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 2015  settembre 26 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ANCORA SU VOLKSWAGEN


REPUBBLICA.IT
MILANO - Che i test sulle emissioni delle automobili fossero altamente inaffidabili e sottostimassero la reale quantità di gas liberati in aria dalle vetture è ormai appurato, così come il fatto che la verità girasse da tempo tra gli addetti ai lavori. Ma ora che lo scandalo Volkswagen ha denudato il re, e Matthias Müller è diventato il nuovo amministratore delegato del gruppo tedesco, emergono i dettagli di come le autorità europee fossero state avvertite dell’esistenza dell’armamentario a disposizione delle case automobilistiche per truccare gli esiti dei test. E non abbiano messo in campo contromisure.
Grazie alla ricostruzione del Financial Times cade il velo di ipocrisia dei palazzi comunitari di Bruxelles sullo scandalo dei motori diesel truccati dalla Volkswagen. Quegli stessi organismi Ue che ora chiedono il giro di vite sui test erano stati avvertiti sin dal 2013 (i primi dati risalgono al 2011) del pericolo per l’ambiente rappresentato da software e strumenti (peraltro illegali sin dal 2007) per alterare i risultati delle analisi sugli inquinanti dei motori diesel. Gli stessi programmi e marchingegni impiegati da Volkswagen e scoperti negli Usa, ma ignorati nel Vecchio continente nonostante fossero stati messi in guardia: un rapporto del Joint Research Center dell’Ue era stato illustrato ai vertici comunitari due anni fa e già suggeriva di effettuare i test sui gas inquinanti su strada e non dentro officine attrezzate solo a simulare l’andatura più o meno veloce delle auto. D’altra parte, la stessa indicazione arriva dall’Icct ormai da qualche tempo: è proprio l’istituto che ha svelato i trucchi di Vw sul Nox a dire che le emissioni omologate sono superate da quelle su strada nell’ordine del 40%.
II riferimento del Ft e del Joint Research Center è al software che si attivava per ridurre le emissioni di sostanze inquinanti solo quando la centralina gli segnalava che l’auto diesel su cui era fraudolentemente installato si trovava sui rulli per i test in officina. Una volta in strada, verificando che la macchina curvava e non si trovava più su dei rulli con lo sterzo bloccato, il diabolico strumento si spegneva da solo, facendo impennare anche di 40 volte i livelli di inquinanti. Il tutto all’insaputa dei proprietari delle vetture ma non delle case costruttrici.
Secondo il quotidiano economico finanziario della City "l’incapacità delle autorità regolatorie in tutta l’Ue (la responsabilità in materia è dei singoli Stati) di denunciare questi trucchi porta alla luce il potere delle lobby dell’industria automobilistica europea che ha scommesso molto sui diesel. Circa il 53% delle nuove auto vendute nell’Ue sono (oggi) diesel, rispetto al circa 10% dei primi anni ’90". Il conservatore Daily Telegraph, citando Greenpeace, sostiene che a Bruxelles e’ attiva una potente lobby del diesel che solo nel 2014 ha speso 18,4 milioni di euro per sostenere la diffusione di questo tipo di motori. Anche nella stessa Germania si sta indagando in queste ore per capire chi fosse a conoscenza di quanto accadeva nella casa di Wolfsburg, ma il Ministero dei Trasporti ha negato ogni complicità.
