Flavia Amabile, La Stampa 26/9/2015, 26 settembre 2015
TRA I CUSTODI DEL COLOSSEO CHE APRONO LE PORTE DELLA STORIA
L’uomo delle chiavi del Colosseo entra quando ancora non sono le sette del mattino. Si chiama Salvatore D’Agostino, ha 59 anni, trenta dei quali trascorsi nel grande Anfiteatro ad aprire e chiudere lucchetti e cancelli. Non è l’unico, sono in tre ad alternarsi in questo ruolo: dall’alba al tramonto, dalla prima apertura all’ultima chiusura, dodici ore di lavoro per contratto che diventano molto spesso dodici e tre quarti per tre giorni la settimana e circa mille euro di stipendio.
Non si potrebbe fare altrimenti. «Gli addetti alle pulizie devono avere il tempo di entrare e pulire prima dell’arrivo dei visitatori», spiega.
Alle sette e cinque l’uomo delle chiavi ha aperto il cancello di servizio già almeno cinque-sei volte. «Il lavoro è lo stesso di trent’anni fa», spiega Salvatore De Maria, l’altro caposervizio di turno in questa giornata di fine settembre, pure lui una vita intera trascorsa tra l’arena e le gradinate più famose del mondo. Anche il grande Anfiteatro è più o meno lo stesso, è tutto il resto ad essere cambiato. Dei quaranta custodi di un tempo ne sono rimasti la metà, venti. I turisti invece sono circa sei volte di più: erano un milione e ora sono sei.
Alle sette e dieci del mattino Salvatore D’Agostino apre un armadio, decine e decine di chiavi, ognuna con il suo cartellino e il suo posto. Non sono tutte, quelle dei depositi con i reperti preziosi sono in un luogo più sicuro. Ma quante sono esattamente le chiavi del Colosseo? «Più di cento, risponde e si avvia su per le scale.
Era una mattina così anche quella di una settimana fa quando l’uomo delle chiavi per una volta dopo aver aperto tutti i cancelli e i lucchetti lasciò chiuso quello dell’ingresso per i turisti. «Non ero di turno – racconta Salvatore De Maria – ma se ci fossi stato avrei partecipato all’assemblea. È un nostro diritto anche se mi dispiace per i problemi creati ai turisti».
Stavolta invece i custodi aprono il cancello. Entrano i turisti ma a quest’ora entrano soprattutto i «bagarini». Fanno il pieno di biglietti e tornano sulla piazza ad offrire biglietti a prezzo raddoppiato a chi vuole saltare la fila.
Nel frattempo all’interno i cinque addetti dell’ufficio tecnico hanno avviato i lavori della giornata. «Abbiamo messo a punto un sistema che permette di comunicare in tempo reale con tutti quelli che lavorano all’interno», spiega Umberto Baruffaldi, ingegnere e consulente dell’ufficio tecnico del Colosseo. Da un computer si inviano sms che arrivano a tutti gli interessati con i compiti e le informazioni necessarie. Il lavoro di oggi prevede la sostituzione dei sacchi di spazzatura lasciati pieni la sera precedente, la pulizia dei fornici dalla carta portata dal vento e la messa in sicurezza dei muri che hanno bisogno di piccoli interventi.
Dopo le undici i visitatori sciamano ovunque intorno all’arena. È l’ora di punta del grande anfiteatro, il momento meno indicato per chi vuole godersi il Colosseo ma per i custodi è anche il più difficile. «In particolare durante le domeniche gratuite», sottolinea Salvatore De Maria. Sono anche 30 mila i visitatori che durante la prima domenica del mese approfittano di questa possibilità mettendo a dura prova la vigilanza. «Noi facciamo di tutto per rendere la visita gradevole e sicura però non sempre c’è collaborazione da parte dei fruitori», conferma Barbara Nazzaro, direttrice tecnica del Colosseo.
Anche in questa giornata di fine settembre, sono decine i turisti con bastoni lunghi anche mezzo metro pronti al selfie. All’entrata c’è un cartello molto chiaro ma tutti cadono dalle nuvole quando arriva il custode: «Divieto? Quale divieto, perché?»
Si va avanti così fino a sera, in sette a far scendere chi si è arrampicato sui capitelli e chi mangia panini contro ogni divieto. La soluzione? Francesco Prosperetti, soprintendente per l’Area Archeologica di Roma: «Aprirsi di più ai privati con contratti che prevedano flessibilità e tutele, per dare al Colosseo le persone di cui ha bisogno nei momenti di maggiore afflusso e ai lavoratori le garanzie necessarie». I sindacati non sono d’accordo. Alle sette e mezza Salvatore D’Agostino chiude il cancello. Se non sono previste visite serali, per una notte l’Anfiteatro può riposare tranquillo.
Flavia Amabile, La Stampa 26/9/2015