Roberto Giardina, ItaliaOggi 22/9/2015, 22 settembre 2015
UNA BOTTA PER IL MADE IN GERMANY
Berlino
Una notizia che ferisce l’orgoglio nazionale. Lo scandalo della VolksWagen va al di là del diretto danno economico. Il marchio, insieme con la stella a tre punte della Mercedes, è un simbolo della rinascita tedesca dopo la guerra e della sua potenza economica. «La più grande e costosa idiozia della storia,» commenta il quotidiano «Die Welt» nell’edizione online. In poche ore il titolo della «casa» di Wolsburg ha perso il 23 per cento, da 167 euro a 125, per poi recuperare qualche punto in chiusura.
Una perdita pari a 15 miliardi di euro, quasi esattamente la multa che rischia la VW negli Stati Uniti, che potrebbe raggiungere i 18 miliardi di dollari. Una trentina di miliardi di euro, quanto basta per nutrire e assistere un milione di profughi per tre anni.
La popolare «Bild», 12 milioni di lettori, apre la sua prima pagina, e si chiede: «La VW ha truffato anche in Germania?»
La VW era in base alle quotazioni la società tedesca che «valeva» di più, ieri dopo il crollo è stata superata dalla Daimler.
Sotto accusa, ovviamente, il capo della VW, Martin Winterkorn: «Ammetto le nostre responsabilità», ha dovuto dichiarare, per poi promettere che tutto verrà chiarito. «Ma il primo responsabile è lui», lo attacca Ferdinand Dudenhöffer, dell’Università di Duisburg, considerato uno dei più seri esperti dell’industria automobilistica. Winterkorn è direttamente responsabile del reparto «ricerca», e quindi non poteva ignorare il «trucco» praticato in America, conclude.
Sotto la guida di Winterkorn la VW aveva raggiunto il record di vendite di tutti i tempi. Messo sotto accusa per il suo contratto, 16 milioni di euro all’anno, aveva risposto con arroganza: «Mi merito fino all’ultimo cent.» Se ieri era merito suo, oggi la responsabilità dell’accaduto è personale.
Lo accusano anche da Berlino. «Un fatto inaccettabile», commenta il vicecancelliere, il socialdemocratico Sigmar Gabriel. E chiede un chiarimento immediato: il contraccolpo riguarda non soltanto l’industria automobilistica, ma tutto il Made in Germany, che si fa da sempre vanto della sua qualità e della sua assoluta correttezza.
Il governo ha il diritto di controllare direttamente: la VW è di fatto l’unica grande azienda quasi pubblica. Il Land della Bassa Sassonia ha una quota di oltre il 25 per cento nella «casa», e sceglie i suoi rappresentanti nel consiglio direttivo e di sorveglianza.
Il primo ministro del Land, il socialdemocratico Stephan Weil, che siede in direzione, attacca con durezza: «La manipolazione è inaccettabile, e non può essere giustificata in nessun modo.»
E chiede un’inchiesta immediata anche il Consiglio di Fabbrica, che ha sua volta rappresentanti in direzione.
Un sindacato interno che da sempre cogestisce la conduzione aziendale: non interviene nella scelta tecniche, ma ha contribuito a superare i momenti critici, accettando riduzioni di salario concordate, o straordinari non pagati.
Winterkorn, 68 anni, non dovrà rispondere solo ai suoi azionisti, ma all’opinione pubblica nazionale, commenta la «Süddeutsche Zeitung».
Roberto Giardina, ItaliaOggi 22/9/2015