Adriano Monti Buzzetti Colella, Focus 10/2015, 23 settembre 2015
NON HO L’ET
“Si ha l’età che si sente d’avere”, diceva il protagonista dei Buddenbrook, nell’omonimo libro di Thomas Mann. Un’idea più che mai attuale: non siamo forse tutti convinti che l’anagrafe sia un semplice “stato dell’anima”, del tutto indipendente dalla data di nascita? Le stravaganze di attori quindicenni come le avventure sessuali di arzilli ottuagenari lo dimostrano: nessuno vuole rassegnarsi al passare degli anni e se da ragazzi si vogliono bruciare le tappe, dopo gli “anta” si darebbe la vita per tornare indietro.
Per fortuna, si dirà, ci sono le leggi, queste sì in grado di mettere un punto fermo (e razionale) su cosa si può, si deve o non si può fare, e quando. Eppure questi paletti, utilissimi e necessari, sono estremamente variabili, come vedremo, di Paese in Paese. E spesso surreali.
SUI BANCHI DI SCUOLA. Partiamo dall’inizio, cioè dal primo dovere dei bambini: la scuola. Le elementari si iniziano a 5 anni in Irlanda, Malta e nel Myanmar, con ben tre anni di anticipo rispetto agli invidiatissimi scolari della Mongolia.
Ma 5 anni, paradossalmente, è anche l’età a partire dalla quale in Gran Bretagna si può bere alcol.
L’unico limite alla dissolutezza precoce è che i bambini brindino esclusivamente in casa e sotto la supervisione di un adulto. (Per ordinare un drink in pubblico nel Regno Unito bisogna invece aspettare i 18 anni, meno in ogni caso che in India e Kazakistan, dove ci si rassegna ad attendere 21 candeline). Ma torniamo ai bambini e la scuola: quelli di casa nostra arrivano sui banchi a 6 anni, stessa età in cui secondo i tribunali del North Carolina si può invece diventare... delinquenti acquisendo la Criminal Responsibility, cioè la punibilità per aver commesso azioni penali. In Svizzera i malavitosi in formato tascabile possono star tranquilli fino a 10 anni, in Irlanda e Canada fino a 12, in Italia fino a 14.
Altro è, responsabilità criminale a parte, il vero e proprio passaggio all’età adulta, che nella maggioranza dei Paesi del mondo è convenzionalmente posta a 18 anni. Con qualche eccezione al rialzo e al ribasso. A 8 anni le femmine in Iran e Arabia Saudita smettono di essere considerate bambine dallo Stato e raggiungono quella maturità legale per cui i conterranei maschi devono invece attendere i 14 anni. In Giappone si diventa adulti a 20 anni, negli Usa e in Egitto a 21, mentre sul piano religioso l’ebraismo sancisce il passaggio all’età adulta con le cerimonie del Bar Mitzvah per i maschi e del Bat Mitzvah per le femmine, rispettivamente a 13 e a 12 anni più un giorno.
SESSO E ASPIRINE. Restiamo su questi ultimi due numeri. Dodici anni, secondo i medici, è la soglia superata la quale si può prescrivere a un bambino la sua prima aspirina. In compenso, se vive nel Regno Unito, col dodicesimo compleanno il ragazzo acquista pure il diritto di scapicollarsi in arditi (e pericolosi) spettacoli acrobatici.
Anche a molte bambine hawaiane i 12 anni danno una nuova libertà: quella di disertare le obbligatorie – e magari non sempre gradite – lezioni di danze tradizionali dell’arcipelago. Discutibile invece il “permesso” che a 12 anni le ragazze conquistano in Angola: quello del sesso consapevole, la cosiddetta “età del consenso” che in Italia, Germania, Giappone è fissata a 14 anni, in Norvegia e in Svizzera a 16 e nel Bahrain addirittura a 21.
A 13 anni, poi, in molti Paesi si diventa a pieno titolo cittadini del Web, acquisendo la facoltà di poter aprire un account su Google e Facebook. Unica e singolare eccezione è quella dell’Olanda, su altri fronti notoriamente molto permissiva: 16 anni è l’età minima prevista nella terra dei tulipani per poter diventare “social” sulla Rete.
