Tonia Mastrobuoni, La Stampa 23/9/2015, 23 settembre 2015
L’AD WINTERKORN SEMPRE PIU’ IN BILICO. MA ADESSO TREMA ANCHE IL GOVERNO
Il software che manipolava le emissioni incriminato dalle autorità americane potrebbe essere stato montato su undici milioni di automobili del marchio Volkswagen nel mondo. Così il capo delle Finanze del gruppo Volkswagen, Hans Dieter Poesch, ha fatto sapere ieri che accantonerà 6,5 miliardi di euro dai bilanci per coprire i danni. Ma potrebbero non bastare.
La domanda sulle responsabilità del più grande scandalo che ha travolto il marchio del Maggiolone e della Golf, brucia. In Germania la politica corre ai ripari per evitare che l’ondata di sfiducia travolga l’intera industria automobilistica e annuncia, attraverso il ministro dei Trasporti Alexander Dobrindt, una commissione d’inchiesta che sarà guidata dal sottosegretario ai Trasporti Michael Odenwald. È atteso a Wolfsburg, sede del gruppo, in settimana. Ma secondo un documento anticipato da «Die Welt», il governo sapeva.
In ogni caso, dopo il vicecancelliere Gabriel, che aveva parlato lunedì di un fatto «grave», ieri è intervenuta anche Angela Merkel. La cancelliera ha espresso l’auspicio che si chiariscano rapidamente i fatti e ha puntualizzato che in questa «situazione difficile» serve «piena trasparenza. Spero che i fatti - ha concluso - siano messi sul tavolo il più velocemente possibile». L’autorità per il controllo della Borsa, Bafin, ha annunciato un’indagine per manipolazione del mercato e insider trading.
Tutti gli occhi sono puntati su Martin Winterkorn, il potentissimo amministratore delegato che doveva essere confermato venerdì dal consiglio di sorveglianza fino al 2018. L’«Ayatollah di Wolfsburg», come lo chiama qualcuno per la leadership un po’ ruvida, rischia già oggi la testa, secondo un’anticipazione del quotidiano «Tagesspiegel». Potrebbe essere sfiduciato dal presidio, l’organo di controllo ristretto del gruppo che ieri si sarebbe riunito per esaminare le ripercussioni dello scandalo e oggi farà un nuovo meeting. Al posto di Winterkorn arriverebbe il capo della Porsche, Matthias Mueller. L’azienda ha smentito la notizia, definendo «un’idiozia» l’indiscrezione di una sostituzione di Winterkorn con Mueller. Ma ormai le voci si moltiplicano: l’agenzia di stampa tedesca Dpa ha citato ieri un membro del presidio che ha detto che «un allungamento del contratto di Winterkorn è inimmaginabile».
Chi conosce bene l’ad, giura che è impossibile che non fosse al corrente dei software incriminati dalle autorità Usa per cui il gruppo rischia una maxi-multa ( 18 miliardi sulla carta, ma potrebbe ridursi a un miliardo). E’ un manager noto per l’attenzione maniacale ai dettagli. Ieri il ministro delle Finanze della Bassa Sassonia (pesante azionista di Vw), Olaf Lies, ha detto «sono sicuro che alla fine qualcuno dovrà prendere le dovute conseguenze».
Intanto, Winterkorn è apparso in un video. Si è scusato, ma non ci pensa a fare un passo indietro: sarebbe «terribile» se l’errore di «pochi» compromettesse «il lavoro onesto e duro di 600 mila persone». Evidentemente il top manager non ritiene di far parte di quei «pochi». Winterkorn ha detto che «mi dispiace di aver deluso la fiducia che riponevano in noi. Chiedo scusa in tutte le forme ai nostri clienti, alle autorità e all’opinione pubblica di questo comportamento non corretto». L’azienda «farà di tutto per recuperare la fiducia». Secondo il top manager «la nostra squadra non lo merita. Perciò vi chiedo di continuare a riporre fiducia sul nostro percorso. Non abbiamo ancora tutte le risposte allo scandalo sui gas di scarico. Metteremo tutto sul tavolo, il più velocemente possibile e in modo trasparente». Ma in Germania cresce il numero di coloro che la pensano come un editorialista dell’autorevole Sueddeutsche Zeitung: «Ogni minuto che il capo di Vw resta in carica, danneggia il gruppo, l’industria automobilistica e l’economia tedesca».