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 2015  settembre 26 Sabato calendario

L’AMORE È UGUALE PER TUTTI. SONO LE PERSONE A ESSERE DIVERSE

[Intervista a Maria Sole Tognazzi] –
Indagine di mercato strettamente familiare schivando trappole e miraggi sulla via Pontina: “Tra i primi spettatori dei miei film, come sempre, ci sono i parenti. Ho prelevato mio cugino e mia madre dalla casa di Torvaianica e ci siamo messi in viaggio per l’Augustus color. Dovevo effettuare il controllo definitivo di Io e lei ed ero curiosa di sapere la loro. Ore di traffico e finalmente, la proiezione: Lui, Edoardo, 21 anni, rideva come un matto. Lei, Franca, 79, piangeva a dirotto e sembrava stesse assistendo a Film blu di Kieslowski: ‘Sto tanto male per Sabrina Ferilli’, continuava a dire e io sgomenta: ‘Mamma, Io e lei sarebbe una commedia’”. Con l’inizio di ottobre (producono Indigo, Rai Cinema e Lucky Red, distribuisce l’omonima società di Andrea Occhipinti in oltre 200 copie) Maria Sole Tognazzi saprà se la quarta prova da regista restituirà sorrisi o lacrime. Per adesso risponde alle domande e continua a credere nelle coincidenze, nei simboli celesti e nella nostalgia: “Io e lei nasce da un desiderio. Volevo tornare a lavorare con Margherita Buy dopo l’esperienza di Viaggio sola perché quando ricevo ho bisogno di restituire e farlo per la prima volta con Sabrina Ferilli che avevo conosciuto quando goffa, grassa, impacciata e appena maggiorenne facevo l’assistente portando il caffè sui set. Penso e ripenso al racconto di una storia d’amore tra due donne diversissime e poi una sera a notte fonda accendo la televisione e vedo una scena de Il Vizietto con mio padre. Era come se Ugo dall’alto mi stesse suggerendo una buona idea. ‘Cazzo – mi son detta – è un segno, io questo film lo faccio’”. La parabola sentimentale di Federica (Buy) e di Marina (Ferilli) osservata nella calma, nella tempesta e nella trasformazione è diventata Io e lei: “E un po’ di paura ce l’ho”.
Paura? Perché?
Siamo sotto esame. Mi chiedo se il pubblico gli restituirà lo stesso amore toccato a Viaggio sola. Se qualcuno noterà che ho un fatto un passo avanti, oppure no. Viaggio sola era un film piccolo, piovuto dopo anni di inattività. Questa volta sento una responsabilità maggiore.
Viaggio Sola, scritto come quest’ultimo da lei, Ivan Cotroneo e Francesca Marciano è stato proiettato in molti paesi e omaggiato con David, Nastri e Ciak d’oro.
Quando passeggiando a New York vidi il manifesto del mio film davanti al Paris Theater di Manhattan, proprio lì dove Woody Allen proietta i suoi, mi parve di sognare. Invece era vero. È la ragione per cui sono tesa e agitata. Prima dovevo conquistare l’approvazione. Ora devo mantenerla. Il problema è il termine di paragone.
Il termine di paragone?
È proprio come nelle storie d’amore. Quando non puoi fare il paragone con la precedente è più facile. Quando il paragone esiste, purtroppo, sono cazzi.
C’è una storia d’amore anche in Io e lei. Due donne convivono sotto lo stesso tetto. Si amano, si lasciano, ripensano a quel che avvertono davvero l’una per l’altra solo nella distanza.
Cosa dice alla fine il film? Che tutte le storie d’amore sono identiche e che tutte le persone sono diverse.
Federica e Marina, ci diceva, sono diversissime.
Per estrazione sociale – una borghese, l’altra popolare – e non solo. Federica è un architetto. Si è sposata con un uomo, ha avuto un figlio, si è innamorata di una donna solo nella maturità, non sente un’identità sessuale definita e non ha nessuna voglia di sbandierare le proprie preferenze ai quattro venti.
Marina?
Sabrina Ferilli, è felicemente lesbica, è risoluta e si è fatta da sé. Negli anni 80, tra una commedia corale e una copertina, è stata un’attrice di successo. Poi ha avuto l’intelligenza di capire che la festa sarebbe comunque finita e prima che le venisse chiesto di farsi parte, si è ritirata dalle scene sparendo, chiudendo con il suo vecchio mondo, investendo il denaro guadagnato e reinventandosi imprenditrice.
Anche sua madre Franca Bettoja si ritirò dalle scene all’improvviso.
Mi sono ispirata a lei, non nego. Che le posso dire? Non mi azzardo a ritrarre nessuno in particolare, ma ’sta famiglia mia ogni tanto sbuca all’improvviso. Nei miei film metto sempre qualcosa delle persone che amo e che ho vicine. Mia madre è tra loro. Franca era bellissima, celebre, apprezzata da Germi, Scola e Ferreri. Abbandonò tutto per tre precise ragioni.
Ce le rivela?
