Luca Gualtieri, MilanoFinanza 23/9/2015, 23 settembre 2015
DALL’ISPEZIONE DEL 2001 ALLE SVALUTAZIONI DEL 2015: GLI ESPOSTI DEI SOCI
La questione del prezzo delle azioni non è nuova a Vicenza, se è vero che la stessa Banca d’Italia la metteva nero su bianco già in un documento ufficiale datato luglio 2001: «Le modalità di determinazione annuale da parte del consiglio del prezzo di emissione e di rimborso delle azioni sociali (...) non sono ispirate a criteri di oggettività, ma esprimono il risultato di un compromesso di valutazioni dei singoli consiglieri, discoste dai conteggi della direzione amministrativa, che già inglobano nel valore prospettato, in aggiunta al patrimonio netto, componenti addizionali in parte stimate». Il documento in questione è un verbale ispettivo stilato dalla Vigilanza nell’estate del 2011 dopo una scrupolosa ispezione condotta dai professionisti Nicola Stabile, Ciro Carrino, Vincenzo Lacroce, Giancarlo Serafini, Lucio Menestrina e Giacomo de Luce. Alla pagina 27 del testo si parla inoltre di una sorta di politica del consenso costruita attorno alla crescita del valore delle azioni, strategia che avrebbe «conseguito lo scopo desiderato, tenuto conto dell’elevato numero di richieste di sottoscrizione in sospeso». Qualche pagina dopo si fa invece riferimento alle dinamiche all’interno del board: «Fatta eccezione per l’avvocato Gianfranco Rigon, vicepresidente fino al 1999, che interviene con frequenza nel dibattito e che ha votato contro alcune scelte compiute negli ultimi anni, non emerge nelle verbalizzazioni l’esistenza di una reale dialettica all’interno del consesso, caratterizzato altresì da uno scarso ricambio». Il verbale è citato in uno degli esposti presentati negli ultimi mesi dai soci scontenti della Bpvi (molti dei quali sono stati assistiti dall’avvocato Renato Bertelle), che sono all’origine dell’inchiesta della Procura di Vicenza. Come il pm Luigi Salvadori, titolare del fascicolo, anche le denunce degli azionisti fanno riferimento all’ipotesi di reato di aggiotaggio in riferimento alla sovrastima del prezzo delle azioni della banca. Il verbale di Bankitalia sarebbe infatti la dimostrazione che «l’inesatta valutazione delle azioni risaliva al 2001», spiega una denuncia, e che di fatto «permase sino al maggio del 2015», quando l’assemblea della banca votò una svalutazione dei titoli da 62,5 a 48 euro che portò il rapporto capitalizzazione-patrimonio a 1,2. Alcuni esposti ipotizzano anche il reato di false comunicazioni sociali (non previsto dalla Procura) in relazione alla valorizzazione degli avviamenti, alla classificazione in bonis di crediti deteriorati e alle rilevanti rettifiche imposte dalla Bce «finalizzate a far approvare bilanci migliorativi», spiega una denuncia. Oltre alla sovrastima delle azioni c’è poi l’altro versante dell’inchiesta, quello cioè relativo all’acquisto dei titoli tramite finanziamenti della banca. Qui la battaglia legale andrà probabilmente condotta in punta di diritto perché la questione non è semplice, come è emerso anche nella recente inchiesta su Veneto Banca. I legali degli indagati potrebbero chiamare in causa lo statuto sociale della Popolare di Vicenza, che all’articolo 20, comma 3 recita: «Le azioni sono in ogni caso, per patto sociale, soggette, fino dalla loro emissione, a vincolo e privilegio in favore della società a garanzia di ogni credito, diretto o indiretto, anche se illiquido, che la società abbia a vantare a qualsivoglia titolo nei confronti del socio». In sostanza, l’accoppiata credito-azioni potrebbe essere presentata non come un illecito scambio di favori, ma come una garanzia prevista dallo spirito mutualistico dello statuto. Va detto che questa clausola non è un unicum di Vicenza, ma compare con alcune varianti negli statuti di numerose popolari, quotate e non: dalla Bper (articolo 19, comma 4) al Credito Valtellinese (articolo 17, comma 3), dal Banco Popolare (articolo 18, comma 4) a Veneto Banca (articolo 19, comma 3).
Luca Gualtieri, MilanoFinanza 23/9/2015