VARIE 23/9/2015, 23 settembre 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - SALTA L’AD DI VOLKSWAGEN
REPUBBLICA.IT
MILANO - Martin Winterkorn non è più l’amministratore delegato di Volskwagen. Il potente manager ha annunciato le dimissioni dalla casa tedesca dopo l’esplosione dello scandalo legato alla falsificazione dei test sulle emissioni, ma ha voluto ribadire la sua completa estraneità ai fatti. Anche il governo di Berlino nega di essere stata a conoscenza di violazioni delle norme, mentre tutto il mondo continua ad esprimere preoccupazione per l’accaduto e promette di prendere le dovute contromisure.
L’addio del ceo. Le immediate scuse non sono quindi bastate a Winterkorn per restare in sella al gruppo che per il momento ha ammesso di avere in circolazione 11 milioni di auto ’truccate’ per bluffare ai test sulle emissioni e far figurare, grazie alla sofisticata centralina, prestazioni di gran lunga migliori rispetto a quelle effettivamente messe in strada. Se negli Usa l’agenzia Epa ha parlato di circa 500mila auto coinvolte significa che c’è una buona fetta di vetture in giro per il mondo da verificare. E proprio in Europa si ha l’affezione maggiore dei clienti verso il diesel, motivo per cui il Vecchio continente rischia di rappresentare un gran problema per Volkswagen.
Proprio il ruolo di Winterkorn, che nella scorsa primavera aveva vinto la dura battaglia per la guida di Vw con Ferdinand Piech, è ora al centro dell’attenzione: d’altra parte il manager in sella alla casa tedesca dal 2007 è il responsabile del prodotto e il Consiglio di Sorveglianza di Wolfsburg sta cercando di appurare di cosa fosse effettivamente a conoscenza. La debacle del manager, però, colpisce anche gli azionisti che solo pochi mesi fa avevano definito Winterkorn il "miglior amministratore delegato possibile" di Volkswagen spiegando che sarebbe rimasto al suo posto, con "lo stesso vigore e successo", anche dopo la fine 2016, quando il suo mandato sarebbe scaduto.
Adesso, nelle ricostruzioni di Bloomberg, sarebbero tre le persone chiave per il suo futuro: Wolfgang Porsche, che guida la famiglia con il maggior numero di diritti di voto in Volkswagen; Bernd Osterloh, il potente capo del sindacato; Stephan Weil, governatore della Bassa Sassonia e forte di un diritto di veto all’interno della compagnia. Nelle febbrili ore di consultazioni che seguiranno tra qui e venerdì gireranno anche i nomi di possibili successori che potrebbero essere annunciati proprio dopodomani: già si parla di Matthias Mueller, il numero uno della Porsche che ha il sostegno della famiglia.
L’azione recupera. Il titolo Volkswagen resta l’osservato speciale della Borsa di Francoforte: all’avvio delle contrattazioni i titoli ordinari della casa di Wolfsburg sono scesi in area 105 euro, ma poi si sono risollevati e trattano in rialzo: provano a invertire il trend che ha abbattuto il valore dell’azione Vw nei due giorni di contrattazioni a seguito delle ammissioni sui test truccati negli Usa. Due sedute di passione, lunedì e martedì, che hanno fatto bruciare ai titoli dell’alfiere del Made in Germany quasi 25 miliardi di capitalizzazione al colosso che possiede anche Audi, Skoda e Porsche. A pesare sono i possibili impatti d’immagine, che bloccheranno la corsa verso la leadership mondiale delle auto a danno di Toyota, e gli effetti economici: si temono sanzioni fino a 18 miliardi solo negli Usa, ne sono stati accantonati per ora 6,5 per far fronte alle prime esigenze. Anche per questo, l’agenzia Fitch ha messo il rating di Volkswagen sotto osservazione con implicazioni negative. Come accaduto per il titolo Vw, però, anche gli altri protagonisti del settore - si pensi alla tedesca Daimler o a Fca in Italia - vivono un’apertura difficile e poi rimbalzano.
Le reazioni politiche. Fuori dalla casa tedesca, continuano le discussioni sul tema. "E’ un quadro di grande gravità e preoccupazione, i ministri Galletti e Del Rio, competenti sulla materia, hanno già chiesto informazioni alle aziende" sulle possibili ripercussioni e ’contagi’ "sul mercato italiano", spiega il ministro dello Sviluppo economico italiano, Federica Guidi. Sempre in Italia, il leader di Confindustria, Giorgio Squinzi, teme per il contraccolpo nella filiera, mentre il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, garantisce che verrà fatto tutto quel che serve per tutelare la salute. Mentre l’Acea, l’associazione dei costruttori europei, riconosce la "gravità della situazione" e tranquillizza dicendo che "non ci sono evidenze che sia un problema di settore", almeno 25 class action sono partite negli Usa da parte dei consumatori.