Bruxelles si difende dicendo, tramite un portavoce della Commissione, che i ricercatori Ue hanno misurato solo le emissioni delle auto, non i motori cui non avevano accesso, scoprendo gas in laboratorio diversi da quelli su strada: una cosa nota che ha portato la Ue a introdurre test su strada dal 2016. La Commissione infine ricorda che spetta agli Stati, non a Bruxelles, verificare software incriminati come quello di Volkswagen.
In giro per l’Europa continua poi la conta dei possibili danni. Partirà entro poche settimane il maxi richiamo del gruppo Volkswagen per la revisione che riguarderà 11 milioni di vetture con motori diesel dotate di centraline taroccate. "I commercianti potranno essere più precisi a partire dalla prossima settimana" ha detto il portavoce Vw, sottolineando che l’intervento sarà ovviamente gratuito. I proprietari dei veicoli coinvolti dal maxi-richiamo - che sarà effettuato in collaborazione con le autorità nazionali - saranno informati per iscritto. Il portavoce non ha comunque voluto definire i possibili costi di tale operazione. In Germania le vetture diesel truccate sono 2,8 milioni, in Italia la stima massima è di 1 milione di veicoli: "Ci sono i controlli in corso per verificare il danno provocato anche in Italia da Volkswagen. La previsione è di chiudere questa indagine entro pochi mesi. C’è una previsione di massima che parla di circa 1 milione di veicoli coinvolti", ha spiegato Riccardo Nencini, vice ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, a margine del meeting nazionale dei centri privati per le revisioni dei veicoli a motore, a Genova. I timori sugli impatti economici arrivano anche al vertice del Tesoro: "Temo conseguenze che mi auguro siano limitate, a catena ci potrebbero essere effetti sull’industria italiana che non ha colpa", ha detto da Salerno il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, alla festa di Scelta Civica. "Siamo in attesa dei dati dal ministero dei Trasporti tedesco, che dovrebbero iniziare ad arrivare la prossima settimana, anche sui diversi modelli di auto coinvolti. Il quadro pare si stia allargando anche a modelli di cilindrata più bassa".
Cosa rischia il proprietario di un’auto diesel con centralina modificata? Per il momento non rischia nulla. E se mai dovessero essere rilevate irregolarità nella omologazione, la responsabilità ricadrebbe solo sul costruttore. Nessun problema inoltre, almeno per ora, per le autorizzazioni a entrare nelle Ztl e a circolare durante i blocchi del traffico: a far fede è infatti la classificazione che compare sulla carta di circolazione. La vettura è formalmente rispondente ai requisiti di legge, dovrà essere il costruttore a impegnarsi in tempi brevi a fornire gli elenchi delle auto incriminate, a richiamarle per gli aggiornamenti gratuiti al software.
La transizione in seno alla casa tedesca, intanto, ha un corollario societario. Suzuki ha definitivamente messo una pietra sopra all’alleanza, mai decollata, con Volkswagen per le auto ibride ed elettriche. La casa giapponese ha annunciato di aver venduto la quota rimanente di azioni Volkswagen in suo possesso: Porsche ne ha riacquistato l’1,5%, salendo al 52,2% del capitale. Si tratta di un divorzio che segue l’incapacità di far partire la collaborazione sulle auto nuove, nel quale ha influito anche Fca: la casa nipponica ha deciso di collaborare con il Lingotto sui diesel e quella mossa non è mai andata giù ai vertici di Vw.

