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 2015  settembre 21 Lunedì calendario

LA CARTA VINCENTE SI CHIAMA UAW IL SINDACATO CHIAVE DELLA TRATTATIVA

Nel momento della necessità, quando terminerà la crescita del mercato Usa dell’auto, chi sarà il medico da preferire? Il sindacato dell’auto americano sta tentando in queste settimane di rispondere al quesito di fronte alla proposta di Sergio Marchionne per un merger tra Gm e Chrysler. L’ad del Lingotto spera che la recente decisione di Uaw di scegliere Fca come interlocutore privilegiato per trattare il rinnovo del contratto sia il segnale che il principale azionista di Gm si fida di lui. Sottotraccia, ma nemmeno troppo, il messaggio di Marchionne è rivolto contemporaneamente ai dipendenti del colosso di Detroit e alla comunità finanziaria. Ai primi propone di operare con cautela nel momento in cui la fusione tra le due case finirà inevitabilmente per creare eccedenze di linee installate. Alla comunità finanziaria lascia trapelare invece un messaggio se non inverso, molto esplicito: la fusione consentirà di realizzare efficienze in grado di aumentare la redditività del nuovo gigante dell’auto. Il messaggio ai dipendenti nasce dal presupposto che la crescita delle quattro ruote nell’area Nafta non potrà proseguire all’infinito. E che, anzi, è destinata ad arrestarsi nei prossimi due-tre anni. Sarà in quel momento che i costruttori si renderanno conto di non essere in grado di finanziare con la cassa delle vendite gli investimenti in nuovi modelli. Sarà allora che diventerà necessario ridurre la capacità produttiva. Sarà allora che, anche senza fusioni, si rischieranno linee di produzione e posti di lavoro. Questo è il messaggio sottotraccia: quel giorno un dipendente Opel sarà più garantito dalle scelte dell’attuale ceo, Mary Barra, o da quelle di Marchionne? L’ad del Lingotto mette sul tavolo la rinascita di Chrysler e la riapertura degli stabilimenti chiusi al momento del fallimento pilotato. Alla comunità finanziaria americana il messaggio di Marchionne è tutto sui margini. Con la fusione, promette il manager, il capitale investito si ridurrà, verrà eliminata la capacità installata superflua e aumenterà la reddività. Le risposte finora sono state scettiche: tra i tre produttori di Detroit, Chrysler è quella che ha i margini più bassi, il 3,75 per cento contro il doppio che riesce a spuntare General Motors. Ma sull’altro piatto della bilancia sta il fatto che Marchionne è ormai il più noto tra i tre amministratori delegati dell’auto. E’ infatti lui ad essere in sella da più tempo, è lui ad avere i rapporti di più lunga data con le istituzioni finanziarie, fin dai tempi in cui era nel board di Ubs. A ben vedere i due messaggi lanciati dall’ad del Lingotto si riducono a una sola frase: “Fidatevi di me”. Presupposto indispensabile, la fiducia, per realizzare quella fusione carta contro carta che sembra al momento l’unica strada percorribile per Torino. Ipotesi che potrebbe consentire a una Exor diluita di avere comunque il pacchetto più grande delle azioni, leggermente superiore all’8 per cento in mano al fondo sindacale Veba, oggi azionista numero uno. E a Marchionne di sostituire Barra alla guida del gruppo auto più grande del mondo. Perché gli azionisti Gm dovrebbero accettare questa proposta? Al di là dell’importante rapporto di Marchionne con i sindacati, i fondi potrebbero considerare utile la presenza di un azionista forte nel gruppo. General Motors è per tradizione priva di una famiglia di riferimento o comunque di un nocciolo duro di azionisti in grado di disegnare strategie di lungo termine. Questa è stata finora la sua forza e il suo punto debole. La forza di un approccio più razionale alle scelte di mercato e la debolezza di una società senza un’identità marcata. L’arrivo di Marchionne potrebbe rovesciare questo schema. E questa rivoluzione, lasciano intendere al Lingotto, potrebbe finire per aumentare la redditività complessiva della nuova società. Esiste naturalmente l’altra faccia della medaglia. Per quale motivo una company che capitalizza tra le tre e le quattro volte rispetto a Fca dovrebbe fondersi con un socio che ha una reddività dimezzata? I tempi dell’operazione non sono lunghi. Difficilmente Marchionne potrà presentare un’offerta a Gm prima di gennaio quando si sarà realizzato lo spin off di Ferrari e si capirà finalmente quanto vale il titolo Fca. Liberatasi dello schermo del Cavallino e in attesa dei primi effetti del lancio della nuova Giulia sul mercato, l’azione Fca diventerebbe la leva con cui effettuare il merger. Marchionne ha ripetuto più volte che intende operare amichevolmente e non ha nessuna volontà di lanciare un’opa ostile. Ma la vera pressione sull’attuale board di Gm potrebbero esercitarla gli azionisti o almeno una parte di loro. In queste settimane Marchionne e John Elkann tengono i contatti per provare a sferrare l’attacco al momento giusto. Mary Barra, Ceo della General Motors, il maggior gruppo americano dell’industria dell’auto Dennis Williams, capo della Uaw, il sindacato americano dell’auto.
Paolo Griseri, Affari&Finanza – la Repubblica 21/9/2015