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 2015  settembre 23 Mercoledì calendario

MARINO, IL RITORNO IN PENNSYLVANIA, DOVE LITIGO’ PER I RIMBORSI

Chissà se, nel suo secondo viaggio in poco tempo in America, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, avrà delle reminiscenze. E chissà se gli tornerà in mente la sua vecchia vita di cardiochirurgo, più precisamente di direttore di uno dei centri di trapianti più importanti d’Europa, l’Ismett di Palermo, fondato dallo stesso Marino in collaborazione con l’Upmc (University of Pittsburgh Medical Center) della Pennsylvania, Ateneo in cui l’attuale primo cittadino ha lavorato per parecchi anni.
Esperienza disastrosa conclusasi nel peggiore dei modi, e cioè con l’accusa al medico chirurgo di aver truccato i suoi rimborsi spesa. Tutto inizia il 7 settembre del 2002, giorno in cui, inaspettatamente, Marino lascia la guida dell’Ismett per via, afferma, di «importanti ragioni di carattere personale». Ma dietro quella rinuncia c’è ben altro. Il 6 settembre 2002, infatti, il giorno prima delle sue dimissioni, l’amministrazione dell’Upmc spedisce a Marino una durissima missiva con la quale, ponendo condizioni capestro, chiude con lui ogni tipo di rapporto lavorativo e lo accusa di aver compiuto delle irregolarità amministrative. Nella missiva, Jeffrey A. Romoff, presidente dell’Upmc, dopo aver premesso che Marino non riceverà più nessun «compenso, prebenda e benefit», aggiunge che, essendo emesso da un controllo che il chirurgo «ha presentato la richiesta di rimborso di determinate spese sia all’Upmc di Pittsburgh sia alla sua filiale italiana», si è provveduto a mettere in atto delle verifiche che hanno consentito di scoprire «una serie di richieste di rimborso spese deliberatamente e intenzionalmente doppia» pari a «circa 8 mila dollari», già quasi tutte pagate sia dall’Upmc che dalla filiale palermitana.
Accuse gravissime che spingono l’Ateneo a chiedere a Marino «di rinunciare a qualsiasi pagamento erogato dall’Upmc o dall’Upmc Italia ai quali avrebbe altrimenti diritto, compresi lo stipendio per il mese di settembre 2002 e il pagamento per qualsiasi giorno di vacanza, permesso o malattia accumulato» e anche «a ogni diritto contrattuale per il trattamento di fine rapporto che potrebbe ottenere in seguito alle dimissioni».
Richieste lette, accettate e sottoscritte dallo stesso chirurgo. Ma non è finita. Nel 2009, infatti, Il Foglio pubblica la lettera dell’Upmc e Marino è costretto a replicare. Lo fa parlando di «polemiche create ad arte» e «normale corrispondenza di fine collaborazione».
Quanto all’accusa grave dei doppi rimborsi, il futuro sindaco sottolinea che fu lui stesso ad accorgersi «di alcune imprecisioni e a comunicarle all’amministrazione» dell’Upmc, e che comunque il suo avvocato aveva rettificato, in un’altra lettera, il contenuto della prima. Giustificazioni rispedite subito al mittente da Paul Wood, responsabile pubbliche relazioni dell’Ateneo, il quale sottolinea innanzitutto che la lettera che ufficializza la fine di ogni legame professionale non è affatto un documento «standard di conclusione di rapporto» e che comunque «le irregolarità nella gestione finanziaria furono portate alla luce dal servizio di audit di Upmc e non dal Dr. Marino» e «poste in essere in modo intenzionale e deliberato» e «ripetuto nell’arco di molti mesi».
Quanto alle rettifiche del legale di Marino, per l’Upmc si tratta solo di una «corrispondenza che specificava come sarebbero state attuate le condizioni di fine rapporto», visto che Marino aveva accettato tutte le condizioni poste dall’Upmc, compresa la rinuncia a «qualsiasi tipo di collaborazione professionale con Upmc e le proprie affiliate». Così è (se vi pare).