REPUBBLICA.IT
La riorganizzazione dell’azienda di Wolfsburg coinvolge anche gli altri marchi del gruppo: Luca de Meo, dal settembre 2012 membro del board di Audi AG con responsabilità per il marketing e le vendite, sarà dal prossimo primo novembre il nuovo Ceo della Seat. Il milanese, prende il posto di Juergen Stackmann, che passa alla Volkswagen come vicepresidente vendite, marketing e after sales. Nel 2002 de Meo era entrato nel Gruppo Fiat come vicepresidente business unit Lancia, fino alla nomina nel 2004 come Ceo di Fiat Automobiles e AD di Abarth & C. A queste cariche si è aggiunta nel 2007 quella di Ceo di Alfa Romeo Automobiles. Nello stesso anno de Meo è stato nominato Group marketing executive vice president,
e member of the Group Board, carica che ha ricoperto per due anni. Nel 2009 il passaggio alla Volkswagen come responsabile marketing prima per la marca e, poi, per il Gruppo. Nel 2012 la posizione attualmente ricoperta al vertice in Audi AG, la prima volta per un italiano.

WALTER GALBIATI
Non è vero che gli Stati Uniti hanno finalmente scoperto che le auto inquinano. O meglio che l’Auto, quella con la A maiuscola, la tedesca “Das Auto”, trasformata dai social in “Gas Auto”, immette nell’atmosfera sostanze dannose per gli esseri umani. In realtà che quel 2% di veicoli diesel che circolano sulle strade Usa inquinino anche più di quello che avrebbero dovuto non interessa molto. Gli Stati Uniti, del resto, sono quel Paese che si è tranquillamente dimenticato per anni che potesse esistere un protocollo di Kyoto sulle emissioni dei gas serra. Lo scandalo per gli Stati Uniti è come sempre e solo strettamente finanziario. Non è ammissibile che un’azienda, spocchiosamente tedesca, quotata e leader mondiale possa dire una bugia a chi investe dei soldi.
Che i motori diesel (o benzina è lo stesso) provochino cancri, patologie cardiache e respiratorie è un “di cui” su cui si può tranquillamente soprassedere. Il commento del più americano degli economisti italiani non lascia ombra di dubbio: “In caso pensassimo le frodi come un patrimonio esclusivo del settore finanziario, il caso Volkswagen ci costringe a ricrederci: il problema è molto più grave e diffuso”. Per Luigi Zingales la bugia del produttore tedesco è giustamente “un crimine”.
E va oltre quando scomoda addirittura Milton Friedman citando per intero un pensiero del collega spesso riportato monco: “l’unica responsabilità sociale di un’impresa è di fare profitti. In pochi rammentano – aggiunge Zingales – che la frase non finiva lì. Con lungimiranza Friedman aggiungeva ‘fintanto che (un’impresa) rimane all’interno delle regole del gioco, vale a dire, si impegna in una concorrenza aperta e libera senza inganno o frode’”. Per Zingales, la lezione del caso Volkswagen deve essere l’occasione per chi insegna nelle business school di iniziare a educare al dovere di rispettare le regole. E tanto meglio se queste sono poche. La sua conclusione è lapidaria: “Se il caso Volkswagen producesse questo cambiamento, i morti che l’eccesso di emissioni di ossido di azoto produrrà non saranno morti invano”.
Purtroppo però finché si pensa che l’unico dovere sociale delle imprese è fare profitti rispettando le regole è difficile pensare che il caso Volkswagen possa insegnare oltre al rispetto delle norme anche e soprattutto quello dell’ambiente e della salute. Per imparare a seguire le regole non servono le business school, bastano le scuole primarie. E i morti per l’inquinamento non devono essere considerati dei martiri immolatisi sull’altare del libero mercato e del suo buon funzionamento. Secondo il rapporto 2014 dell’Organizzazione mondiale della Sanità, l’aria malsana ha causato quasi 8 milioni di decessi. E tutti gli 8 milioni, senza andare alle business school, sapevano che i gas degli scarichi delle auto (emessi più o meno al di sopra delle soglie limite) erano nocivi per la loro salute.

SCLUSS MIT L¨uGEN

L’ex presidente della Fia, in un’intervista, ha parlato del "Dieselgate" che ha travolto la Volkswagen, rivelando di essere a conoscenza dell’intenzione da parte della casa tedesca di entrare in Formula 1. Ma lo scandalo probabilmente comprometterà tutto: "Per quanto ne so io - sottolinea Mosley - ci sono due o tre persone ai piani alti della Volkswagen che sono propensi a portare l’azienda in Formula 1, ma credo che questo scandalo avvenuto in america cambi le carte in tavola. L’azienda ha deliberatamente programmato il software dell’Ecu (Engine control unit) dei motori diesel facendo correre due diversi programmi, uno quando l’Ecu rileva di essere sotto esame delle emissioni, l’altro quando l’auto viene usata normalmente", afferma l’ex presidente della Fia. "Successe qualcosa di simile anni fa con un’altra compagnia, quella volta c’era un pulsante sotto il cofano. Secondo me questo avvenimento può mettere a rischio l’ingresso in Formula uno della VW e sarei sorpreso se dovesse succedere il contrario", ha concluso Mosley

