Massimiliano Castellani, Avvenire 8/10/2015, 8 ottobre 2015
REJA E I MAGNIFICI ANNI ’70 –
Il passato, e forse anche questo tempo che scorre veloce dentro lo spazio dei 90 minuti, seduto ai bordi di un campo di calcio, per uno come Edy Reja è davvero una terra straniera o una partita in trasferta. Sabato 10 ottobre compie 70 anni l’ex ragazzo di Lucinico, alle porte di Gorizia. Madre slovena e slavo è anche lo spirito di quest’hombre vertical, uno degli ultimi nobili nomadi della panchina. Edy, l’allenatore più anziano della Serie A, il più onesto, il più schietto, trasparente come un bicchiere di Collio che di solito beve davanti al fogolàr in compagnia degli amici furlàn, Fabio Capello da Pieris «che a Ferrara, quando cominciai alla Spal, mi presentò Livia, mia moglie», Dino Zoff da Mariano del Friuli, Gigi Del Neri d’Aquileia e Bruno Pizzul da Cormons.
Tutti storici commensali del Vecio, Enzo Bearzot (era di Aiello del Friuli). E come il vecchio e compianto ct azzurro campione del mondo a Spagna ’82, anche Reja è uno di poche parole e tanta sostanza.
«Se faccio l’intervista con lei per questi benedetti 70 anni, poi va a finire che scontento tutti quegli amici giornalisti che ho conosciuto in giro per l’Italia e allora per non far torto a nessuno meglio starsene in silenzio per un po’...», dice con quel tono pacato, paterno, il buon Edy. Il “nonno” giovanile della A che silente si prepara a tagliare il traguardo delle settanta primavere che ne fanno il secondo tecnico più longevo d’Europa, dietro alla vecchia volpe romena Mircea Lucescu, 70 anni compiuti lo scorso 29 luglio.
Il visionario di Bucarest ha cominciato ad allenare in Romania, il Corvinul Hunedoara, nello stesso anno in cui Reja debuttò sulla panchina dei dilettanti del Molinella, stagione 197980. Mister Mircea e mister Edy, metà delle loro vite le hanno trascorse a guidare e crescere generazioni di ragazzi che continuano a portare il massimo rispetto («ricevo sms da tutti, anche da quelli che non facevo giocare», dice orgoglioso Reja) a questi maestri, teatranti di giro del circo del pallone professionistico.
«Tranne Toscana, Basilicata, Umbria e Marche, ho allenato ovunque, isole comprese», ha raccontato l’Edy nazionale nell’ultima rara intervista che ha concesso a Gaia Piccardi (“Corriere della Sera”). Il papà dell’Atalanta, l’ultima delle oltre venti creature guidate e che sta conducendo con mestiere ed esperienza nelle acque calme della salvezza, ha tre anni più del secondo “veterano” della massima serie, il cuore Toro, Giampiero Ventura: ed entrambi, nessuna voglia di andare in pensione e ancor meno di lasciare il posto al nuovo trend degli “allenatori ragazzini”. Come loro la pensa il vecchio “Trap”, Giovanni Trapattoni che a 76 anni lascerebbe anche domani la postazione di opinionista Rai alla “Domenica Sportiva” per gettarsi in un’altra possibile avventura: «con una nazionale o una squadra di club poco importa», basta allenare.
Affinità elettive anche in questo con Reja e Lucescu, il quale a Donetsk è un monumento vivente, con tanto di statua che l’omaggia fuori dallo stadio dello Shakhtar. Nella valigia del mister del club ucraino ci sono anche i ricordi di otto stagioni vissute appassionatamente in Italia: al Pisa, alla Reggiana, al Brescia («avevo Hagi e il giovane Pirlo, e uno così al mondo non ce n’è») e da conducator della prima Inter di Massimo Moratti (1998-’99) in cui ha allenato quello che ricorda come il «più grande fenomeno, Ronaldo». Reja, oltre alla risurrezzione del Napoli di De Laurentiis, riportato dalla C in Europa, è da sempre un grande “salvatore” delle piccole patrie calcistiche, mentre Lucescu vanta nel suo palmarès, 12 titoli nazionali conquistati tra Romania, Turchia e Ucraina. Il rabdomante di talenti, dalla “A” del bomber milanista Adriano Luiz, fino alla “Z” dell’«imitatore » Ze Elias, è all’11° anno tra le miniere di Donetsk dove ha appena scovato l’ultima pepita preziosa, «Kovalenko, classe 1996, un centrocampista formidabile, il miglior ucraino di sempre, vedrete se mi sbaglio... Questo è un campione». Un campione di resistenza è sicuramente Lucescu, così come Reja, appartenenti a quella “classe di ferro” 1945, la più resistente all’urto del calcio moderno, frenetico e privo di memoria. La conferma arriva anche dal loro coscritto Ronnie McFall (18 luglio 1945) dal 21 dicembre 1986 alla guida della squadra della sua città (22mila abitanti) il Portadown Fc, con cui ha conquistato quattro epici scudetti della serie A nordirlandese. Il sogno di McFall è quello di andare avanti «magari un altro quindicennio » con i suo ragazzi del Portadown, in modo da battere il record assoluto di permanenza sulla stessa panchina che detiene ancora il 77enne francese Guy Roux, tecnico dell’Auxerre per 44 anni di fila (dal 1961 al 2005). «Un squadra, una vita» è stato il suo motto, idem per il colonnello di ferro Valeriy Lobanovskiy che servì la causa della Dinamo Kiev per complessivi 31 anni. Allo scoccare del 26° anno con il Manchester United, trascinato sul tetto d’Europa e del mondo, nel 2013 il 72enne sir Alex Ferguson annunciò che era il tempo di congedarsi dal popolo di Old Trafford. Il suo unico emulo nella Premier inglese rimane il 65enne, francese, ArsèneWenger - nemico giurato di Josè Mourinho - che nel 2016 festeggerà il ventennale da manager dell’Arsenal. Il “Ferguson” italiano fino allo scorso anno era Claudio Foscarini, per 13 anni al Cittadella di cui undici anima e stratega della prima squadra del club veneto. La retrocessione dalla B ha chiuso il legame viscerale tra Foscarini e il Cittadella che ora è stato inserito nel girone di Lega Pro in cui per il secondo anno milita la Giana Erminio. La formazione di Gorgonzola (comune del milanese) dal 1995 scende in campo agli ordini di Cesare Albè, allenatore sanguigno, stile Fabrizio Castori, ex impiegato della Siemens che ha traghettato la Giana dai dilettanti (l’ha presa nell’Eccllenza lombarda) al professionismo. Ma né Reja, né Lucescu, né Wenger, e forse neppure Albè, potranno scardinare i “quarant’anni di panchitudine” di Roux. Ma c’è un uomo speciale a Verona, il 54enne Gigi Fresco che forse può ancora compiere l’impresa, perché dice: «A 12 anni allenavo già la scuola calcio della Virtus Vecomp (serie D, terzo polo del calcio veronese, dopo Hellas e Chievo), a 16 ero calciatore allenatore, a 24 presidente e tecnico e lo sono ancora, dopo 32 anni».