Lucia Serlenga, Il Giornale 3/10/2015, 3 ottobre 2015
DIVERSAMENTE BELLE (E CE NE VANTIAMO)
Orecchie a sventola, naso forte, viso scarno con due piccoli fori infossati e circondati da un quintale di occhiaie, collo sottile tra due grandi spalle ossute, al posto del seno, due bottoni. E poi punto vita e bacino allineati in una sorta di rettangolo verticale da cui partono due propaggini lunghissime, filiformi e talvolta divaricate al punto che ci passerebbe un cane con la scopa in bocca. Sui capelli non c’è storia perché si è vista anche la testa calva, a palla di biliardo. L’andatura? Ritmica, sussultoria e priva d’armonia. Se questa è una modella... Sulle passerelle di New York, di Londra e di Milano, è andata in scena una gara di casting al massacro, una lotta senza quartiere a chi le scovava più strane, magre da paura e quel tantino antipatiche che fa tanto moderno. Per semplificare, più ossa che carne da vestire. Vicktoria Beckam è stata oggetto di critiche feroci per aver fatto sfilare modelle scheletriche. L’ex Spice girl detta anche «skeleton spice» per via della sua nota magrezza, è stata attaccata su Twitter da centinaia di fan fra i suoi 15 milioni di follower. Insomma quando le ragazze non sembrano in salute, il problema si pone, eccome.
Qualcuno ricorda invece quelle supermodelle che fra gli anni Ottanta e Novanta fecero sognare eserciti di uomini? Le aveva portate sulle sue passerelle Gianni Versace seminando costernazione e panico fra i colleghi che non potevano permettersele. Del resto le signorine facevano sapere di non alzarsi dal letto a meno di 10.000 dollari. Si chiamavano Linda Evangelista, Christy Turlington e per completare il trio detto «Trinity» Naomi Campbell, la c’era Venere nera, una statuaria gazzella con un lato B mai più visto in pedana. Poi arrivarono straordinarie quanto irripetibili bellezze: Cindy Crawford, Claudia Schiffer che ricordava Brigitte Bardot, Elle McPherson detta «the body», Carré Otis, moglie di Mickey Rourke ai tempi di «9 settimane e mezzo», l’unica italiana, la raffinatissima Carla Bruni, Iman, oggi signora Bowie. Fra loro, Top Model e non semplicemente model, persino Kate Moss appariva un rospo mal riuscito. L’ultima icona minimamente paragonabile è la brasiliana Gisele Bundchen, scoperta negli anni Novanta e divenuta la più pagata al mondo. Oggi bisogna accontentarsi di donne diversamente belle, lontane mille miglia da queste, per ora, inarrivabili Dee.