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 2015  settembre 26 Sabato calendario

UNA VITA A FARE CRAVATTE PER LE GRANDI MAISON

Giuliana non avrà mai ragazzine pazze di lei come per l’ultima modella arrivata a Milano questa settimana per le collezioni d’alta moda pronta. Giuliana non sarà invitata alle sfilate anche se da molti anni grazie alla sua bravura come a quella di migliaia di sconosciute lavoranti si deve tanta parte del successo della moda italiana.
Giuliana Di Agostino che crea a mano e su misura ogni tipo di cravatta – da quella standard alla testa di cobra alle 7 pieghe – appartiene infatti a quella razza in via d’estinzione di nostri stupendi artigiani che, spazzati via da business&tecnologie, in questo folle mondo vengono però chiamati a lavorare «dal vivo» in eventi come l’apertura di boutique del lusso. «Dal Brasile a Dubai ho fatto cravatte su commissione davanti ai clienti di Zegna, il gruppo per il quale ho lavorato ben 20 anni. A Londra all’inaugurazione del primo negozio Berluti sono stati tutti gentilissimi con me. A un certo punto ci hanno avvisato che stava arrivando il padrone, Bernard Arnault. Lui si è fermato a vedermi lavorare: non impiego più 20 minuti a fare una 7 pieghe, la Ferrari delle cravatte». Complimenti dal capo del colosso Lvmh. Adieu. Sostiene Di Agostino: «Salvo Gucci, che mi ha ridato del lavoro, ormai tutte le cravatte, anche quelle di una famosa maison, non sono fatte a mano». Pezze di seta con l’inconfondibile morsetto dell’azienda toscana sono impilate nella casa-laboratorio di Giuliana a Cologno Monzese.
Prima di Mediaset a Cologno negli anni dell’ondata emigratoria dal Sud è nata la straordinaria storia della cravattaia Gelsomina, di sua figlia Giuliana e della nipote Cinzia. 1957, vigilia del boom. Da Prignano Cilento, un paesino vicino ad Agropoli, arrivano a Cologno Raffaele e Gelsomina. Hanno 2 maschietti, il piccolo di soli 40 giorni. Grazie ai risparmi dei nonni affittano un appartamento, Raffaele entra alla Innocenti. Nella grande fabbrica della Lambretta chiede ai compagni un po’ di lavoro per Gelsomina (nel frattempo era nata Giuliana) che a Prignano aveva imparato così bene il mestiere di sarta d’aver cucito anche gli abiti da sposa e i corredi delle sorelle. Nora, moglie di un operaio, fa cravatte e ha bisogno di aiuto; Gelsomina intuisce che è il lavoro fatto per lei. Di cravatta in cravatta, di liretta in liretta, conquista clienti.
Fondamentale l’incontro con un’altra donna in gamba, Laura Lucchini. Ragioniera in un cravattificio, Laura fonda Personality (ditta che avrà le licenze delle cravatte Valentino, Armani, Cerruti ed esporterà fino al 50% della produzione) e punta su Gelsomina che fa arrivare a Cologno anche le sue due sorelle. «Facevano più di 100 cravatte al giorno. Mamma non dormiva più di 4-5 ore, lavorava sempre. A Cologno le donne le chiedevano lavoro, a nessuna diceva di no». Finite le medie, Giuliana viene assunta con tre cugine e un cugino in Personality. «Uscivamo di casa alle 6,45 e, per arrivare al lavoro a Milano, cambiavamo 3 tram». Negli anni d’oro della nostra moda Giuliana si sposa con Marcello Poli, dipendente della società Autostrade; in ditta si occupa del campionario: «Ricordo bene Valentino e Giorgio Armani che venivano a scegliere i tessuti per le loro collezioni». Però alla nascita di Cinzia, come l’aveva sempre spronata la madre, anche lei si mette a far cravatte cominciando in una casa di ringhiera. Clienti come Boggi, Fiorio, Zegna, Niki ed esperte donnine. Giuliana e Marcello (lui cura l’amministrazione) fanno ottimi risultati. «Avevamo creato una unità produttiva di 17 mila cravatte. La crisi ci ha spezzato. Abbiamo resistito fino al 2008, quando Cinzia si è laureata in Medicina abbiamo chiuso. Tristezza. Quanti sacrifici ha fatto anche Cinzia». Gelsomina ora ha 86 anni. Giuliana, la regina delle 7 pieghe, ha riaperto una piccola attività artigianale (www.dagocravatte.eu) e un bel giorno per la sua bravura è stata contattata dal responsabile cravatteria di Gucci. La dottoressa Cinzia Poli dopo la specializzazione e un tirocinio a New York alla Columbia University da giugno è medico chirurgo nel reparto trapianti all’Ospedale Niguarda. Tre gran donne, anche questa è storia della moda.
Chiara Beria Di Argentine, La Stampa 26/9/2015