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 2015  settembre 26 Sabato calendario

EFFETTO DOMINO SUI MEDIA

Si parte da Mondadori per arrivare a Urbano Cairo. L’effetto domino dell’editoria italiana sta per cambiare i connotati di tre player del mercato: il gruppo di Segrate, la società fondata dal pubblicitario piemontese, passando da Rcs Mediagroup che, ancora una volta, finisce per essere il perno attorno al quale ruota tutto il sistema.
L’attesa vendita della divisione Libri dell’azienda di via Rizzoli alla Mondadori è un’operazione vantaggiosa per entrambe le parti.
Perché il compratore rafforzerà la leadership nel segmento libri e educational (più ricco e promettente) con una quota che si attesterà almeno al 35% del mercato e concentrerà l’attenzione su questo business. Anche se, per 135 milioni (l’enterprise value riconosciuto a Rcs Libri), si accollerà un’attività che genera bassi margini e che ha obbligato la casa-madre a interventi di ristrutturazione e a svariate svalutazioni in bilancio. La società di Segrate guidata dall’amministratore delegato Ernesto Mauri, invece, fa proprio della capacità gestionale uno dei punti di forza visto che solo l’anno scorso l’area libri ha generato un ebitda margin del 13% a fronte di un dato percentuale a cifra singola della preda in via di acquisizione. E come ha stimato Mediobanca Securities, dal matrimonio nascerà un polo da 550 milioni di giro d’affari e da 60 milioni di mol.
E se l’affare è vincente per la Mondadori, che finanzierà la parte cash dell’investimento (120 milioni) attingendo alla cassa, alle linee di credito, agli introiti dalla cessione dell’80% di R101 a Mediaset (37 milioni) e a quelli relativi all’imminente vendita di parte degli immobili, a partire dalla sede di Roma in via Veneto, anche per Rcs c’è di che guadagnarne.
In salute (finanziaria), più che in termini di strategie industriali. Dalla cessione della Libri (dal deal resterà fuori la Adelphi), ricaverà liquidità che per la gran parte (60-80 milioni) sarà girata alle banche (Intesa Sanpaolo, Ubi, Mediobanca, Unicredit, Bpm e Mps), alle quali andranno anche i 22 milioni che la società di via Rizzoli ha di recente incassato dalla famiglia Hazan per la vendita del 44,5% nel gruppo radiofonico Finelco. In questo modo, il debito dell’azienda guidata dall’ad Pietro Scott Jovane scenderà dagli attuali 526,2 milioni a 400-420 milioni. Livello ancora elevato ma che sarebbe più presentabile nella trattativa con gli istituti che finora hanno sostenuto, anche come soci (Intesa e Mediobanca), la società che controlla il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport.
Ma il percorso non sarà del tutto in discesa.
Perché se è possibile che Mondadori e Rcs si accordino nella giornata di mercoledì 30 settembre, per completare l’operazione e far affluire il denaro nelle casse di via Rizzoli si dovrà attendere il via libera dell’Antitrust, chiamata a valutare la potenziale concentrazione di mercato. Tempi tecnici, come evidenziato giovedì 24 settembre da MF-Milano Finanza, che faranno slittare il closing a fine dicembre. O, come prevedono alcuni osservatori, a gennaio-febbraio 2016. E se in Rcs si ostenta ottimismo, sul mercato c’è chi intravede in questo slittamento un possibile problema con gli istituti di credito, legato al rispetto dei covenant sul debito. In ambienti vicini al dossier si sostiene però che una volta trovata l’intesa formale con Mondadori, Jovane andrà dalle banche a ragionare su nuovi accordi. Anche perché, una volta ceduta la Libri, va ricordato che non era tra gli asset da vendere al momento della firma del piano di ristrutturazione, il perimetro della società si modificherà. La Libri, con i suoi 222,6 milioni di ricavi (nel 2014), vale il 17-18% del giro d’affari consolidato di Rcs. Privarsene significa ridurre il fatturato con conseguente impatto sull’ebitda. Anche se, a onor del vero, quello dell’asset in vendita era basso e peggiore di quello dei quotidiani italiani e delle attività in Spagna. Detto ciò, le banche si prenderanno tutto il tempo necessario per rivedere i parametri dell’indebitamento che, come detto, resta sostenuto: 400-420 milioni rispetto al miliardo di ricavi prospettici.
Per tale ragione c’è chi è convinto che non sia del tutto tramontata l’opzione dell’aumento di capitale da 200 milioni. Opportunità che non piace ai grandi soci di Rcs, tutti compatti, tranne uno, nell’evitare il ricorso al mercato. Perché, nonostante le prese di distanza di rito, da tempo si scommette sul ruolo di Urbano Cairo. Il proprietario dell’omonimo gruppo editoriale-pubblicitario ha una carta da giocare: il jolly si chiama cassa, che si aggira sui 180 milioni. Un tesoretto che da anni resta in azienda e che viene investito con parsimonia (l’acquisto da oltre 30 milioni del multiplex di Stato è stato in larga parte, 25 milioni, finanziato da Unicredit). Il mercato, quindi, attende una sua mossa. Anche perché la società, ricca, capitalizzata e solida deve prima o poi fare il salto di qualità. L’emittente televisiva, La7 infatti, viaggia sempre attorno al 3,5% di share, ma la raccolta pubblicitaria continua a calare (83,5 milioni a fine luglio, -9,8%). I tanti periodici sono in salute ma il mercato è saturo. Le radio e il web non sono ambiti d’azione per il patron del Torino, quest’ultimo risanato e redditizio, quindi non richiede più iniezioni di capitali. Per cui o Cairo davvero si cimenta nel quotidiano popolare che sogna dall’inizio del Duemila, oppure si inventa nuove emittenti, o scommette su Rcs. Nel frattempo, ha lanciato il suo ottavo settimanale, Nuovo Tv (330-340 mila copie di tiratura a un prezzo promozionale di 0,50 euro) per conquistare un terzo del mercato dei magazine televisivi, che oggi vale 1,3 milione di copie a settimana e del quale oggi Cairo ha il 25%. Nel contempo, l’imprenditore di Alessandria si appresta a festeggiare in pompa magna, con una pubblicità ad hoc sul CorSera, il successo di DiPiù: con le tirature di luglio, 600 mila copie a numero, il settimanale inventato e diretto da Sandro Mayer è il periodico più venduto d’Italia.
Andrea Montanari, MilanoFinanza 26/9/2015