Marco Bertoncini, ItaliaOggi 23/9/2015, 23 settembre 2015
IL MONDO ISTITUZIONALE ROMANO
Nel tardo Ottocento venne di moda il romanzo parlamentare, spesso a puntate sui giornali: in questo filone alcuni iscrivono anche testi come I vecchi e i giovani di Luigi Pirandello.
Chissà se i due volumi scritti in breve volgere di mesi da Alfonso Celotto inaugureranno il filone del romanzo burocratico, definizione che si attagliava a Il dott. Ciro Amendola, Direttore della Gazzetta Ufficiale, apparso lo scorso anno presso Mondadori (si veda l’intervista «Le vuoto tutto il sacco. Anzi, no», su ItaliaOggi del 17 giugno 2014) e che va alla perfezione per il seguito, Il Pomodoro va rispettato, uscito ora presso Il Miolibro.
L’autore è un gabinettista principe: l’elenco dei ministri presso i quali ha operato (capo di gabinetto, capo del legislativo, consigliere giuridico) comprende la Bonino, Calderoli, Tremonti, Barca, Trigilia, la Guidi, mentre ultimamente si trova agli Affari europei presso la Presidenza del Consiglio.
Se la maggioranza dei gabinettisti è composta di magistrati (consiglieri di Stato, della Corte dei conti, avvocati dello Stato, giudici ordinari, pubblici ministeri ), Celotto è un ordinario di diritto costituzionale. I suoi volumi illustrano, inserendoli in pagine romanzate, i retroscena dell’attività degli alti burocrati.
L’eroe eponimo è Ciro Amendola, solerte direttore della Gazzetta, passato, nel nuovo romanzo, a dirigere il legislativo della Giustizia, finendo invischiato, in pochi giorni, fra due vicende sentimentali (il ritorno dell’antica fiamma e l’arrivo di un’addetta stampa ministeriale) e un ritardo nella pubblicazione di un decreto che l’induce a lasciare il nuovo incarico.
Il curioso titolo insiste sulla necessità di non contaminare né le persone meritevoli (lo stesso Amendola) né i cibi (il pomodoro, verso il quale il personaggio dimostra un culto verosimilmente derivante dall’autore, purché non sia offeso da formaggio di condimento sulla pasta).
Affreschi degli ambienti ministeriali (i lunghi preconsigli, le inutili attese nelle anticamere durante le sedute di governo, i rapporti fra gabinetti e legislativi dei vari dicasteri) e ritratti di alti burocrati e collaboratori introducono i non addetti ai lavori in un mondo sconosciuto.
Ovviamente Celotto v’infila la propria lunga esperienza, presentando con la dovuta dose d’ironia (che tocca a volte toni canzonatori) usi immotivati, riti stanchi, debolezze e cattiverie del sistema.
Può insegnare molto, a chi sia digiuno delle consuetudini di Palazzo, l’apprendere come il ministro venga istruito in un batter di ciglia e all’ultimo istante su questioni, anche di rilevanza, che deve affrontare in una seduta di governo. Altrettanto perfette sono le pennellate che dipingono l’incarico addossato dai vertici politici ai burocrati per (non) discutere e soprattutto (non) decidere qualche problema apportatore di grane.
Anche lo scaricabarile con il quale il decisivo ritardo nella pubblicazione di un decreto costa la poltrona al protagonista è descritto con opportuni riferimenti a pressioni politiche, interessi di singoli ammanicati, conflitti personali, intrecci di diritto e di raccomandazioni.
A margine, c’è il contorno della vita romana, segnato dai rapporti con il mondo dell’informazione e dai pranzi, momenti essenziali nelle decisioni politiche. Quanto ai tradizionali orari dei ministeriali della capitale e alle variabili maniere poco o punto lavorative per riempire le giornate nei palazzi romani, il sarcasmo dell’autore lascia alcune felici tracce.
Marco Bertoncini, ItaliaOggi 23/9/2015