Da Berlino, il Ministero dei Trasporti precisa che non era "a conoscenza dell’utilizzo di una tecnologia sui controlli delle emissioni", rispondendo a quanto scritto da Die Welt, sulla base di una risposta del dicastero ad un’interrogazione dei Verdi del 28 luglio scorso, da cui trapelava che il Ministero aveva avviato "il lavoro sull’ulteriore sviluppo del quadro normativo comunitario", con l’obiettivo di ridurre "le reali emissioni" dei veicoli. Per il ministro Dobrindt Alexander sono "accuse false e inopportune". Il Guardian sostiene - estendendo i calcoli dell’Epa sugli 11 milioni di veicoli ’truccati’ - che aver barato i test sulle emissioni potrebbe aver reso Vw responsabile di emissioni stimate tra le 230mila e le 950mila tonnellate di ossidi di azoto all’anno. Da Bruxelles, intanto, si incoraggiano "tutti gli Stati membri a compiere le necessarie indagini e a riferire alla Commissione Ue", che "discuterà con loro come coordinarle al meglio e faciliterà lo scambio di informazioni", dice la portavoce dell’esecutivo comunitario al mercato interno Lucia Caudet: "Accogliamo con favore le indagini avviate in Germania, Francia e Italia".
RITRATTO DI WINTERKORN
MILANO - Martin Winterkorn non è più l’amministratore delegato della Volkswagen, spazzato via dallo scandalo delle emissioni che sta scuotendo il mondo delle quattro ruote. Il potente manager ha negato di avere responsabilità dirette nel caso, del quale si è detto all’oscuro, e lascia un gruppo che è vorticosamente cresciuto sotto la sua guida. Non a caso, solo nella scorsa primavera, quando ai piani alti di Vw si è consumata una lacerante guerra con l’ex presidente del gruppo, Ferdinand Piech, i manager si sono schierati compatti con lui, fino a spingere il vecchio patron ad abbandonare. Allora, il Consiglio lo difese come il "miglior amministratore delegato del mondo".
Nella sua gestione, dal 2007 ad oggi, le vendite di auto sono salite da 6,2 milioni di auto l’anno (considerando tutti i dodici marchi del gruppo, che comprende tra gli altri anche Skoda, Audi e Seat) fin quasi a 10 milioni, il fatturato è passato da 109 a 202 miliardi, l’aumento degli utili è stato del 280 per cento, Porsche è stata assorbita nel gruppo, così come i due produttori di autotreni Scania e Man. Anche Ducati si è aggiunta come fiore all’occhiello al gruppo, sotto il cappello di Audi.
INFOGRAFICA: Chi comanda in Volkswagen
Prima di dare le dimissioni, quando ancora provava a rimanere in sella, Winterkorn aveva chiesto di non confondere l’errore di pochi con il prestigio e la storia di un’azienda da 600mila dipendenti. E proprio al tema occupazionale vanno le preoccupazioni tedesche: nonostante la peggior crisi globale che la storia ricordi, il ceo ha preso in mano una società che aveva appena tagliato 20mila dipendenti in Germania - sotto il suo predecessore - espandendola con oltre 100 siti produttivi in tutto il globo, con particolare enfasi negli ultimi tempi su Cina e America del Nord. Proprio la terra dalla quale sarebbe iniziata la sua fine.
Tifoso accanito di calcio, come ricorda Bloomberg, nel tempo si è abituato al clima aspro dei board della casa tedesca. Quando era a capo della divisione di lusso dell’Audi, dove ha avviato il raddoppio della gamma di prodotti con modelli quali il Suv Q7, ha avuto molti alterchi con l’allora amministratore delegato di gruppo Bernd Pischetsrieder, che però alla fine pagò caro i diverbi col numero uno. Si trovò anche ad affrontare il tentativo di scalata del ceo di Porsche, Wendelin Wiedeking, culminato con gli eccessi di Borsa del 2008. Winterkorn riuscì a ribaltare il tavolo e alla fine il tentativo di shopping è finito in una fusione che ha ristabilito i rapporti di forza: la casa sportiva sottomessa a quella generalista, seppur di alta gamma. Al suo fianco, quello stesso Piech che nell’aprile scorso ha provato nuovamente a farlo fuori, risultando nuovamente sconfitto.
