Anais Ginori, Affari&Finanza – la Repubblica 21/9/2015, 21 settembre 2015
FRANCOIS VILLEROY: COMMIS E BANCHIERE, IL GOVERNATORE SCOMODO CHE DIVIDE LA FRANCIA
«Sono sempre rimasto al servizio dello Stato». Con queste parole François Villeroy de Galhau prova a spegnere la polemica che circonda il suo arrivo alla Banque de France. La scelta del nuovo governatore è stata annunciata da François Hollande un po’ a sorpresa l’8 settembre. Da tempo si discuteva del possibile sostituto di Christian Noyer che, dopo dodici anni, è costretto a lasciare una delle poltrone più ambite della République per cause d’età: ha superato i 65 anni, il limite più severo fra quelli previsti nei Paesi europei ( vedere box) per andare obbligatoriamente in pensione. La staffetta nella cassaforte del Paese, rue Croix-des-Petits- Champs, è prevista per il 31 ottobre e negli ultimi mesi la battaglia di candidature era diventata feroce. Tra i favoriti c’era Benoît Coeuré, 46 anni, membro del board della Bce e sostanziale “portavoce” dell’Eurotower di Francoforte (è l’unico a rilasciare interviste a raffica), considerato tra i più stretti collaboratori di Mario Draghi. Ma alla fine Hollande ha scelto Villeroy, a cui lo accomuna una visione politica sostanzialmente comune, sostenuto dal segretario generale dell’Eliseo, Jean-Pierre Jouyet, con il quale ha lavorato nell’ispettorato delle Finanze.
Dopo qualche critica velata, gli oppositori della nomina sono usciti allo scoperto con una lettera aperta pubblicata su Le Monde e firmata da ben 150 economisti ostili alla scelta del capo dello Stato.
Il folto gruppo di personalità del mondo accademico, fra le quali spicca la superstar degli economisti francesi Thomas Piketty, sostiene che «siamo di fronte a un palese e gravissimo conflitto d’interessi»: un’istituzione indipendente che ha per missione il pubblico interesse non può essere guidata da un ex alto funzionario diventato banchiere dodici anni fa. Villeroy è stato numero due di Bnp Paribas fino alla primavera scorsa. Un principio etico seguito da molte altre banche centrali, compresa la Fed, vieta di passare dal settore privato alla banca centrale con tanta facilità. Secondo i firmatari dell’appello, le qualità del candidato sono incontestabili ma il suo passato di banchiere privato lo squalifica, esponendolo appunto al problema del conflitto di interessi. «E’ totalmente illusorio – scrivono ancora gli economisti su Le Mondeaffermare che si può aver servito l’industria bancaria e poi, dopo qualche mese, garantirne la vigilanza con imparzialità e indipendenza». Il governatore designato è stato alla guida della prima banca del paese e ha lasciato l’incarico nell’aprile scorso. Prima di questa incursione nel settore privato, Villeroy, 56 anni, ha avuto però il classico percorso del “grand commis”, passando vent’anni a servizio dello Stato. E’ stato consigliere del premier Pierre Beregovoy, capo di gabinetto di Dominique Strauss-Kahn quando era ministro dell’Economia ( prima di andare a Washington a dirigere il Fondo Monetario), e poi ha diretto l’agenzia delle entrate, un mastodonte di oltre 80mila dipendenti pubblici. Nel 2003, con il passaggio di maggioranza a destra, ha fatto il grande salto nel settore privato: prima alla guida di Cetelem, la società di credito al consumo di Bnp Paribas fino a diventare direttore generale del gruppo con delega al retail in Europa. Negli ultimi anni, Villeroy si è occupato di molti progetti importanti per il gruppo, tra cui la transizione digitale e l’apertura della filiale Hello Bank.
Del suo ritorno al servizio dello Stato si è ricominciato a parlare quando la gauche ha riconquistato il potere. «Non sono qui di passaggio», aveva detto al magazine Challenges due anni fa, smentendo un suo eventuale trasferimento alla direzione del Tesoro. Poi nell’aprile scorso ha invece deciso di dare le dimissioni da Bnp Paribas per occuparsi di una missione sul finanziamento degli investimenti affidatagli da Manuel Valls. Ma a quel punto tutti hanno capito: era la prima tappa di avvicinamento verso la Banque de France. «Non è un banchiere d’affari che passa nel servizio pubblico», precisa Pierre Moscovici, commissario europeo agli affari economici che conosce Villeroy dai tempi in cui studiavano insieme all’Ena, l’università dell’élite. «E’ un uomo del servizio pubblico passato nel privato che adesso torna a casa», precisa ancora Moscovici. Nato a Strasburgo nel 1959, cattolico di sinistra, padre di cinque figli, il governatore designato da Hollande proviene da una ricca famiglia industriale di porcellane - Villeroy & Boch- radicata da tempi antichi nell’est del paese. Grazie alle sue origini, parla perfettamente tedesco ed è sempre stato un grande difensore dell’asse tra Parigi e Berlino. Nel suo ultimo libro “L’espérance d’un Européen”, la speranza di un europeo, difende il modello classico di Stato sociale nonostante i cambiamenti economici dovuti alla globalizzazione. Villeroy è convinto sostenitore delle riforme “liberal” varate dal giovane ministro dell’Economia, Emmanuel Macron. Già nel 2007 aveva partecipato al think tank, les Gracques, che chiedeva una svolta social-liberale del partito socialista. Se sarà confermato nel ruolo di governatore della Banque de France dovrà confrontarsi sistematicamente con il suo ex superiore, il direttore generale di Bnp Paribas Jean-Laurent Bonnafé, con il quale pare non corresse più buon sangue. La sua nomina deve essere convalidata dalle commissioni Finanze delle due camere e per questo i firmatari della lettera aperta lanciano un appello a “respingere la scelta del Presidente”.
La prima audizione di Villeroy è prevista per il 29 settembre e si annuncia tesa come non mai. Una bocciatura è comunque difficile: servirebbero i due terzi di voti contrari. Ma il governatore designato da Hollande potrà essere sottoposto ad un umiliante fuoco di domande. D’altra parte, lui ha rifiutato finora di commentare le critiche e persino la “tribuna” pubblicata da Le Monde, proprio per affidare le sue prime dichiarazioni a deputati e senatori. Con una lettera inviata a Gilles Carrez, il presidente della commissione Finanze dell’Assemblée Nationale, Villeroy ha cercato di anticipare le varie obiezioni. Ha annunciato di aver rinunciato alla buonuscita e alle compensazioni finanziarie previste solitamente per l’incarico che ricopriva in Bnp Paribas. L’alto funzionario s’impegna a cedere le 1555 azioni del gruppo non appena sarà finita la clausola di cessione, nel marzo prossimo. L’altro impegno di Villeroy, forse il più complesso da rispettare, è la promessa di non partecipare ad alcuna decisione della Banque de France che riguardi Bnp Paribas o le sue filiali per due anni dopo le sue dimissioni, ovvero fino al primo maggio 2017. Il nuovo governatore ricorda anche ai suoi detrattori che le competenze della banca centrale sugli istituti di credito sono ormai poche da quando, nel novembre 2014, la vigilanza è stata trasferita direttamente alla Bce. «L’insieme di questi impegni – scrive Villeroy – garantisce che non ci potrà essere, in nessun caso, un qualsiasi conflitto di interessi privato che possa influenzare l’esercizio indipendente, imparziale e obiettivo delle mie responsabilità».
Anais Ginori, Affari&Finanza – la Repubblica 21/9/2015