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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

«OCCHIO ALL’INTER DI MANCIO SE TROVA ANCHE IL GIOCO PER GLI ALTRI SI METTE MALE»

[Intervista a Roberto Donadoni]
Roberto Donadoni, allenatore in attesa di una panchina, dopo una stagione da incubo con il Parma. Ora studia, riflette, osserva, l’uomo giusto per rispondere alle tante domande che crea il campionato.
Per ora, è una serie A senza padroni, aperto a una diffusa democrazia: più sorpreso dal primo posto di Inter e Fiorentina o dal 15° della Juve?
«Dopo 4 anni di dominio assoluto, totale, chi avrebbe potuto immaginare un inizio di campionato così negativo per la squadra di Allegri? Nessuna meraviglia per Inter e Fiorentina: sono squadre competitive anche se finora i nerazzurri hanno vinto 5 partite senza mostrare un gioco brillante».
Dibattiti e tavole rotonde si sono sprecati sulla (scarsa) qualità del gioco dell’Inter.
«Occhio perché le squadre che riescono a fare risultato senza fornire prestazioni di alto livello diventano ancora più pericolose se hanno grandi giocatori. E Mancini li ha».
Il Milan ha speso 90 milioni, però ha già perso tre partite su sei.
«Leggo paragoni tra Inzaghi e Mihajlovic, ma è il solito malcostume italiano. Troppo presto per giudicare».
C’è poca cultura sportiva?
«Siamo molto indietro rispetto al resto d’ Europa. Anche la stampa può e deve avere un ruolo importante nel promuoverla».
Come mai per i club italiani è difficile riuscire a puntare sui giovani non solo a parole?
«Colpa di una mentalità legata a concetti ormai superati: conta solo il dio risultato oggi e non un discorso futuribile».
Che farebbe Donadoni se fosse un presidente?
«Investirei su veri professionisti per il settore giovanile, su tecnici con grandi conoscenze e capacità. Tutto il movimento va ristrutturato: tanti club, anche importanti, tendono a risparmiare sul settore giovanile e si affidano a persone che hanno già una seconda o terza attività».
Qual è il problema tecnico più grave del calcio italiano?
«Da noi si continua a essere legati al concetto che si è sempre fatto così e, dunque, è giusto continuare a fare così. È una mentalità che va rivista perché nel calcio ci sono tante persone che hanno capacità importanti, però quasi mai vengono utilizzate in maniera costruttiva».
Premier League, Bundesliga, e Liga sono davvero così avanti rispetto a noi?
«A volte abbiamo la tendenza a ingigantire i pregi degli altri, ma gli altri si sono sforzati e sono riusciti a cambiare qualcosa. Noi, no. Da quanti anni, per esempio, si parla di ristrutturare e riqualificare gli stadi italiani?».
La qualità più importante per una squadra di calcio?
«L’ intelligenza dei giocatori che devono cercare di dare sempre il meglio di se stessi nell’interesse comune e, invece, spesso ragionano da individualisti e questo va a discapito del bene del gruppo».
È vero che in Italia si difende sempre peggio?
«Non credo. Ritengo che sapersi difendere o attaccare in un determinato modo passi da un lavoro fatto settimanalmente con criteri di intensità non tanto a livello fisico ma mentale. La superficialità sul piano individuale va a discapito di un reparto e quindi di una fase difensiva piuttosto che di quella offensiva».
Cosa le è rimasto dell’esperienza di Parma?
«Tutto. È stata un’annata molto complicata e difficile, che mi ha fatto comprendere ancora di più certi valori, soprattutto umanamente. Da questo punto di vista ho avuto una crescita importante che mi servirà per il futuro».
Da ex c.t. come vede la Nazionale a meno di un anno dagli Europei?
«Con le solite difficoltà. Quello che conta è riuscire a portare al traguardo un gruppo il meno logoro possibile. E quindi in bocca al lupo a Conte».
Il neopromosso Carpi ha già esonerato Castori, il tecnico che l’aveva portato per la prima volta nella sua storia in serie A.
«I risultati non arrivano? Via l’allenatore anche se siamo appena alla sesta giornata di campionato. Le cose da noi funzionano così e si fa ben poco per cambiare mentalità».