche il sindaco eletto nelle liste di Podemos? E noi, per quale Barcellona e quale resto del mondo tifiamo?
Gabriele Romagnoli, la Repubblica 19/7/2015