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 2015  settembre 26 Sabato calendario

LAGERFELD , LO STILISTA CHE PUBBLICA NIETZSCHE. «I LIBRI, LA MIA DROGA»

«Mi piace molto il suo abito, posso chiederle chi l’ha fatto?». Karl Lagerfeld parla con il tono cortese ma fermo di colui che, se salisse sul podio d’una sala da concerto con la bacchetta da direttore d’orchestra, metterebbe sull’attenti i Berliner Philharmoniker. Quando l’interlocutore risponde con il nome d’una popolare casa della grande distribuzione — con la quale Lagerfeld collaborò un decennio fa — s’illumina: «Non ho mai capito come facciano a produrre in questo modo, a quei prezzi. Quando mi chiesero di collaborare e dissi di sì parve a tutti molto strano, ma non ho mai pensato che per vestirsi bene debba essere obbligatorio spendere tanto: lo trovo un punto di vista spiacevole. Poco costoso non vuol dire cheap , una parola che non mi piace. Chi rimpiange l’eleganza del passato non considera che non c’erano prodotti di questo tipo, buona qualità a poco. Il lusso ci sarà sempre: è tutta un’altra cosa, come è giusto. Alla fine, tutti dobbiamo vestirci, al mattino».
Fa effetto sentire queste parole dallo stilista che pochi minuti prima aveva presentato una collezione di Fendi abbagliante nel suo uso dei materiali preziosi e nella precisione del taglio — i colletti alti e le maniche edoardiane, i look in passerella che dal rosso corallo si spostavano verso il bianco per dissolversi nel nero, una specie di esecuzione dello stile Fendi al cubo senza paura di scrivere lusso con la «L» maiuscola.
«La moda è un po’ come il vino: l’Italia riesce a fare vini che non costano molto ma sono buoni, e poi ci sono anche quelli costosi. Basta andare in una trattoria italiana e in un bistrot francese, e chiedere il vino della casa: quello francese sarà imbevibile! Però in Francia fanno i più grandi rossi, lo champagne: è una scelta diversa. In questo e in altre cose siete molto diversi dai francesi: voi siete rimasti più italiani. Avevo un appartamento a Roma ma ora non ho più tempo per starci, è un peccato: viaggiare è complicato. Vedo in Fendi l’essenza di una bellezza versatile ma quello che faccio, per Fendi e nel resto del mio lavoro, è moda per l’oggi, non per un futuro destinato a non accadere. È quella la sfida di ogni collezione». Non è mai del tutto soddisfatto, nel backstage, perché «sono sempre di cattivo umore con me stesso, riguardando il mio lavoro: adesso, finita la sfilata, resta la sfida del prossimo disegno».
In costante ricerca di superare quel che ha fatto in precedenza, Lagerfeld trasalisce alla menzione dello scandalo Volkswagen: «L’ingegneria tedesca! Considerata la migliore del mondo! E adesso? Un danno incalcolabile. Assolutamente incredibile».
Lascia sbalorditi che uno degli uomini più colti d’Europa — il poliglotta che ammette il dispiacere di dover leggere tradotti in francese gli amati scrittori di lingua spagnola e portoghese, il bibliofilo con un tesoro di 300 mila volumi, l’editore che ha pubblicato un’edizione di riferimento dell’opera di Friedrich Nietzsche annotata dall’autore — sostenga di non essere un intellettuale. Ma, semplicemente, ziemlich kultiviert : «abbastanza colto». Non lo fa per modestia, ma per senso delle proporzioni. Uno dei suoi modelli è il conte Harry Graf Kessler (1868-1937), amico di Rodin e Verlaine, l’uomo che chiuse per l’ultima volta gli occhi di Nietzsche, il nobile cronista del crepuscolo dell’Europa. Lagerfeld parlerebbe per ore del conte e annuisce felice al riferimento a una pagina dei diari di Kessler nella quale riflette sull’arte degli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale, considerando come fosse «capace di dire cose non superficiali utilizzando mezzi superficiali». Anche la moda dovrebbe essere così? «Certo! Ma allora c’era una conversazione costante tra artisti, architetti, filosofi, compositori, scrittori, scienziati (Kessler volle conoscere i fratelli Wright per interrogarli sul neonato aeroplano, ndr ). Oggi? Oggi abbiamo l’iPhone», ride indicando il suo.
Ascoltando lo stilista «abbastanza colto» da aver scelto Joël e Jan Martel come riferimento per la scenografia — impressionante — della sfilata Fendi è facile restare ipnotizzati: parla a volo radente della sua ammirazione per la Cranach Press che a Weimar stampò «quelli che restano anche oggi i libri più belli, e i più costosi», di filologia, del segno «precisissimo, chiarissimo, anche negli anni del crepuscolo» della grafia nietzschiana, della musica di Debussy. Si adombra solo per la burocrazia d’oltralpe che ha bloccato il suo progetto di biblioteca, «chiedono permessi su permessi, senza fine». L’unica cosa che manca nella sua vita straordinaria è il tempo, «ma per i libri cerco sempre di trovarlo: sono una droga, certo, ma una droga che invece di far male fa benissimo alla mente».