Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 23 Mercoledì calendario

RAIMO, UN MORALISMO DA PREMIO (STREGA)

Vanno di moda le operette morali. O meglio le perette morali. Dopo Maurizio Maggiani, che ha riscritto addirittura le Operette morali di Leopardi (e Leopardi si sarà talmente rigirato nella tomba da aver scavato un cratere da Napoli a Pechino), mancava Christian Raimo, con «la rappresentazione clinica dei presunti adulti, personaggi fragili e alla deriva, una tragicommedia surreale, una buffissima operetta morale».
Per chi non conoscesse Christian Raimo è un bravo ragazzo che si sforza tantissimo da anni e anni di scrivere un romanzo, possibilmente impegnato. Nel 2012 c’è riuscito con Il peso della grazia, una discreta prova letteraria sul peso di voler fare lo scrittore senza averne il talento, il peso della disgrazia. Eppure il povero Raimo bazzica tutti giri giusti, è stato perfino ospite ricorrente di Gad Lerner, come sociologo o qualcosa del genere, e riusciva a sembrare il più moscio e triste nonostante fosse il più giovane di una trasmissione di ottuagenari marxisti rispetto alla quale un obitorio sembrava una discoteca. È così deamicisianamente buono, Raimo, che quando mi capita di incontrarlo mi si avvicina per dirmi su cosa sta riflettendo: l’ultima volta l’ho incrociato a una presentazione Mondadori di Nuovi Argomenti e mi ha sussurrato con aria pensosa: «Sto riflettendo sui danni della tv berlusconiana», e io gli ho dato una pacca sulla spalla e gli ho detto: «Bravo, continua a riflettere». Recentemente mi ha dato del fascista su Facebook perché ho stroncato sul Giornale la sua amica Valeria Parrella inserendola nella categoria delle «parrelle», e secondo il pensiero di Raimo «il fascismo è storpiare i nomi».
In particolare la peretta morale appena uscita è intitolata Tranquillo prof, la richiamo io, edita da Einaudi, e insomma, siamo giusti: lo Strega lo ha preso Francesco Piccolo, perché non Raimo? Lo ha preso anche Nicola Lagioia, perché non Raimo, che è il sodale di Nicola Lagioia e ha frequentato i suoi stessi ambienti critici e editoriali e radical chic e minimumfax e minima moralia e minimum tutto? La trama, o meglio la tramina delle peretta, è questa: un professore pensa solo a Facebook, sta sempre a chattare su Whatsapp e a guardare video su YouTube, manda sms cretini a ogni studente, si innamora di una supplente e rompe le scatole a chiunque, e gli studenti, poverini, vorrebbero studiare. Un’inversione di ruoli che fa riflettere. O almeno ci ha riflettuto Raimo. I dialoghi, per capirci, sono tutti di questo genere: «Prof, mi può interrogare di storia?». Il prof non risponde. Lo studente: «Prof, lascia stare un secondo Facebook e mi ascolta?». A parte che lo studente, che dovrebbe saperne più del prof, dice «interrogare di storia», se è voluto ha sbagliato personaggio, se non è voluto Raimo crede sia corretto così, tertium non datur. Oppure il prof arriva in classe con la faccia dipinta di nero. Studenti: «Prof, perché si è messo il lucido da scarpe sulla faccia?». Risposta: «Oggi voglio parlarvi della discriminazione. E credo che impersonando fino in fondo le vittime dei pregiudizi possiamo capire il loro dolore… dunque mi sono truccato di nero». Fa ridere? Fa pensare? Sembra uno di quei monologhi dei comici falliti di Zelig, quasi quasi era meglio un’operetta morale sui danni della tv berlusconiana, almeno c’era Berlusconi, che basta nominare e tira sempre.
Ma la parte interessante della peretta morale, come spesso succede, sono i ringraziamenti, «le persone capaci di essere critiche, da cui ho imparato, e dalle quali continuo a imparare» (figuriamoci non fossero state critiche), una sfilza di trenta nomi, incluso il Monastero dei Santi Quattro Coronati (dove poteva restare), perché più i libri sono insignificanti, più si ringrazia. Proust, Tolstoj, Joyce, Kafka non ringraziavano nessuno, al massimo dedicavano i libri a un principe o a una contessa, questi per sfornare un librino ringraziano il mondo, il loro mondo. Tra i primi ringraziati, va da sé, un grazie a Nicola Lagioia e un altro grazie a Veronica Raimo, cioè sua sorella (scrittrice pure lei, niente di che, ma almeno una strafiga, la parte più bella di Christian Raimo) già fidanzata a sua tempo di Lagioia, tout se tient, in editoria tutti si accoppiano con tutti, sarebbe divertente farne una mappa.
Ma la frase più rivelatrice e tragica, la chiave extradiegetica della peretta, è la nota biografica: «Christian Raimo è nato nel 1975 e fa l’insegnante». Fa l’insegnante? E che insegna? Italiano. Allora forse è una peretta morale autobiografica, il prof è Raimo, gli studenti pure, e quindi a maggior ragione uno Strega lo merita, altrimenti in questa Italia di meritocrazia al contrario davvero non c’è giustizia e io resto il solito fascista.