Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 25/9/2015, 25 settembre 2015
RENZI PUÒ RINGRAZIARE CALDEROLI
[Intervista a Laura Cesaretti] –
Cronista parlamentare di lungo corso, avendo lavorato a lungo a Radio Radicale, al Foglio, prima di approdare al Giornale, nel 2001, Laura Cesaretti, romana, 52 anni, è una indiscussa twitstar, ossia una stella di Twitter, nel giornalismo politico nazionale. E non solo per i suoi 4mila e passa followers, ma per l’acume, l’ironia e l’asprezza che dispensa sui 140 caratteri del socialnetwork, dove non risparmia nessuno: famoso un suo alterco con il rapper Fedez, sulle distruzioni dei NoExpo a Milano.
Domanda: Cesaretti, dunque Renzi ha convinto la sinistra interna e ha vinto la partita del Senato.
O nelle pieghe regolamentari, il premier potrebbe aspettarsi qualche trappolone?
Risposta. Beh, intanto, su questa vicenda, mi lasci dire che il Pd dovrebbe fare un monumento all’ottimo Calderoli.
D. Come un monumento? Ma il suo algoritmo «generatore di emendamenti» non è una minaccia?
R. Faccia un passo indietro. L’ex ministro leghista aveva fatto un favore a Renzi già in commissione Affari costituzionali al Senato, ricorda? Quando aveva presentato una montagna di emendamenti, meno degli attuali, certo, ma pur sempre un buon numero, tale che il Pd aveva avuto buon gioco a dire che si doveva andare in aula. E lì, come sa, c’erano i cerberi della minoranza dem, e il governo sarebbe certamente andato sotto.
D. Già, ma ora in aula, con 85 milioni di emendamenti, «cambiando pere con mele» come ha detto lo stesso Calderoli?
R. Appunto ora il presidente Pietro Grasso sarà obbligato ad applicare criteri molto restrittivi e poi, essendoci l’accordo coi bersaniani sull’articolo 2, che verrà modificato successivamente con legge ordinaria, in modo che i senatori vengano eletti sì dai consigli regionali ma nel rispetto della volontà degli elettori, ci sono anche i numeri.
D. La sinistra Pd aveva promesso a Renzi un Vietnam e forse non è stata neppure una Grenada.
R. È così, direi che, poverini, si sono arresi senza condizioni. D’altra parte s’erano mesi in una posizione, come dire, «lose-lose», anziché «win-win», in cui perdevano tutti cioè. E poi le argomentazioni erano debolissime: non c’è nel mondo una seconda camera che sia espressione degli enti territoriali e che sia elettiva. Senza dimenticare poi che, per due letture, non se n’erano accorti: si erano distratti.
D. Era una battaglia politica, chiara...
R. Massì, era netto il tentativo di logorare Renzi per riprendersi la Ditta. È stato così sin dal primo giorno di governo.
D. Scissioni in vista?
R. Con questa legge elettorale non c’è spazio politico a sinistra del Pd, se non residuale, della testimonianza. E nessuno si vuol suicidare, alla fine. Senza dimenticare che c’è un problema di formazione di questa classe dirigente ex-comunista.
D. Vale a dire?
R. Sono cresciuti nel partito, spaccarlo non potrebbero. Anzi, si dice che sia stato decisivo un intervento proprio degli emiliani con Vasco Errani che ha fatto da grande mediatore.
D. Errani era d’altra parte quello che teneva i rapporti con Renzi, unico, dopo le primarie del 2012, quelle vinte da Bersani. Quando si temeva che l’allora sindaco di Firenze se ne andasse.
R. Errani è uno che ragiona, non ha tentazione suicide e, si dice, abbia un rapporto civile con Renzi.
D. S’era parlato anche di un suo incarico nel governo.
R. È vero, notando come il premier tenga ancora per se la delega agli Affari regionali. Si era anche detto, peraltro, che Errani potesse rientrare con un ruolo nel partito.
D. Anche Gianni Cuperlo, in questa occasione, pare che si sia speso molto a ricucire.
R. Renzi l’ha ringraziato pubblicamente, durante l’ultima direzione del Pd, per le sue parole equilibrate. E Bersani gli ha tolto il saluto.
D. Perché la sinistra Pd ha mollato il colpo?
R. Perché si è resa conto che Renzi è tornato in una posizione di forza...
D. Dopo le ambasce di maggio, con le regionali, e di giugno, coi ballottaggi persi in alcuni comuni, Renzi ha risalito la china. Come ha fatto, lei che lo segue spesso per il suo giornale?
R. Renzi ha recuperato terreno, è vero. È un uomo fortunato: ci sono alcune circostanze, in parte indipendenti dalla sua volontà, come l’inizio di ripresa economica, che hanno fatto tornare il sereno.