Schematicamente? A) Si convinse, sbagliando, di non essere poi così dotata. B) Non le interessava poi così tanto apparire. C) Voleva essere libera. Sapersi congedare al momento giusto è un’arte. Modestamente, mia madre ha saputo essere artista fuori e dentro il set. Se oggi le chiedi perché lasciò il cinema non è improbabile che risponda proprio come Ferilli con la giornalista di Vanity Fair in Io e lei: ‘In fondo non ero poi così brava’.
Ferilli, nel suo film invece è bravissima.
Gliel’ho detto. Ci eravamo conosciute presto. Giovanissime tutte e due. Ho lavorato da assistente a tre film in cui Sabrina recitava. Lei, un’attrice alle prime esperienze e io poco più di una bambinetta gettata nel circo del set da ultima ruota del carro. Ripassavamo le battute, la accompagnavo al trucco, le passavo un maglione se sentiva freddo. Tra noi c’era simpatia. Un’intesa giocata sugli sguardi e sul puro istinto perché anche di istinto siamo fatti. Quando Paolo Sorrentino portò La grande bellezza a Cannes, ormai, non la vedevo da vent’anni. Ci siamo salutate e abbracciate. È stata affettuosa e sincera. Chiederle di partecipare a Io e lei è stato quasi automatico.
Come con Buy?
Al cinema aveva interpretato ogni ruolo, tranne che una donna innamorata di un’altra donna. Le ho chiesto se volesse provarci ed è andata bene. La stimo e le sono grata, ma al di là del suo talento, per me Margherita è soprattutto un’amica.
Le faranno domande personali. Qualcuno cercherà di tirare un filo tra quello che lei mette in scena e la sua vita privata. Vorranno sapere. Capire. Se lo aspetta?
È già accaduto e che certe domande arrivino mi sembra tanto naturale quanto stupido. Sono una persona aperta a tutto, ho sempre vissuto quel che volevo vivere senza condizionamenti, etichette, definizioni. Nella mia vita, in generale, ho avuto pochissime relazioni e sono sola da un sacco di tempo. Ma non ho fretta né ansia di veder stampato nome e cognome del mio ultimo amore.
Perché?
Perché fondamentalmente sono cazzi miei. Non certo perché abbia qualcosa da nascondere. Vengo da una famiglia in cui l’ambito privato è stato sempre esposto e nudo. Io lo tengo al riparo. In un’epoca in cui è tutto pubblico, non mi pare che a essere discreti si faccia poi ’sto gran peccato. Sa cosa penso?
Cosa pensa?
Che alla sessualità di chi mi affascina, quando accade, non penso proprio. Ci si innamora delle persone. Dell’intimità che si viene a creare, della capacità di essere compresi e protetti dall’altro.
Quanto c’è di autobiografico in Io e lei?
Soltanto che ho sofferto e gioito per amore. Come tutti. Andando avanti con gli anni, tendo a mettere ricordi, impressioni e pezzi di esistenza nei miei film. Mischiando i piani, le persone, i maschi, le femmine, i sentimenti. Non sono mai del tutto autobiografici, ma qualcosa di me e delle persone che ho incontrato nel cammino, come è ovvio e forse inevitabile, c’è sempre.
Ci ha detto di credere che le storia d’amore siano tutte uguali.
Uguale è il sentimento che le anima. Le poche persone che hanno visto Io e lei, etero o gay che fossero, si sono identificate senza distinzioni di genere. A un dato punto in tutte le storie o quasi arriva il tradimento, capita di tornare in ginocchio a chiedere perdono o ci si rende conto di aver sbagliato qualcosa. È un processo universale.
È anche possibile che nella coppia Buy-Ferilli qualcuno non si riconosca.
È possibile, certo. Come è possibile che qualche coppia alzi la mano e dica: ‘Ma noi non siamo così’.
E lei cosa risponde?
Che raccontare una storia per dire ‘le donne che stanno insieme sono tutte così’ era l’ultimo dei miei interessi. Quelle due donne e quei due personaggi sono così. Tutto qui.
Ferilli ama le donne, non si nasconde e lo dichiara anche ai giornali. Buy nasconde le proprie inclinazioni anche sul luogo di lavoro. Lei da che parte sta?
Detesto giudicare. Sono per la libertà di scelta delle persone. Rispetto allo stesso modo chi decide di rendere partecipe il mondo e la famiglia della propria felicità e chi legittimamente opta per non mostrare agli altri ciò che ritiene intimo e privato. Avere difficoltà a esporsi non significa amare meno o essere meno coraggiosi. Formule certe non ci sono. Ognuno ha i propri tempi. La gente fa percorsi molto strani.
Nel film c’è una citazione di Top of the Lake. Nelle pieghe della serie tv firmata da Jane Campion che Buy e Ferilli guardano sul divano, si racconta anche la fuga ai confini del mondo di un gruppo di donne disgustate, annoiate o ferite dal maschio.
