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 2015  settembre 29 Martedì calendario

IL PERMESSO DI SBAGLIARE

È l’ormai famosa questione dell’amigdala che nel dopo Grande crisi continua a tornare. Quanto è importante che questa parte del cervello che regola la paura sia ben funzionante nella mente delle imprese e delle banche? Se eccede, accade quello che ha denunciato nei giorni scorsi Sergio Ermotti, l’amministratore delegato di Ubs: la minaccia di punire severamente ogni errore ha l’effetto di creare una «Angstkultur», una cultura della paura che elimina la propensione a prendere rischi. E senza soggetti che prendono rischi, l’economia non si muove, il capitalismo langue. Se però l’amigdala non c’è – per esempio annullata dalla presunzione di essere troppo potenti e protetti per potere subire le conseguenze di un errore – può succedere che si facciano sciocchezze enormi o addirittura si violi la legge: vedi Volkswagen.
Ermotti, parlando ai suoi dipendenti, ha detto che fare errori è accettabile (a patto che siano «onesti»). Parole che sono state aria fresca per molti banchieri. Il crollo della Lehman Brothers nel 2008 per loro è stato uno spartiacque. Prima, molte banche erano considerate too-big-to-fail, troppo grandi per essere lasciate fallire dallo Stato. Dunque, prendevano ogni rischio senza paura: zero amigdala. Dopo, il terrore dei controlli e le norme introdotte dai regolatori ha via via creato immobilismo: amigdala troppo attiva.
Ermotti ha dato voce a un disagio diffuso tra i banchieri. Ma ha anche provocato reazioni forti. Sul Financial Times di ieri, la commentatrice Lucy Kellaway ha scritto che quelle affermazioni sembrano sagge ma in realtà sono «folli». Nascono – dice tra l’altro – dal nonsense diffuso nella Silicon Valley, dove trionfa il credo «fallisci e fallisci spesso», ché fa bene. Lei, invece, pensa che si impari dalle cose ben fatte, non dagli errori. Il dibattito non è nuovo: però è forse il segno che qualche animal spirit si sta svegliando, dopo la notte della Crisi.