D. Quelli indipendenti le sappiamo: rapporto euro-dollaro, costo del petrolio, quantitative easing della Bce. Ma quelle dipendenti?
R. All’estero l’Italia viene vista in modo diverso, si guarda al suo esecutivo come a un governo decisionista. E poi, attento bene, fa quello che dice.
D. Ma come? L’annuncite, le slide, le chiacchiere?
R. Sì è quello che nel nostro ambiente si dice da tempo ma poi, se lei va a fare un articolo e prende provvedimento per provvedimento, vedrà che tutte le cose promesse, Renzi le ha fatte. Magari con qualche compromesso, magari pasticciando, ma le ha fatte. E questo, agli occhi degli osservatori internazionali, conta.
D. Quindi la minoranza Pd rientra all’ovile?
R. Secondo me c’è una resipiscenza: hanno preso atto che la Ditta non c’è più e Renzi ha trasformato il Pd che, negli intendimenti di chi l’ha fondato, doveva salvaguardare il Pci nelle sue varie trasformazioni. Per questo verso Renzi c’era un’avversione antropologia. Ed era allucinante: contro nessun leader moderno, che io ricordi, s’era scatenata un’opposizione interna così violenta.
D. Ci stanno ripensando, lei dice?
R. Forse sì. Forse stanno capendo che, avendo trovato un leader forte, popolare, capace di comunicazione, gli conviene tenerselo.
D. In effetti contro di lui s’è scatenato il finimondo. Senta, lei però segue Renzi e il renzismo da molto. Tanti sostenitori della prima ora, molti che lo blandirono, intellettuali, accademici e editorialisti, adesso sono divenuti molto critici.
R. Vogliamo dire una cosa?
D. Diciamola.
R. Una sacco di filorenzisti di alto profilo, come quelli che lei richiamava, sono ora ipercritici perché lui, Renzi, che prima rispondeva al telefono o agli sms, poi non se li è filati di pezza. Pensavano che valorizzasse tutti e quindi la delusione è cocente.
D. Però anche un po’ di base leopoldina mi pare meno smagliante di un tempo. Certe contraddizioni hanno pesato?
R. È normale che, quando uno governa, cambi necessariamente il metodo di lavoro, debba fare compromessi, mischiarsi con persone che magari, prima, non avrebbe pensato. E poi il carattere non aiuta Renzi a farsi amici, diciamo.
D. Non ama troppo blandire le persone.
R. Appunto, diciamo che, come politico, ragiona in termini di convenienza, di quello che gli è necessario, e può essere anche brutale. Detto questo, non vedo cambiamenti di pelle in lui.
D. Ora che farà? Percorre tutta questa legislatura o andrà al voto, dando prima un ritocchino all’Italicum per evitare che il M5s sia a tiro di vittoria al ballottaggio?
R. Secondo questa cosa della modifica dell’Italicum, che sento dire, non ha molto senso.
D. E perché?
R. Perché Renzi si taglierebbe gli ammennicoli da solo, mi scusi.
D. Spieghiamolo.
R. Si dice che possa ripristinare il premio alla coalizione e non alla lista, come la legge stabilisce. Ma con chi si deve alleare il Pd? Con il Ncd? Ma se metà degli alfaniani entreranno dentro. E la minoranza dem, con questa formulazione delle legge elettorale, non sarà tentata da scissioni. Secondo me Renzi completerà la legislatura. Anche perché pure gli altri non hanno tutta questa voglia di urne.
D. Vabbé, Forza Italia perché scende continuamente nei sondaggi: ieri un gruppetto consistente s’è accasato da Denis Verdini...
R. Ma neppure il M5s. Forse Beppe Grillo sì, ma non i tre quarti dei suoi, che hanno capito di non avere alcuna certezza di rielezione, non ci pensano proprio.
D. Chi non ha approfittato di questa finestra di debolezza di Renzi, durata almeno quattro mesi?
R. Forza Italia aveva cercato, intelligentemente, un accordo col Nazareno, ma è prevalsa la linea dello scontro e mi pare che gli spazi politici si siano ridotti.
D. Matteo Salvini?
R. Salvini ha cercato di fare la copia speculare di Renzi, quella del giovane leader di destra, decisionista, ma senza averne la stoffa. Se n’è reso conto lui stesso, tant’è vero che cerca di venire a patti con Silvio Berlusconi.
D. Dei grillini abbiamo detto.
R. Sì, ma aggiungiamo che sono molto bravi a capitalizzare le disgrazie. Se cioè succedono cose nefande, riescono a lucrare politicamente sulla rabbia e sulla sua rappresentazione. Se il governo funziona e l’economia riprende, non gli resta nulla perché, se li osserva in parlamento, vede che non sono capaci di portare a casa mai alcun risultato.
Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 25/9/2015