Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore 29/9/2015, 29 settembre 2015
SE I MANAGER DEL DISASTRO OGGI GUIDANO LA SVOLTA
L’apertura di un’inchiesta penale per frode sull’ex amministratore delegato della Volkswagen, Martin Winterkorn, e possibilmente su altri manager del più grande gruppo industriale tedesco, accende un nuovo faro sulla corporate governance in Germania e sul ruolo della politica nella vicenda.
Continua da pagina 1 Le dimissioni di Winterkorn dal suo incarico alla guida della Vw non sono infatti, per ora, la fine della storia: il manager è tuttora amministratore delegato della Porsche Automobil Holding, la società, quotata, attraverso la quale le famiglie Porsche e Piech controllano la Volkswagen. Anzi, nel pieno della bufera, esse hanno aumentato la scorsa settimana la propria quota al 52,2% acquistando l’1,5% dalla giapponese Suzuki dopo la rottura dell’intesa operativa fra le due case. Giovedì scorso, il giorno dopo le dimissioni di Winterkorn da Vw, si è riunito il consiglio di sorveglianza della holding. A quanto è dato sapere, il manager non ha presentato le dimissioni, né qualcuno gliele ha chieste. Tra l’altro, conserva anche la presidenza dell’Audi, altra casa del gruppo e anch’essa società quotata in Borsa. Come ceo della holding di controllo, in un certo senso, è chiamato a deliberare sulle decisioni di chi è stato chiamato a succedergli: un ruolo per il quale c’è qualche dubbio che sia la persona più adatta, dopo quello che è avvenuto. Le autorità tedesche di controllo dei mercati finanziari non hanno finora sollevato alcuna pubblica obiezione allo status quo.
Winterkorn si è dichiarato estraneo allo scandalo delle emissioni manipolate e, fino a prova della sua colpevolezza, va ritenuto innocente. La sua posizione alla holding e all’Audi diventa però di sicuro meno sostenibile dopo l’avvio dell’inchiesta penale. Per il momento, l’establishment fa muro.
La vicenda, in questa sua nuova fase, dovrebbe creare inoltre più di un imbarazzo al Governo del Land della Bassa Sassonia (che controlla il 20% di Volkswagen) e ai sindacati, che occupano metà delle poltrone nei consigli di sorveglianza di tutte queste società. La commistione di interessi fra privato e pubblico è però tale che per ora non si è sentita da queste fonti alcuna voce fuori dal coro. Per il sindacato, in particolare, ogni altra considerazione è passata in questi anni in secondo piano rispetto all’obiettivo di veder aumentare sempre l’occupazione.
Quanto al Governo federale, che ora ha dato alla Volkswagen quello che viene definito un “ultimatum”, di annunciare misure per risolvere il problema delle emissioni entro il 7 ottobre, l’urgenza delle ultime ore contrasta con l’inerzia, qualcuno dice l’omertà, durata anni da parte dei controllori.
Molte perplessità investono anche la successione a Winterkorn. Il nuovo capo di Vw, Matthias Mueller, era, dal 2010 e fino alla scorsa settimana, il ceo di Porsche, il cui direttore della ricerca, responsabile dei motori per tutto il gruppo, Wolfgang Hatz, è stato sospeso, secondo l’agenzia Reuters, dopo lo scoppio dello scandalo. Ma, soprattutto, Mueller ha trascorso l’intera carriera lavorativa dentro il gruppo, fin dal 1977, quando fu assunto all’Audi dopo aver fatto l’apprendista meccanico. E dall’Audi è passato alla Volkswagen nel 2007, portato da Winterkorn. Il suo primo atto, appena insediato, è stato l’annuncio di una riorganizzazione del management presentata come il primo atto del nuovo corso, ma in realtà già decisa dal vecchio ceo. Non sarà facile per Mueller, dopo quasi quarant’anni da insider, dimostrare di essere l’uomo giusto per mettere la Volkswagen su una strada completamente diversa.