Paolo Siepi, ItaliaOggi 23/9/2015, 23 settembre 2015
PERISCOPIO
Pensioni, il governo ha trovato la soluzione per la flessibilità in uscita: il Pilates. Gianni Macheda.
Con la riforma di Renzi non viene cancellato il Senato, viene solo cancellata la possibilità di votare il senato e il quadro è sconfortante. Massimo D’Alema. (Giampiero Calapà). Il Fatto.
François Mitterrand una volta ha detto che la Thatcher aveva la bocca di Marilyn Monroe e gli occhi di Caligola. Beh, il suo sguardo io lo ricordo molto bene. Michael Dobbs, autore di House of cards e già consulente di Margareth Thatcher (Vittorio Zincone). Sette.
Bisogna spremere il proprio pensiero come un’oliva fino a che non coli l’olio scritto. Robert Sabatier, Le livre de la déraison souriante. Albin Michel, 1991.
Massimo D’Alema, onore al merito, nel 1995 aveva inizialmente capito che la sua faccia da ex comunista mai e poi mai avrebbe convinto gli italiani a votare a sinistra, così si era inventato la candidatura di Romano Prodi, su consiglio di Nino Andreatta. E infatti il Professore fu il solo leader di centrosinistra che riuscì a scaldare i cuori di quella metà abbondante dell’Italia che detestava B.: prima con i Circoli dell’Ulivo nel 1995-96, poi col plebiscito delle prime primarie del 2005 (4,3 milioni di persone ai gazebo, 3,1 milioni di voti al Prof). E non a caso fu l’unico a sconfiggere B., non una ma due volte, grazie al valore aggiunto «ulivista » che si aggiungeva alla somma dei partiti. Marco Travaglio. Il Fatto.
L’America è spietata. Poi, certo, se hai un bel progetto scientifico ti danno tanti soldi che da altre parti te li sogni. Ma sulle amicizie, i rapporti umani Io, in America, ho fatto tante cosine. Ma l’America è talmente grande che puoi fare concerti con migliaia di persone senza che nessuno lo sappia. È talmente frammentata. Jovanotti (Gian Antonio Stella). Sette.
Non penso più a Sanremo. L’ho fatto 13 volte: è giusto che ora tocchi ad altri. La mia maturità mi porta a pensare a spettacoli che sconfinano nel giornalistico, non sono più rivolto al varietà. Questo nonostante il mio amore per i musical. È una fissazione. Faccio spedizioni in America o a Londra solo per questi spettacoli: ne vedo anche tre al giorno. Pippo Baudo (Chiara Maffioletti). Corsera.
Tira un vento freddo sull’Arno, a Firenze, ma tra le nuvole già filtra una luce da primavera. Nello studio di Mario Luzi ne entra un raggio, e percorre, come le passasse in rivista, le librerie stracolme, la scrivania sommersa da torri di volumi in equilibrio instabile. Il poeta ha 79 anni, e una nobile faccia da generale reduce da fatica e dolori. Parla di sua madre, Margherita. «Il giudizio che mia madre dava sulla vita è sempre stato un punto di riferimento per me. Nei momenti più difficili, ho sempre saputo che di quello che mi aveva detto mia madre potevo fidarmi. Era profondamente credente. Un modo raro di vivere il cristianesimo. Cristo, non come qualcuno da commemorare e celebrare, ma vivente». Marina Corradi. Avvenire.
Si sa che una campana che sta suonando continua per qualche tempo a vivere ancora. Il battente prosegue da solo la sua corsa e colpisce a intervalli irregolari. Poi si crede che sia finito, ma alla fine di un certo momento il battente batte ancora un colpo, persino due, si direbbe che la campana stia spirando. Il battente mette del tempo a morire, accompagnando la sua voce di bronzo, che si faceva sempre più flebile, la marcia del colonnello maggiore attraverso le strade deserte che salivano. Jean Raspail, Sept cavaliers. Roberto Laffont, 1993.
Nel mio fondo avevo rigettato, fin dal concepimento, mio figlio. Ed è per questo, forse, che non ha mai cessato di essere un ragazzo difficile, un adolescente peggio ancora. Non era colpa sua. Non bisogna avere una madre che ha pianto la vostra nascita. Ho avuto un altro ragazzo, so la differenza. Lui si infuriava contro tutto. Era brillante, tuttavia, così intelligente... E quando, dopo aver terminato i suoi studi di medicina, era quasi pronto a regolare i conti aperti con me, si è ucciso sciando fuori pista in Val d’Isère. Una sera, non è più rientrato. L’hanno cercato per tre giorni, poi le ricerche sono cessate. Ho aspettato due mesi. Due mesi. E poi il suo lenzuolo di neve si è fuso. Françoise Giroud, Lecons particulières. Fayard. 1990.
Il rabbino gli disse di firmare il documento di compravendita, ciò che il polacco, che non sapeva scrivere, fece tracciando tre crocette. Il Rabbino e Red Salomon David erano seccati dalla timidezza del gentile e anche per quelle crocette sacrileghe in calce a un documento ebraico; comunque la vendita era legale. Israel J. Singer, I fratelli Ashkenazi. Longanesi & C., 1970.
Oggi è uno di quei giorni in cui sono solo con me stesso, e ho un peso qui, sulla coscienza, che mi infastidisce. Leo Longanesi, Parliamo dell’elefante. Longanesi, 1947.
Longanesi mi aveva suggerito indirizzi di cortigiane, lestofanti di Stato, tenutarie di salotti e bordelli del centro di Roma. La città eterna ha due cose buone, diceva: le fontane e le puttane; ad ascoltarle, ci si guadagna sempre. Nantas Salvalaggio, Il salotto rosso. Mondadori, 1982.
Il farmacista Simonetti, che era astemio, toglieva di tasca una scatola rotonda di latta, di quelle per le pastiglie pettorali, piena di bicarbonato. Ne versava la metà in un bicchiere d’acqua e beveva d’un fiato la sua pozione. «Non fa per niente male» diceva a Palateo che non mancava mai di rilevare quell’eccessivo uso di bicarbonato. Non faceva in tempo a finire la frase, che la precipitazione della miscela si palesava dal profondo, poi erompeva in un boato, lasciando il Simonetti con la faccia stupita e la bocca aperta, come se gli fosse uscito dal corpo un obice. Piero Chiara, Vedrò Singapore?. Mondadori, 1981.
Ogni civiltà porta con sé la sua idea della morte. Pensavo alle tombe dei re asiatici, alle tombe egiziane, alle tombe di Gerusalemme. Rivedevo i cimiteri dei villaggi nel Périgord, i cimiteri della Mitidja, i cimiteri di Cao Bang, i cimiteri bianchi dei soldati di Verdun e di Normandia. Qua, nei campi di concentramento nazisti, non una croce, e nemmeno un tumulo. Dei miei compagni, non restava niente, giusto il vento e qualche reticolato. Hélie de Saint-Marc, Memoires. Perrin, 1995.
Il saggio s’innamora pazzamente di una donna; il pazzo, saggiamente. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 23/9/2015