IL CALCIO TEDESCO
WOLFSBURG - In riserva. Potrebbe finirci, dal punto di vista economico, il calcio tedesco dopo lo scoppio del Dieselgate, lo scandalo sulle emissioni truccate che sta coinvolgendo la Volkswagen. Un fulmine a ciel sereno per la più grande azienda tedesca, ma anche per il fussball dei campioni del mondo che vedrà diminuire sensibilmente l’afflusso di denaro proveniente dalle sponsorizzazioni della casa automobilistica. Il perché accadrà questo non è difficile da immaginare. Nonostante la Volkswagen realizzi vendite per oltre 200 miliardi di euro l’anno, nel 2014 ha chiuso con un utile per 14 miliardi, i costi che dovrà affrontare per la sanzione imposta dagli USA (circa 18 miliardi di dollari) insieme agli oltre 6 miliardi che sono stati già stanziati per l’ultimo quadrimestre del 2015, con lo scopo di riconquistare la fiducia del mercato, rappresentano una spesa difficilmente affrontabile senza che vengano sacrificati alcuni settori di investimento. Uno di questi, appunto, sarà il calcio dove la Volkswagen da anni investe decine e decine di milioni di euro. "Quando una società soffre finanziariamente il marketing è il primo settore a essere sacrificato" ha affermato Andre Bühler, direttore del German Institute for Sports Marketing.

Dunque, risparmiare e tagliare sarà la parola d’ordine della VW per il futuro. Austerity che colpirà per prima il Wolfsburg, di cui la casa automobilistica è proprietaria. "Sono abbastanza sicuro che quello che sta accadendo non avrà nessuna ripercussione economia e sportiva sul club", ha detto Klaus Allofs, direttore sportivo del club. Ma in realtà non sarà così. I vicecampioni di Germania e detentori della Pokal, infatti, dovranno prepararsi a veder ridotto il budget a loro disposizione, con la conseguenza che nei prossimi anni ci saranno meno risorse economiche per investire sul mercato e anche l’obbligo di dover vendere alcuni dei suoi prezzi pregiati. Uno di questi potrebbe essere Julian Draxler, appena acquistato dallo Schalke per 36 milioni di euro, il cui ingaggio da 5 milioni di euro l’anno potrebbe diventare insostenibile per il club.

Ma i tagli riguarderanno anche Bayern e Ingolstadt. Entrambi i club bavaresi sono sponsorizzati dall’Audi, marchio del gruppo Volkswagen e uno degli sponsor più importanti, che possiede l’8,3% delle azioni dei campioni di Germania e il 20% del pacchetto azionario della neo promossa in Bundesliga. Ma la lista dei club a rischio non finisce qui. Ci sono altre 16 squadre, che militano nelle serie minori del calcio tedesco, che potrebbero perdere la sponsorizzazione della VW e vedere a rischio la loro sopravvivenza. Tra queste le seconde squadre di Schalke, Dortmund, Mönchengladbach, Werder e Amburgo. A dover fare a meno dei soldi della casa automobilistica di Wolfsburg, poi, potrebbero essere sia la DFL che la DFB: cioè i due organi principali del calcio tedesco. Dal 2012 la VW è main sponsor della DFB Pokal, la coppa di Germania, e partner principale della Bundesliga. In questo caso un’uscita di scena della casa automobilistica appare improbabile, ma non impossibile, visto che il suo marchio è strettamente legato alla cultura di massa tedesca. Quello che è certo è che i tagli ci saranno e infliggeranno un colpo durissimo al calcio tedesco, che all’improvviso da ricco, bello e vincente potrebbe ritrovarsi a corto di carburante e dover interrompere la sua ascesa europea.