Michele Masneri, Grazia 1/10/2015, 1 ottobre 2015
VOLKSWAGEN – UNO SCANDALO CHE SA DI FUMO
Il più grande risarcimento della storia dell’automobile sarà ricordato come un caso in cui non si è fatto né si farà male nessuno. Il caso Volkswagen è paradossale per molti motivi: il gruppo tedesco, da sempre simbolo di affidabilità, ha visto il suo valore di Borsa ridursi di un terzo dopo la nota scoperta che i dati sulle emissioni di alcuni veicoli diesel immatricolati negli Stati Uniti erano diversi da quelli dichiarati, e, forse, dovrà pagare multe e risarcimenti fino a 18 miliardi di dollari, circa 16 miliardi di euro. Se così fosse (non c’è niente di sicuro, le cifre che girano in questi giorni sono buttate lì a casaccio, non è vero che Volkswagen debba richiamare le sue auto, né è vero che i possessori di auto del gruppo di Wolfsburg rischino alcunché) sarebbe un paradosso perfetto.
Intanto perché l’intera vicenda è assurda, e nella sua assurdità ci riguarda tutti: i gas in questione non sono nocivi, non sono nemmeno classificati come inquinanti ma come “irritanti”; nello specifico si parla dell’ossido di azoto. Avete presente quando si mette una pentola sul fuoco – una qualunque pentola da cucina? Quando il metallo si riscalda, riscalda anche l’aria, ed ecco che questo riscaldamento altro non è che ossido di azoto; le nostre cucine inquinano dunque molto più di una Golf o Polo. Di una Golf o Polo Diesel, si badi bene, e immatricolata negli Stati Uniti, e con una particolare cilindrata. Insomma, parliamo di una nicchia di una nicchia, che produrrebbe un gas non nocivo (non si parla di CO2, ma di azoto, cioè aria calda).
Il paradosso è che adesso Volkswagen a causa di gas da pentola (neanche a pressione, pentola semplice) dovrà pagare multe e risarcimenti superiori a quelli di aziende che hanno causato morti e feriti: nel 2000-2001 venne fuori che i difetti delle gomme di alcune auto Ford causarono 250 morti: la vicenda ha portato risarcimenti per “soli” tre miliardi di dollari. Toyota nel 2012 pagò 1,1 miliardi di dollari per richiamare alcune sue auto che avevano un difetto al pedale dell’acceleratore (difetto non indifferente, visto che – pare – provocò la morte di due persone); mentre almeno 56 morti sarebbero stati causati da un problema all’iniezione di alcuni modelli General Motors, con risarcimenti da “soli” 900 milioni di dollari.
Invece, qui tutti sono pronti a parlare di “caduta degli dei” a causa di aria calda. Perché questa caccia alle streghe? Da una parte perché Volkswagen ha mentito. E questo naturalmente gli americani non lo tollerano: ha mentito e dev’essere punita, questo fa parte del sistema capitalistico-calvinista americano. Ha mentito (in maniera assurda e surreale, quasi psicanalitica) sostenendo che alcune – alcune – sue auto emettevano meno aria calda del previsto, in un mercato dove comunque il diesel rappresenta il 2% del totale. Ha mentito installando un sistema che “bara” non sempre, ma solo quando la macchina riconosce di essere testata (quando cioè viene messa sui rulli, in un’officina). E qui arriva l’altra grande ipocrisia: da una parte vogliamo auto potenti e veloci, dall’altra pretendiamo che consumino e inquinino possibilmente zero. Chi abbia mai letto qualche volta una rivista specializzata sa che i consumi dichiarati dalle case sono ben diversi da quelli effettivi: perché i test sono fatti in condizioni surreali: con l’aria condizionata spenta, con ruote più sottili, e con altri accorgimenti, in modo che un’auto che normalmente fa 10 chilometri con un litro ne possa dichiarare 15 o 20. È un’ipocrisia diffusa, tutti lo sanno e tutti fanno finta di niente. Fino a quando qualcuno viene beccato. Come in questo caso. Che fosse il primo della classe, il più serio, più secchione, forse ha qualcosa a che vedere col risalto che è stato dato alla faccenda. Ad altri episodi, con morti e feriti, non sono state date tutte queste prime pagine. Naturalmente il paradosso della pentola Volkswagen avviene nell’epoca della cialtroneria globale, per cui chiunque sui media e sul web ha ritenuto di doversi esprimere sul tema, senza saper magari distinguere il gasolio dalla benzina. Il risultato, ipocrisia più cialtroneria, è che anche in Europa qualcuno – seriamente – si chiede: «E se mi fermano, con la mia Golf? Me la sequestreranno?». Ovviamente nessuno corre rischi. Ma certo anche il fatto che il primo della classe abbia deciso di giocarsi la reputazione per poche auto vendute in un mercato secondario ha molto a che fare con la psicanalisi: non è la prima volta che vengono messi – è il caso di dirlo – alla berlina con le proprie macchine in test che avrebbero fatto cadere chiunque; come nel caso dell’Alce, il test trabocchetto cui fu sottoposta anni fa una Mercedes classe A, che si ribaltò (in un test sul ghiaccio che avrebbe portato al ribaltamento qualunque altra auto). Insomma, cialtroneria più ipocrisia più un po’di inconscio (non solo) automobilistico, con un po’ di sollievo anche qui nell’Europa del Sud smandrappata e sempre bistrattata.