È un caso. Mi piacerebbe dire che alla base dell’affinità tematica ci sia un pensiero preciso e ragionato, ma sarebbe disonesto. Si è trattato in verità di puro culo. Avevo bisogno di mostrare la normalità della coppia e l’idea che avessero una serie tv da vedere insieme sul divano, con una giovane ragazza protagonista, era già nella sceneggiatura. La produzione mi ha fatto varie proposte e quando mi hanno parlato di Top of the lake, che avevo visto di sfuggita, ho detto subito di sì.
Jane Campion è ringraziata nei titoli di coda.
Era il minimo che potessi fare. Mi ha scritto una lettera bellissima dicendosi felice di prestare le proprie immagini. È stata gentile. Magari la lettera l’ha scritta la sua assistente, non lo so. Ma sono dettagli che di solito non si vogliono conoscere.
Le piacerebbe conoscere il pensiero di suo padre sul suo ultimo film?
Amo pensare che gli sarebbe piaciuto. Nel film non ci sono giudizi, prese di posizione, moralismi. Ambiti che a Ugo come a me somigliano pochissimo.
Tra un mese e un giorno, dalla morte di suo padre saranno passati 25 anni.
Porca miseria, è vero, se n’è andato il 27 ottobre del ’90. Ugo l’ho scoperto tardi. Era un uomo sincero, onesto e straordinario e lo era proprio perché era pieno di difetti e privo di sovrastrutture. Il personaggio di Ennio Fantastichini, l’ex marito di Margherita Buy in Io e lei, è ispirato veramente a Ugo. Se mio padre fosse stato vivo e Franca, sua moglie, fosse diventata lesbica e avesse incontrato all’improvviso una difficoltà, lui le sarebbe andato incontro. Le avrebbe detto senz’altro: ‘Ti prego, vieni a Velletri a stare a casa nostra’. Garantito. Voleva tenere tutte le diaspore insieme, Ugo. Tutte le famiglie. Tutti gli affetti.
Nel film i tetti delle capanne del Villaggio Tognazzi si scorgono dal mare.
Sempre qui torniamo. Nella repubblica anarchica di Ugo. Le sue case, quelle in cui viviamo, quelle in cui si faceva festa cucinando per 50 persone tra un torneo di tennis e l’altro, non sono altro che appendici della sua visione generosa. Perché sottrarre quando si può aggiungere?
In Io e lei, l’alter ego filmico di Ugo, Ennio Fantastichini ha un piccolo ruolo.
Quanto è bravo Ennio. Un attore pazzesco. L’ho immaginato e rappresentato come un uomo che ai tempi d’oro seppe far divertire come nessuno la sua Federica. Le storie finiscono, ma se c’è stato davvero qualcosa, un lampo del passato rimane. Ci si riconosce ancora.
Nel film, Margherita Buy si lascia irretire da un uomo apparentemente banale.
Era importante che quel passaggio, la crisi di identità di Margherita non avvenisse con il principe azzurro o a causa della tempesta ormonale provocata dal macho di turno che le risveglia sopiti istinti etero. Nel film, a portare Buy lontana da Ferilli non è la sbandata per un’apparizione irresistibile, ma il sospetto di dover rientrare in una vita che in quel momento le sembra più giusta e più adatta. Va a cercare i panni calzati in un tempo lontano per poi capire che è lieta di non doverli indossare mai più.
Mentre il contesto familiare la include senza riserve e quello amicale ostenta indifferenza, a non accettare pienamente la propria scelta sembra proprio Buy.
I parenti di Ferilli non hanno nessuna ostilità nei confronti dell’omosessualità di Marina, ma umanamente ce l’hanno con la sua compagna Federica. Non perché sia lesbica, ma solo e soltanto perché a loro sembra una stronza altezzosa e distante. Da parte di chi le incontra nel film, non pulsa mai un giudizio sulla loro identità. L’unica ad avere un problema, nella finzione, è Marina, Margherita Buy.
Su L’Espresso, Alessandra Mammì ha definito Io e lei l’anti- Kechiche.
Il suo film, La vita di Adele, l’avevo visto e apprezzato, ma che io abbia deciso di portare una storia vagamente simile sullo schermo è un’assoluta casualità. Nel cinema italiano abbiamo visto raccontare uomini innamorati di altri uomini, ma mai l’amore tra due donne. Mi sembrava una bellissima idea. Volevo realizzarla. È accaduto. Sono contenta.
Niente conflitti di classe, niente drammi.
Non volevo drammi, ma solo una storia che ponesse omosessualità ed eterosessualità sullo stesso piano. Un piano di uguaglianza, lontano dalla sofferta differenza.
Sarà. Ma gli uomini del suo film sembrano smarriti.
Sa come ha risposto alla stessa osservazione Ivan Cotroneo, uno degli sceneggiatori?
Come?
Gli chiedevano come mai nei miei film più recenti gli uomini fossero così marginali. E lui, rapido: ‘È vero, li abbiamo immaginati così per compensare gli ultimi dieci anni di cinema italiano’.
Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano 26/9/2015