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 2015  ottobre 01 Giovedì calendario

Cose fatte da Serena Williams dall’11 settembre a oggi: presentare la linea di moda che porta il suo nome alla New York fashion week; annunciare la sua presenza sul calendario Pirelli 2016, fotografata da Annie Leibovitz; volare a Miami per tifare i Dolphins (franchigia Nfl di cui è azionista: business is business); fare shopping; postare su Twitter foto mentre fa la boccuccia a cuore, emerge dalle acque di una piscina, si veste davanti allo specchio, esce a cena con le amiche

Cose fatte da Serena Williams dall’11 settembre a oggi: presentare la linea di moda che porta il suo nome alla New York fashion week; annunciare la sua presenza sul calendario Pirelli 2016, fotografata da Annie Leibovitz; volare a Miami per tifare i Dolphins (franchigia Nfl di cui è azionista: business is business); fare shopping; postare su Twitter foto mentre fa la boccuccia a cuore, emerge dalle acque di una piscina, si veste davanti allo specchio, esce a cena con le amiche. Tutto, tranne giocare a tennis. Serena è triste, prostrata, svuotata di motivazioni, forse addirittura depressa. «Non mi stupirei se da qui alla fine dell’anno non prendesse più in mano la racchetta» confida coach Mouratoglou, bel tenebroso con un leggero filo d’ansia tra i capelli brizzolati, perché un conto è recuperare la Williams sul fondo del burrone di una rara sconfitta («Dopo aver perso a Toronto con la Bencic, lo scorso agosto, era naturalmente seccata però la mattina successiva si è presentata puntuale in campo ad allenarsi») e un altro è farla risorgere dalla tomba del più clamoroso episodio di morte sportiva che lo sport moderno ricordi. La malattia di Serena Williams si chiama Roberta Vinci, la nemesi di rosso vestita che l’11 settembre stoppò la più forte di tutte a due passi dall’impresa della vita (prima di consegnarsi in finale all’amica Flavia Pennetta): vincere l’Us Open e annettersi, prima donna dal lontano 1988 (Steffi Graf), il Grande Slam doc, cioè realizzato nell’anno solare. «Serena era a due match da qualcosa di straordinario: ogni sconfitta la colpisce, questa in modo particolare. Ha bisogno di tempo per metabolizzare. Quando sentirà di nuovo dentro di sé le motivazioni giuste, sarà il momento di ricominciare: ha ancora molti tornei dello Slam da vincere» è la diagnosi di Mouratoglou. Da Wuhan, in Cina, dove ieri si è qualificata per i quarti strapazzando la n.4 del ranking Petra Kvitova sulla scia dello stato di grazia che l’accompagna da New York, Roberta Vinci allarga le braccia: «Ho letto su Facebook che Serena sta pensando di disertare il torneo di Pechino e il Master di Singapore… Mi dispiace, non so cosa dire. Non credo sia addirittura depressa però se ha chiuso qui il suo 2015 a causa di quella sconfitta mi rincresce. Ho visto l’entry list di Pechino: oggi risulta ancora iscritta. Però è vero che Serena queste cose le fa: appare e scompare, non sarà la prima né l’ultima volta». Benché sulla pelle le siano rimasti tatuati quei tre set (2-6, 6-4, 6-4) che resteranno impressi nella nostra memoria a lungo, la stagione della Williams, per noi umane, è comunque trionfale: tre Slam, 53 vittorie, 3 sconfitte, 260 settimane in vetta. «Eppure a me ha detto che è stata un’annata negativa…» confida Mouratoglou, cui la belva ferita non ha risposto al telefono per un’intera settimana dopo lo choc con la Vinci. Che non si è più fermata. Perché dietro un’enorme sorpresa, ogni tanto c’è una piccola (164 cm) donna.