Il tallone d’Achille del manager invincibile si sono rivelati gli Stati Uniti. Già prima dello scandalo, l’espansione negli Usa sembrava una delle poche campagne fallimentari di Volkswagen: nonostante gli investimenti miliardari e un nuovo stabilimento nel Tennessee per sviluppare una Passat più economica, le vendite negli States sono calate nettamente a fronte di un mercato in crescita. E di fatto non sono mai partite. Ora, nonostante il record di utili del 2014 a 12,7 miliardi e il sorpasso a Toyota come leader mondiale delle quattro ruote avvenuto nel primo semestre dell’anno, gli Usa hanno fermato la corsa di Winterkorn. La freccia scoccata dall’Epa, l’Agenzia americana che ha rilevato i trucchi dei motori Volkswagen, ha fatto centro e abbattuto il manager
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MILANO - Ci ha impiegato oltre un anno per ammettere di fronte alle autorità americane che il suo è stato un tentativo deliberato di raggirare le leggi sulle emissioni, e non una questione di problemi tecnici. Ma Volkswagen l’aveva quasi scampata. Se non fosse stato per una serie di pure coincidenze e per la curiosità di vari ricercatori specializzati nelle quattro ruote, il gruppo tedesco forse non sarebbe mai stato scoperto a barare sui livelli di particelle inquinanti prodotte da milioni dei suoi motori diesel. E’ il New York Times a ricostruire i fatti.
Tutto iniziò due anni fa. Allora l’International council on clean transportation (Icct) - una non-profit la cui missione è "migliorare le performance ambientali e l’efficienza energetica" nei trasporti "per il bene della salute pubblica e per mitigare il cambiamento climatico" - stava conducendo test in europa per capire la reale performance di automobili dotate di motori diesel "puliti". Non particolarmente colpiti dai risultati, gli esperti del gruppo (tra le cui fila ci sono molti ex funzionari dell’agenzia per la protezione ambientale americana o epa, quella che venerdì scorso ha formalmente accusato Volkswagen di avere barato) decisero di condurre la stessa analisi su vetture negli Stati Uniti. Consapevoli del fatto che in Usa le norme sulle emissioni erano più stringenti e quasi certi che l’esito del test avrebbe fatto sfigurare le auto europee, i ricercatori si misero al lavoro senza immaginare che invece sarebbero inciampati in una delle maggiori truffe nel settore automobilistico della storia recente. In cerca di aiuto, l’Icct pubblicò un annuncio per la ricerca di un partner con cui testare vetture diesel. La West Virginia university decise di partecipare al bando.
"Testare veicoli leggeri a diesel in condizioni reali sembrava molto interessante", ha raccontato al Nyt Arvind Thiruvengadam, professore all’ateneo. "Ci siamo guardati e ci siamo detti ’proviamoci’". Alla fine quell’università fu selezionata, senza immaginare che avrebbe trovato un gruppo auto intento a barare. Per di più Volkswagen non era stata presa di mira. Per caso due dei tre veicoli a motore diesel acquistati per il test erano del gruppo tedesco. Ma ci volle poco per fare sorgere dubbi tra gli esperti. "Se sei imbottigliato nel traffico di Los Angeles per tre ore, sappiamo che la vettura non si trova nella condizione migliore per dare buoni risultati sulle emissioni", ha spiegato al Nyt Thiruvengadam. "Ma se si va a 70 miglia all’ora, tutto dovrebbe funzionare perfettamente. Le emissioni dovrebbero calare. Ma quelle di Volkswagen non scesero". E’ vero che le condizioni reali di guida sono condizionate dalla velocità, dalla temperatura, dalla topografia e da come il conducente preme sui freni. Ma la performance dei veicoli del gruppo tedesco sembrava piuttosto strana. A confermarlo fu poi il California air resources board (Carb), l’agenzia dello stato della California preposta a fissare standard sulle emissioni.