Ma concentriamoci sul “tempo delle mele” vero e proprio: i 14 anni, un’età di grandi mutamenti psicofisici, cruciale per il metabolismo e per molte legislazioni. Se, per esempio, in Italia si può guidare il motorino, nella provincia canadese di Alberta e in alcuni Stati degli Usa (Alabama, Alaska, Michigan, Iowa) ci si può addirittura mettere al volante di un’automobile. Sempre negli Stati Uniti un 14enne dell’Indiana inizia a poter essere multato se bestemmia in pubblico, mentre uno dell’Idaho si vede finalmente sollevato dall’obbligo di girare con un attestato a firma dei genitori per comprovare che si lava i denti regolarmente. Ben più complessi – in teoria – gli oneri previsti da un’antica e di fatto mai abrogata legge britannica, la quale imporrebbe a tutti gli “over 14” di esercitarsi con la balestra due ore a settimana, con la supervisione del clero locale.
VOTANTI E VOTATI. Dai 15 anni in su in Bangladesh la scuola diventa una cosa molto seria: se si viene “beccati” a barare durante gli esami scolastici si può finire in prigione. A16 anni in Paesi come Indonesia, Russia, Norvegia, Egitto e Messico si è abbastanza maturi per prepararsi alla guerra (come soldati volontari) ma non abbastanza per fumare, votare o guidare l’auto: tutte attività che, in divisa o no, vanno rimandate ai 18 anni.
E proprio i 18 anni – chiave d’accesso alla maggiore età in buona parte dei Paesi – in materia di licenze e interdizioni si rivelano a volte uno spartiacque meno assoluto di quanto si creda. Il voto, per esempio: in Brasile, Austria, Argentina e Cuba ci si può recare alle urne già a 16 anni, in Iran fino al 2007 persino a 15; fuori dal coro il Giappone, dove bisogna aspettare i 20 anni, mentre in Malesia e Camerun i 21. Quanto alla politica attiva, alcuni neomaggiorenni sono decisamente più avvantaggiati di altri. A18 anni in Olanda e Norvegia si può diventare parlamentare e ministro, e in Francia addirittura presidente della Repubblica; ben altra storia da noi, dove le porte della Camera si spalancano dopo i 25 anni, quelle del Senato a 40 e quelle del Quirinale addirittura a 50. Neppure in Canada la Camera Alta è roba da diciottenni: di anni ne servono infatti almeno trenta, oltre al possesso di terreni per almeno quattromila dollari nella provincia in cui ci si candida. Altrove i fatidici 18 sdoganano diritti non proprio fondamentali: in Tennessee i 18 anni sono l’età minima per giocare a flipper e in Arizona quella per poter comprare... una bomboletta di vernice spray.
PIEDI NUDI E TESTOSTERONE. Un diciottenne dell’Indiana è al volante da almeno due anni, secondo lo standard in vigore laggiù, ma da questo momento in poi dovrà anche fare molta attenzione a chi si porta in macchina. Qualora si accompagnasse con una passeggera sprovvista di calzini e scarpe, infatti, il guidatore diciottenne potrebbe essere incriminato per stupro.
In molti Paesi i 18 anni sono necessari per sposarsi. Ma può farlo anche un sedicenne cubano, un quattordicenne del Belize, una dodicenne francese del Settecento prerivoluzionario e – purtroppo – una moglie-bambina dell’Arabia Saudita, dove oggi non esiste limite minimo d’età per le nozze. Anche per la Chiesa di Roma i fatidici 18 anni sono indicativi: già a 17 gli aspiranti preti possono iniziare il noviziato, e l’ordinazione sacerdotale non avviene in genere prima dei 25.
La prima giovinezza ci abbandona? Non così le stranezze in fatto di divieti e concessioni. A un uomo che compie 30 anni, le leggi della scienza prevedono per l’avvenire l’inesorabile perdita di un 1% del proprio testosterone ogni 12 mesi. A 35 anni un ecclesiastico può diventare vescovo, e quindi papa, mentre un renitente alla leva colombiano di 48 può ancora essere richiamato a vestire i panni della recluta. Un 65enne italiano vede avvicinarsi il diritto alla pensione; uno dello Utah, lo Stato americano dei mormoni, la facoltà di sposare una cugina della stessa età, avendo entrambi ormai acquisito una “impeccabile capacità di giudizio”. E più oltre ancora, che si può fare e che cosa no? Forse morire secondo statistica. Ma solo in Paesi quali Svezia, Israele e la stessa Italia, dove l’aspettativa di vita ha ormai da tempo sfondato il tetto delle ottanta primavere; altrove, come in Botswana, Congo e Repubblica Centrafricana, a quella distanza dalla nostra nascita probabilmente non ci saremmo più, saremmo morti a circa 47 anni. Tra i “diritti” delle età, ci sono anche quelli che non fanno ridere affatto.
Adriano Monti Buzzetti Colella