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 2015  settembre 26 Sabato calendario

CASO S&P, L’IMBARAZZO DI PADOAN PER UN CASO CHE STA DIVENTANDO SERIO – Il processo di Trani alla Standard & Poor di primo acchito sembra stravagante

CASO S&P, L’IMBARAZZO DI PADOAN PER UN CASO CHE STA DIVENTANDO SERIO – Il processo di Trani alla Standard & Poor di primo acchito sembra stravagante. Una piccola procura periferica accusa una delle tre sorelle del rating (insieme a Moody’s e Fitch) di aggiotaggio, per aver abbassato la valutazione di affidabilità del debito pubblico italiano (tra 2011 e 2012) andando dolosamente al di là – secondo l’ipotesi del pm Michele Ruggiero – dei dati economici reali. Il movente sarebbe, per l’accusa, la speculazione al ribasso sui titoli di Stato italiani. Considerata all’inizio poco più che uno scherzo, dopo tre anni l’inchiesta sembra fare paura. Come dimostra la reazione del ministro Pier Carlo Padoan alla decisione del tribunale di Trani di citarlo come testimone. Il portavoce del ministro, Roberto Basso, scrive al Fatto questa lettera di smentita: “Pier Carlo Padoan non ha ad oggi indirizzato – né direttamente né indirettamente – alcuna richiesta al Tribunale di Trani in merito all’invito a prestare testimonianza nel processo in cui sono imputati manager di un’agenzia di rating. Pertanto il titolo dell’articolo pubblicato venerdì 25 settembre, ‘Padoan non voleva testimoniare, il giudice gli ricorda le regole’ e l’affermazione contenuta nell’articolo stesso ‘Padoan, che all’epoca era Capo economista dell’Ocse, aveva opposto alla convocazione l’immunità diplomatica’ sono destituiti di fondamento”. Vediamo i fatti. Padoan non ha mai fatto richieste, è Ruggiero che ha chiesto di citarlo come testimone. Nell’udienza del 16 aprile scorso la difesa di S&P si è opposta, esibendo una lettera che l’Ocse, con grande tempestività, aveva spedito appena due giorni prima all’avvocato Antonio Golino dello studio legale Clifford Chance. Che cosa accade nell’udienza del 16 aprile lo racconta l’agenzia Ansa: “Nella missiva, l’organizzazione, sollecitata dallo stesso penalista, fa presente al nostro ministero degli Esteri che Padoan non ha rinunciato e non intende rinunciare all’immunità”. Due giorni fa il tribunale ha respinto l’opposizione della difesa, convocando Padoan. Il quale, per cinque mesi, non ha mai sentito la necessità di smentire l’Ansa. Lo fa adesso che il tribunale gli ha opposto un’ovvietà giuridica: l’immunità diplomatica significa che non può essere processato per atti compiuti come dirigente dell’Ocse, non che è esente dall’obbligo di testimoniare. Perché il pm vuole sentire Padoan? Secondo l’avvocato Golino la procura di Trani è alla ricerca di “una spasmodica attenzione mediatica”. Possibile. Però ha un senso ricordare che – il giorno dopo il sorprendente downgrade deciso da S&P il 13 gennaio 2012, con l’Italia declassata al livello di Perù e Colombia – il capo economista dell’Ocse, Padoan, criticò duramente la mossa di S&P in un’intervista al Corriere della Sera, dichiarandosi sorpreso che “il declassamento arrivi dopo che il Tesoro ha tenuto una serie di aste di titoli di Stato che si sono rivelate piuttosto incoraggianti”, e parlando di “una decisione difficilmente giustificabile solo con ragionamenti tecnici”. Poi il sospetto di “un’intenzione di andare in direzione opposta rispetto agli sforzi di soluzione della crisi”. Sembra che ce ne sia abbastanza per chiedere ragguagli a Padoan. E lo conferma la linea difensiva della S&P che adesso sembra voler sottovalutare il suo ruolo: “Questo caso si basa su una interpretazione errata del nostro ruolo – ha scritto in una nota – che è quello di supportare la trasparenza e la liquidità dei mercati fornendo una opinione indipendente del merito di credito relativo”. Come se fossero degli opinionisti. E invece i rating muovono i prezzi dei titoli. Per esempio un downgrade può far scattare clausole di contratti di finanza derivata. E questo è forse il vero imbarazzo del processo di Trani: sullo sfondo si intravede il bubbone dei derivati sottoscritti dal Tesoro negli anni passati, un debito potenziale da decine di miliardi su cui il governo tiene il coperchio del segreto. Giorgio Meletti, il Fatto Quotidiano 26/9/2015