Venuto a conoscenza dei test in corso dell’Icct, il Carb decise di prenderne parte. E così i regolatori misero alla prova gli stessi veicoli analizzati dal gruppo di esperti aiutato dalla West Virginia university. I test si svolsero prima nei laboratori sofisticati del Carb, e l’esito sui due veicoli Volkswagen fu perfetto (il merito, con il senno di poi, fu il ricorso al controverso software chiamato "defeat device"). Ma quando quei due veicoli furono messi sulle strade del Golden state, le emissioni di diossido di azoto risultarono tra le 30 e le 40 volte più alte dei limiti di legge. Di conseguenza il Carb e l’Epa iniziarono le loro indagini su Volkswagen nel maggio 2014, come emerso dai documenti diffusi venerdì scorso. Il gruppo auto disse di avere scoperto la ragione di tali livelli alti di emissioni e propose un rimedio software.
Ciò risultò lo scorso dicembre in un richiamo di quasi 500.000 vetture in Usa. Ma il Carb continuò la sua inchiesta, non convinto che la performance su strada delle auto del gruppo sarebbe migliorata. Aveva ragione. Gli standard sulle emissioni continuavano ad essere violati, motivo per cui il Carb scelse di condividere quanto scoperto con l’Epa l’8 luglio. A quel punto l’agenzia per la protezione ambientale minacciò Volkswagen: o risolveva la questione o le autorità non avrebbero dato il via libera ai modelli 2016 dell’omonimo marchio e di quello Audi (una procedura generalmente di routine). Solo a quel punto arrivò l’ammissione del secondo maggiore gruppo di auto al mondo e con essa una crisi reputazionale smisurata.
VALERIO BERRUTI
ROMA. Se Volkswagen ha truccato i dati delle emissioni delle auto diesel in Usa perché non potrebbe averlo fatto anche in Europa? E magari proprio in Italia?
La domanda comincia a rimbalzare un po’ ovunque, dai social network alle associazioni dei consumatori. Anche il Governo italiano chiede spiegazioni alla Volkswagen sul caso delle emissioni dei diesel. Il ministero dei Trasporti ha interpellato sull’accaduto, sia il Kna, Kraftfahrt-Bundesamt, soggetto terzo, il maggiore omologatore delle auto in questione, sia il costruttore.
Il problema non è da poco visto che in Europa, secondo i dati di Transport & Environment, più della metà delle nuove auto vendute sono diesel. E che sui 10 milioni di auto a gasolio vendute complessivamente lo scorso anno, 7,5 milioni sono state acquistate in Europa. E che, infine, dal 2009, anno in cui secondo l’accusa Volkswagen iniziò a manipolare i suoi test, sono stati venduti sempre nel vecchio continente oltre 40 milioni di auto diesel, un sesto di tutte le auto attualmente in circolazione. L’Italia, poi, all’interno di questi numeri è uno dei mercati principali, con un parco circolante che arriva a ben un milione e mezzo di vetture diesel della sola Volkswagen.
Dunque la preoccupazione dei consumatori appare più che motivata. Occorre però procedere con molta cautela. Fare delle distinzioni e soprattutto capire se il rischio di manipolazioni " stile Usa" è stato possibile anche dalle nostre parti. Come prima cosa bisogna escludere dalle auto " sospette" le Euro 6 che al momento non sono molte in Italia (poco più di 102 mila contro i 3 milioni e 700 mila Euro 5) ma che comunque rappresenterebbero al momento una delle poche certezze. Che poi vuol dire che chi va oggi a comprare una vettura diesel non corre nessun rischio. Per il resto c’è ancora tanto da stabilire. La stessa Volkswagen Italia non fornisce molti dettagli sul numero dei modelli potenzialmente coinvolti limitandosi a riferire quanto già ribadito dalla casa madre: ovvero che la questione riguarda i diesel equipaggiati con propulsore " ea 189" che in tutto il mondo sarebbero circa 11 milioni. E che comunque resta in attesa di sapere il numero dei veicoli potenzialmente coinvolti per poi procedere ad immediati richiami.
Certo di fronte ad un numero del genere c’è poco da stare sereni. E al riguardo ci mette un bel carico sopra la richiesta dei consumatori europei alla commissione Ue. " Uno dei problemi in Europa- scrivono - è che a differenza degli Usa non esiste un sistema di sorveglianza con test indipendenti su strada. Insomma nel vecchio continente e quindi anche in Italia bisogna fidarsi di quanto stabilito dall’unico test ufficiale.
