Anais Ginori, la Repubblica 8/10/2015, 8 ottobre 2015
TROPPE RECLUTE LA FRANCIA LANCIA GLI SPOT ANTI-JIHAD
PARIGI.
Léa aveva 17 anni quando è partita. «Il giorno prima avevamo passato dei bei momenti insieme» racconta il padre Baptiste. E’ uscita portando solo lo zaino, una sciarpa. Non è mai più tornata a casa. Qualche giorno dopo ha telefonato. «Papà, mamma, so che vi farò del male. Sono in Siria». Léa si è sposata con uno dei portavoce dell’Is, con cui ha avuto un figlio. «Ha costruito una nuova vita in mezzo alla guerra» dice il papà. Forse voleva cercare un mondo migliore, aggiunge Baptiste, ma ha trovato l’inferno. Léa giovale, allegra, è morta, diventando un’altra donna che Baptiste e sua moglie non riconoscono. «Non siamo dei genitori di una terrorista. Siamo delle vittime» conclude il padre.
La voce è spezzata dall’emozione, gli occhi lucidi. Alcuni genitori francesi hanno deciso di testimoniare per la nuova campagna lanciata dal governo contro il reclutamento di giovani jihadisti. Nei brevi filmati quattro famiglie, coinvolte in prima persona, parlano del loro dolore ma anche della loro incredulità. Nessuno di loro aveva sospettato, né capito. I segnali sono spesso impercettibili. Véronique pensava di essere al sicuro quando sentiva parlare di ragazzi partiti per la Siria o l’Iraq. Lei e i suoi figli vivevano in una famiglia “privilegiata”, nessun disagio sociale. «Mio figlio amava la musica, lo sport. Avevamo passato un weekend in famiglia, a fare le crêpes, tra mille attività. L’indomani che non c’era più» ricorda Véronique. Solo un mese dopo la sua scomparsa hanno scoperto che era in Siria. «Non sappiamo precisamente dov’è. E’ orribile perché io vorrei andare a cercarlo, prenderlo tra le mie braccia».
E’ anche per rompere l’isolamento di queste famiglie che il governo ha lanciato nell’aprile 2014 un numero verde e un sito “Stop Jihadisme”. «Non è facile raccontare» confessa Véronique. «Sei guardato male, nessuno capisce. Il peggio è restare soli». Più di una ventina di media e siti Internet francesi diffonderanno i nuovi spot di un minuto e trenta gratuitamente per le prossime settimane. La piattaforma creata dal governo ha ricevuto più di tre mila segnalazioni di aspiranti alla jihad in Siria o in Iraq, fra cui il 23% riguardano dei minori, una maggioranza di ragazze. La Francia ha il record di foreign fighters. »Ci sono 1.300 individui che si alimentano in questi ambienti jihadisti, più di 500 francesi o residenti in Francia che si trovano oggi in Siria o in Iraq», ha dichiarato Manuel Valls. «Altre centinaia, se non migliaia di giovani sono a rischio di radicalizzazione. E una sfida considerevole per la società che rende necessario mobilitare le famiglie», ha aggiunto il premier.
Il sito e gli spot dovrebbero essere guardati da tutti i genitori. I profili dei ragazzi reclutati sono infatti molto diversi tra loro. «Poco importa la classe sociale, o la religione. Può succedere a tutti» dice Saliha. Suo figlio Sabri, 17 anni, è partito nell’agosto 2013. Quando ha ricevuto il messaggio: «Mamma sono in Siria» lei ha tradotto mentalmente «Mamma sono morto». Ha detto così anche al marito: «Sabri è morto». «Ma no, è in Siria». Lei lo sapeva già: non l’avrebbe mai più rivisto. E’ caduto nella trappola di gente “molto professionale” spiega ancora la madre. Un giorno il padre di Sabri ha visto sul suo cellulare apparire un numero che chiamava dalla Siria. Era convinto che finalmente suo figlio telefonava per dargli delle notizie. La voce però non era quella di Sabri. Era un uomo siriano che si congratulava. Sabri era morto da martire. Anzi nella breve comunicazione non è mai stato citato il nome di Sabri, ma quello nuovo da combattente che aveva scelto.
Anais Ginori, la Repubblica 8/10/2015