Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano1/10/2015, 1 ottobre 2015
"Come se stare insieme fosse un crimine…”. Il senso del film Io e lei è tutto in questa frase di Sabrina Ferilli alla sua compagna ritrovata Margherita Buy
"Come se stare insieme fosse un crimine…”. Il senso del film Io e lei è tutto in questa frase di Sabrina Ferilli alla sua compagna ritrovata Margherita Buy. È la frase più “politica” di un film “politico” come pochi altri, sebbene la parola politica e i politici, per fortuna del film e degli spettatori, non compaiano mai: o forse proprio per questo. Io e lei di Maria Sole Tognazzi, da oggi nelle sale, andrebbe proiettato anzitutto in Parlamento e a Palazzo Chigi. Perché è in quel mondo a parte ignorante e ipocrita chiamato abusivamente “politica” che la normalità di una coppia omosessuale è considerata tuttoggi, addì 1.10.2015, una stranezza, una perversione, una malattia, un problema. E il film proprio questo racconta: la normalità di due cinquantenni, Federica e Marina, che si amano e vivono insieme. Marina (Ferilli) è sempre stata lesbica, Federica (Buy) lo è diventata dopo essere stata moglie e madre. O meglio, dopo avere smesso di essere moglie di Sergio (il grande Ennio Fantastichini), ma continuando a essere in tutto madre di Bernardo (Domenico Diele, il protagonista di 1992). Era più normale prima o adesso, Federica? È il dilemma che pone a se stessa e, inevitabilmente, alla sua donna. “Io non sono lesbica come te”, dice in un momento di crisi. E Marina, che parla come mangia: “Sei stata tutta la vita la moglie di Sergio e la mamma di Bernardo: ora basta, goditi un pochino ‘sta libertà che c’hai”. Normalità non è cieli azzurri, rose e fiori, cuore e amore. È umanità, semplicità, naturalezza, quotidianità. Non c’è ombra di perversione, e neppure di sesso, in questa commedia politica. E non c’è nemmeno l’effettaccio della battuta facile, che verrebbe spontanea in diversi contesti e situazioni (la donna che insegna all’altra a parcheggiare l’auto e la manda a sbattere è proprio irresistibile). Ogni tanto, in una sceneggiatura di forte impronta omosessuale, si avverte il rischio della caricatura all’incontrario: la coppia lesbo che svolazza felice sulla spiaggia incontaminata davanti a tramonti da favola, mentre nella coppia etero si guardano solo partite di calcio (e del campionato olandese) e si discute di cibo, di caccia e di vacanze al mare, ovviamente da parte del maschio, perché la moglie non ha diritto di parola. Poi però l’idillio di Federica e Marina viene infranto da due traumi, anch’essi normali: la pubblicità e il tradimento. La pubblicità arriva quando Marina, donna del popolo ed ex attrice, rilascia un’intervista. E lì rivela di amare Federica, perché le pare normale farlo sapere a tutti, mentre la compagna, di famiglia borghese e di professione architetto, ha mille remore, dubbi, pudori, paure, forse vergogne. Il tradimento – il peggiore, tra due donne – è quello di Federica, che incontra per caso un ex spasimante e scopre improvvisamente la mancanza di un uomo. Intanto Marina tradisce a sua volta, e a suo modo, per un altro ritorno di fiamma, cedendo alla proposta di tornare sul set. È qui che Buy e Ferilli danno il meglio di sé, davvero strepitose per la delicatezza, la misura, la sensibilità e l’ironia con cui si calano in due personaggi così lontani dai propri, con una recitazione tutta sfumature, piccoli gesti, sguardi, increspature di occhi e bocca. Normali e perciò bravissime. Tutto ciò che accade nella loro storia d’amore è normale proprio perché potrebbe accadere anche in quelle che, al bar o in Parlamento, si usano considerare normali. È questo il senso politico del film, che esce mentre il mondo a parte della politica rinvia per l’ennesima volta la legge sulle unioni civili. E qui di normale non c’è più nulla: solo le parole false di una galleria di mostri che continuano a usare la vita di migliaia di coppie come merce di scambio su altri tavoli e altre botteghe (ora servono i voti di alfanidi & verdinidi per la schiforma del Senato: cioè si calpesta la Costituzione per devastarla meglio). Il tutto dopo aver giurato che la legge sarebbe arrivata “entro marzo” (Renzi, 17.12.2014), anzi “in primavera” (Renzi, 10.3.2015), pardon “entro maggio” (Renzi, 17.3), o per meglio dire “subito, entro l’estate” (Renzi, 24.5), scusate “entro l’anno” (Boschi, 22.7), o più precisamente “il 15 ottobre” (Boschi, 5.9), ma ora “è difficile che passi entro l’anno: se il 13 ottobre passa la riforma del Senato, il 15 inizia la discussione sulla legge di Stabilità” (Boschi, 27.9). Se ne riparla nel 2016, tanto c’è tempo. E pazienza se il centrosinistra la promette da vent’anni, se la Corte europea condanna l’Italia perché non riconosce le coppie gay e se altrove, persino nella cattolicissima Irlanda, sono già legge le nozze omosessuali. La Boschi, in un surplus di spudoratezza, dà la colpa ai 5Stelle e a Sel che osano fare opposizione alla schiforma costituzionale. Peccato che abbiano già detto che voterebbero a occhi chiusi il testo – prudentissimo – di Monica Cirinnà del Pd, se solo il Pd lo portasse in aula. Invece il Pd ha mandato al macero pure quello, e lo sta facendo riscrivere daccapo da un trust di bigotti e beghine perché – testuale da Repubblica, giornale per così dire non proprio ostile – “Renzi ha notato il crescere delle domande e delle perplessità sulle mosse del governo intorno ai diritti dei gay e ai loro riflessi sulla famiglia tradizionale” fra i “parrocchiani di San Giovanni Gualberto, la chiesa della sua famiglia a Pontessieve” e – udite udite – “la scena si è ripetuta nella chiesa di Arezzo frequentata dal ministro Boschi”. Ecco, i politici italiani del 2015 sono questa roba qua. Idea per il titolo di un prossimo film: “Io, lei e loro”. Non una commedia. Una tragedia.