Giampaolo Tucci, Corriere della Sera 29/9/2015, 29 settembre 2015
LE STRANEZZE DEL SINDACO VIAGGIATORE
Ignazio Marino avrebbe potuto essere una risorsa, per Roma: si sta rivelando, invece, un problema. Ora si scopre che papa Francesco ha addirittura avviato un’indagine per verificare se il viaggio americano del sindaco sia stato in qualche modo sollecitato in Vaticano: lo abbiamo invitato noi?
La risposta è stata disarmante. No, Marino non è stato invitato. Cade, dunque, la plausibilità diplomatica e geopolitica della trasferta. Naturalmente, Marino può argomentare, come ha fatto, che nessuno in Comune aveva mai parlato di un invito papale, che lui è stato ospite delle autorità di Filadelfia, che un giornalista capzioso ha rivolto a Bergoglio una domanda maliziosa, solo per sollevare un polverone. E la polvere c’è, ma il sindaco fa male a sottovalutarla. Lui, come cattolico (o che si professa tale, ha aggiunto Francesco), ha tutto il diritto di seguire il Papa e di incontrarlo in America, invece che in Italia. Ma, d’altro canto, come sindaco di Roma, ha il dovere di non dare la brutta impressione che viaggia troppo e lavora poco. Non prova imbarazzo davanti a una risposta così franca del Pontefice? Non ha l’impressione che ci stia abituando a una dimensione inedita dell’azione politica, una dimensione, per così dire, ludica? Roma soffre, l’amministrazione è permeabile a cattive influenze, il sistema dei trasporti rischia spesso di collassare, i turisti fanno la fila davanti a un Colosseo semichiuso, e Ignazio Marino parte, va in America, prima come vacanziere, poi come ospite. La sua percezione dei problemi sembra inversamente proporzionale a quella dei romani. Questa propensione all’ozio emozionale e intellettuale, questa vena anarchica, non si adattano alla dura realtà delle difficoltà che un sindaco deve affrontare. Tra l’altro, la «smentita» di Francesco arriva a pochi mesi dal Giubileo. Non è questione di scandali, di indignazioni, ma in ballo c’è quella che Eugenio Montale, insofferente a populismi e demagogie, considerava una virtù personale e civica: la decenza quotidiana. Marino viaggi meno e lavori di più.