Proprio Altroconsumo, esattamente un anno fa, insieme ad altre associazioni e lo stesso Beuc aveva denunciato la prassi dei consumi fuorvianti diffusi dalle case e non corrispondenti a quelli reali (il prossimo 2 ottobre si terrà a Venezia l’udienza per valutare l’ammissibilità della class action). Un sistema destinato a cambiare in fretta: " Le prove sui consumi - sostengono le maggiori associazioni consumatori - sono nate quando le autostrade non c’erano. Sono fatte in laboratorio, su rulli e senza traffico. Chiediamo siano fatte su strada, altrimenti i consumatori non saranno mai correttamente informati sul reale consumo della vettura che vogliono acquistare".
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VINCENZO BORGOMEO
Solo auto vendute in Usa presentano l’anomalia. Ma le emissioni sono un elemento cardine dell’omologazione. Punto per punto il momento più delicato per l’industria dell’autodi VINCENZO BORGOMEO
Milioni di auto sotto accusa in Usa, richiami e panico che serpeggia fra i consumatori. Ma che succede in Europa e, nello specifico, in Italia? Ecco gli scenari possibili.
1. Effetto domino della paura
Siamo il paese che quando scoppia una guerra dall’altra parte del mondo vede svuotarsi gli scaffali dei supermarket, "normale" quindi che un caso come quello Volkswagen metta subito in allarme i consumatori. In redazione piovono mail preoccupate ma molti clienti Volkwswagen spiegano anche che sono stati rassicurati dal call center della filiale italiana della casa tedesca. Questo è lo scenario che al momento preoccupa di più concessionari: nessun problema tecnico reale ma possibile incidenza sulle vendite,
2. Dagli Usa all’Europa
Il caso infatti è circoscritto al mercato Usa e non ci sono indicazioni di sorta su altri "trucchi" usati in fase di omologazione in altri Paesi. Per capirne di più bisognerà aspettare il risultato dell’indagine dell’ente americano sulla sicurezza ambientale. Ma anche ormai quelle aperte da altri ministeri dell’ambiente, compreso il nostro. Per ora nulla lascia però prevedere un allargamento del fenomeno perché non ci sono dati o prove: tutto nasce da controlli nati dal caso usa.
3. Cosa succede alle auto che hanno "barato" nei test
Iil tema è delicato perché il livello di emissioni di un’auto è uno degli elementi chiave
dell’omologazione di un veicolo. E se si riuscisse a dimostrare che effettivamente un’auto in realtà non corrisponde (vuoi per un trucco di software, vuoi per una truffa in fase di controllo, per corruzione o per un errore tecnico, fate voi...) a quanto rilevato in sede di omologazione, allora il veicolo - qui la legge parla chiaro - andrebbe ritirato dalla circolazione, salvo poi essere riammesso dopo essere rientrato nelle specifiche identificate dalla carta di circolazione (quella che nel gergo si chiama "libretto). Per capirci è come se una vettura fosse "pizzicata" a circolare con gomme di dimensioni non conformi a quanto stabilito in fase di omologazione: c’è il sequestro della carta di circolazione e il divieto di usare l’auto fino ad un successivo controllo della Motorizzazione che certifichi il ritorno della vettura alle specifiche tecniche originali.
Scenario da incubo per ogni costruttore: di fronte a tanta tragedia il normale richiamo per un difetto tecnico appare come una vera sciocchezza.
Altroconsumo porta in triubunale la Vw a Venezia
4. La reazione delle associazioni consumatori
Intanto in Italia scendono in campo le associazioni di consumatori: "Chiediamo in tal senso che vengano effettuati gli opportuni controlli anche in Italia, per l’intero settore, prevedendo contestualmente severe sanzioni per chi elude le norme." - dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef. Peccato che nella loro dichiarazione scrivano "Wolkswagen: subito controlli anche in Italia", gettando un’ombra pesante sulla loro competenza in materia...
In ogni caso Federconsumatori e Adusbef non mollano e continuano: "Per questo stiamo concertando con le altre Associazioni europee con cui siamo in rete una piattaforma di richieste da presentare all’UE per far sì che l’Europa si distingua per il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Ovviamente, nel caso di eventuali accertamenti di violazioni delle norme sull’ambiente anche nel nostro Paese, siamo pronti a mettere in campo tutte le iniziative del caso, sia sul piano politico che su quello legale".
5. Possibili problemi per altri costruttori tedeschi?
La Volkswagen gioca molto sull’identità tedesca, non a caso il claim di tutte le campagna è DAS AUTO. L’identificazione della marca con il made in Germany è infatti totale e la cosa ovviamente in questo momento non porta certo immagine positiva agli altri costruttori tedeschi che - al momento - assistono sbigottiti all’evolversi degli eventi