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 2015  settembre 26 Sabato calendario

SECESSIONE LA FEBBRE DEI CATALANI

All’ingresso di Monistrol de Montserrat, 3mila abitanti a 50 km da Barcellona, la segnaletica avverte che la cittadina non si sente spagnola: “Municipio per l’indipendenza”. La stessa scritta campeggia all’entrata di 733 dei 947 comuni catalani che hanno aderito all’Associazione dei municipi per la secessione. «Significa che ci sentiamo già indipendenti e vogliamo essere finalmente un paese normale, un paese libero», dice il sindaco Juan Miquel Rodriguez, di Esquerra Republicana de Catalunya (Erc). “Costruiamo un nuovo stato”, si legge sui manifesti sui muri, tutti in catalano, come le bandiere “estrelladas” che sventolano sui balconi. «Eravamo solo nazionalisti, ma con gli abusi del governo di Rajoy e il continuo no alle nostre richieste siamo diventati indipendentisti, per necessità, più che per convinzione», assicura Joan Ricoll, ingegnere di 53 anni. Che non ha dubbi: «Le elezioni di domani saranno un plebiscito per Junts pel Sì», la lista con la quale il presidente di Convergencia, Artur Mas e i soci di Erc hanno convertito le urne in un referendum sull’indipendenza della regione con 7,5 mln di abitanti.
SCENARI
Legittimati all’indipendenza? Se otterrà anche il 50% più 1 dei seggi – pur restando al di sotto del 50% dei voti, stando ai sondaggi – Junts pel Sì proclamerà unilateralmente la secessione nel giro di 18 mesi. Si sentiranno «legittimati a costruire le strutture del nuovo stato», come hanno ripetuto in chiusura della campagna a Barcellona i “tre cavalieri dell’apocalisse”: accanto all’ex democristiano e liberale Mas, il capolista dei repubblicani Raul Romeva con il leader di Erc, Oriol Junqueras. «Volevamo un plebiscito e lo avremo, tutto il mondo vedrà le elezioni in questo modo», ha celebrato un trionfante Mas incassando la prima vittoria, mentre il popolo delle “estellada” invadeva in serata la piazza per l’ennesima dimostrazione di forza. Tutti i sondaggi indicano che non esiste una maggioranza sociale indipendentista. Tuttavia, chiave per il futuro Parliament secessionista saranno i 9-10 seggi attribuiti alla Candidatura di Unità Popolare (CUP), il partito catalanista, anticapitalista e anti-Ue, che però si oppone all’investitura di Mas come presidente. Nel 25% degli indecisi sono riposte le speranze delle forze politiche unioniste, sociali e imprenditoriali catalane che non vogliono la “disconnessione” da Madrid. Catalogna e Spagna come mai sull’orlo di una crisi di nervi in una campagna isterica, che ha spostato nella regione i leader nazionali di tutti i partiti, dal socialista Pedro Sanchez a Pablo Iglesias di Podemos – pur favorevole al “diritto a decidere” - a Albert Rivera, l’avvocato 40enne col piedigree anti-catalanista doc di Ciudadanos, avviato a diventare seconda forza politica nella regione.
LE TAPPE
Come si è arrivati alla ribellione? Lo Statuto di autonomia “cassato” nel 2010 dalla Corte costituzionale, su ricorso del PP e il no categorico a un nuovo patto fiscale, offerto da Mas a Rajoy nel 2012, sono per gli indipendentisti i punti di non ritorno. Lo storico Santos Juliá indica nell’astuzia del presidente catalano, nella svolta di Mas da nazionalista moderato a profeta della Nuova Patria, l’abilità nel cavalcare i movimenti di protesta contro le politiche corrotte di Ciu e del suo governo della Generalitat deviandole contro la Spagna, «straniera, ladra e che spoglia la regione».
“Perqué units Guaynem”. Il cambio di lingua e linguaggio in un video lanciato ieri dal Partido Popular, in cui Mariano Rajoy e la cupola del partito che in catalano esprimono la propria stima, tentando di convincere in extremis i catalani a restare in Spagna, è la fotografia della paura di un divorzio imminente. Il premier conservatore ha fatto ricorso a Angela Merkel, a Cameron e Juncker: l’indipendenza porterebbe la Catalogna automaticamente fuori dalla Ue e dall’euro. E, dopo aver coinvolto Barack Obama come testimonial della solidità di una Spagna Unita, ieri è stata la volta dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy.
PASSAPORTO
Il nuovo stato è già in marcia. Pur fuori dall’Europa, i catalani non perderebbero il passaporto spagnolo, riconosciuto dalla Costituzione ai cittadini all’estero. Paradiso o inferno? Mas sostiene che dalla notte alla mattina la regione, che contribuisce al 19% del Pil spagnolo e per il 19% della popolazione, diventerebbe come la Danimarca. L’ex ministro ed ex presidente del Parlamento europeo, Josep Borrell, nel suo libro I conti e i racconti dell’indipendenza, demolisce alcuni miti, fra cui quello che la Catalogna sovrana disporrebbe ogni anno di 16 miliardi di euro in più. «Al massimo si può pensare a un surplus di solidarietà fiscale di 1 punto o 1,5 del Pil, per cui il deficit reale fiscale sarebbe più vicino ai 3,2 miliardi di euro, una somma per la quale non conviene l’indipendenza». La Spagna perderebbe il 2% del suo Pil, il 20% la Catalogna. I rischi, inoltre, sarebbero evidenti, con le principali banche che hanno già annunciato la delocalizzazione in caso di secessione.
LO SPORT
E poi addio a Gaudì e a Ferran Adriá. Per la gran parte degli italiani, la maggiore comunità straniera a Barcellona, che identificano la Catalogna con la Spagna, una spearazione è impossibile da immaginare. A che sarebbe ridotta la terra di Picasso senza la Sagrada Familia, senza il Raval o Las Ramblas dove si aggira Pepe Carvalho, il detective del compianto Manuel Vazquez Montalban? Senza la Cattedrale del Mare, di Idelfonso Falcones o il Parc Guell di Carlos Ruitz Zafon? Ma anche il più potente simbolo della regione, il Barcellona F.C. sarebbe costretto a giocare in una Liga a parte, contro l’Andorra e non contro il Real Madrid.
La partita per l’unità. E nello sport si è giocata gran parte della partita per l’unità, che tiene sul filo la Spagna. Contro Pep Guardiola, icona blaugrana e ultimo della lista indipendentista, che assicura «Ce la faremo da soli. Prima o poi succederà, saremo indipendenti», è sceso in campo il segretario di Stato allo sport, Miguel Cardenal, ricordando che la squadra di Messi & Co. sarebbe fuori dal campionato.