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 2015  settembre 22 Martedì calendario

C’È UN SACCO DI GENTE FUORI DI TESTA

[Intervista a Giovanna Nuvoletti] –
Giovanna Nuvoletti, 73enne, milanese, fotografa e poi giornalista e scrittrice per Fazi, che le ha editato, tra gli altri, L’era del cinghiale rosso, romanzo ambientato nella vipperia politica di Capalbio, Nuvoletti, dicevamo, è assai presente sui socialnetwork e sul web. Ci si è avvicinata perché, alcuni anni fa, improvvisamente, una malattia le ha provocato una grave lesione all’orecchio.
Fatto che le ha reso impossibile andare al cinema o guardare la tv. Una frequentazione, quella della Rete, che l’ha spinta, due anni fa, a fondare una rivista online, LaRivistaIntelligente.it, «come intrattenimento di qualità: intenso e insieme leggero, letterario senza essere accademico, appassionato senza essere melenso. Mai offensivo». Su Twitter, Nuvoletti distilla perle di saggezza: «Gli haters (gli odiatori, ndr) sono come una nebulosa, come ’berlu/veleno’ ai bei tempi per farci uscire di cotenna, come ’salvinigrillo’ spray. Ma io non odierò», ha cinguettato due giorni fa.
Domanda. Nuvoletti, questo paese sembra sempre in bilico, fra i cupi pessimisti, talvolta, gli odiatori a cui si riferiva nel tweet, e chi guarda con speranza al futuro. E Internet sembra sovrabbondare di questi sentimenti contrapposti.
Risposta. Il mio osservatorio sono i socialnetwork, che frequento, legati ai miei gusti e ai miei interessi. Nel web, è chiaro, i troll fanno discorso distruttivo, maleducato, che ha più visibilità del discorso educato.
D. Ricordiamo che «troll» sono quanti su Twitter e, per estensione in Internet, fanno largo uso di violenza verbale. Che cosa nota, in particolare?
R. Succede anche fuori dalla Rete. Accendi la tv ed è piena di gente fuori di testa. Beh, io sono dalla parte della speranza: a 24 anni vidi mia madre morta per terra, in una stanza invasa dal gas, ho avuto una vita non facile, figurarsi se posso permettermi di non essere ottimista. Certo che lo sono, sto con quanti ragionano davvero, perché hanno cuore e cervello in sintonia.
D. Che segnali vede in giro?
R. La tv la metto con senza audio per la mia malattia, ma mi colpiscono molte cose, a partire dal giornalismo, la mia professione, che si è ammalato, che insegue le bufale, in modo disgustoso, anzi riprende le bufale del web, montate con malizia per sostenere posizioni politiche.
D. Diversi dalla sua Rivista Intelligente.
R. L’ho fondata per scherzo, con un tono non serioso, non moralista, e che non diffondesse odio.
D. Siete sempre d’accordo in redazione?
R. No, ci sono opinioni diverse, ma la cosa più importante è il linguaggio, nel web deve avere incisività, anche se non è obbligatorio dover leggere parole aggressive, che vengono dalle budella. E per questo ho cercato persone molto brave nell’usarle, in letteratura costume, arte.
D. Nella rete però la violenza verbale è all’ordine del giorno. Qualcuno sostiene che sia la spia del molto veleno che circola nelle vene di questo paese. Non è che rischiamo di tornare alla violenza degli anni ’70, che lei ha fotografato? O il terrorismo che abbiamo avuto dopo ci ha immunizzato?
R. Chi ha visto il sangue scorrere non ci ricasca. La violenza verbale è uno sfogo per teste di cazzo, mi scusi il francesismo, per idioti. Anzi mi rimanda, più che agli anni ’70, a venti anni prima.
D. E perché?
R. Negli anni 50 ero una ragazzina e vivevo a Milano. E a volta, mi trovavo a passare da certi vicoli in cui i muri erano pieni di disegni osceni e parolacce. Non mancavano neppure quelli che, con faccia da ebete, tiravano fuori il pene.
D. Esibizionisti.
R. Ecco quelli che in Internet fanno i bulli e i violenti sono un po’ come quegli esibizionisti di allora. Soli, con un pene molliccio, nascosti dall’anonimato. E comunque la volgarità repressa si era già notata quando Radio Radicale aprì i microfoni.
D. Radio parolaccia.
R. Sì, si sentì gente col male dentro, invidiosi, cretini che dicevano cattiverie.
D. Insomma, anche oggi, questo fenomeno non [ l’anticamera della violenza vera.
R. Non credo. E d’altra parte le Brigate Rosse erano tutt’altro che volgari, scrivevano dotte analisi contro lo Stato imperialista delle multinazionali. E invece erano fottutissimi assassini, con le mani luride di sangue.
D. Qualcuno non lo credeva.
R. Non io. Eravamo amici di Emilio Alessandrini, magistrato di sinistra, persona meravigliosa, ucciso da Prima Linea. Ho odiato i suoi assassini. E d’altra parte...
D. D’altra parte?
R. Il giorno del rapimento di Aldo Moro e in quello della sua uccisione io piangevo, e ci furono persone, che si credevano di sinistra, che invece festeggiarono. Non pensai mai che fossero compagni che sbagliavano. Non erano della sinistra, ma feccia dell’umanità.
D. Oggi nessun pericolo dunque?
R. Ce ne sono. Parole cattive, in genere, portano azioni cattive ma non credo che sia immediato. Certo, le espressioni, dei vari Beppe Grillo e Matteo Salvini, ma anche di personaggi come Andrea Scanzi, che, con la sua bella boccuccia, sparge veleno con grazia estenuata, queste espressioni, dicevo, hanno una grande visibilità ma la vistosità del veleno non ha la forza, la profondità, la potenza del bene, scusi la parola.
D. Lei da che parte sta?
R. Ah io mi sono schierata decisamente dalla parte del «bene», lo dico per scherzo, ma ci credo al progetto di costruire speranza per quanto piccola. I pezzi che scriviamo, le immagini che pubblichiamo nella rivista vanno in quella direzione, siamo un po’ come i Blues Brothers, al lavoro per conto del bene. Rido, ma mi piace.
D. Dicevano «in missione per conto di Dio».
R. Lo so ma, siccome il mio dio è un po’ vago, diciamo «bene». Il senso del bene è molto anticonformista.
D. Chi lo rappresenta oggi in Italia?
R. Le persone sensate. Pecore matte che si vedono poco, che lavorano, che creano. Vecchie signore andicappate come me, e c’è chi mette in piedi fabbriche nuovissime, chi fa arte e persino chi fa politica. Pochi, in verità. Persone normali.
D. Ci vorrebbero degli intellettuali, anche.
R. Non credo degli intellettuali, credo negli intelligenti. Non ho mai creduto negli intellettuali, anche se ho conosciuto Eugenio Montale, di cui avevo una venerazione, o Vittorio Sereni, i poeti di quegli anni, che ho studiato a memoria.
D. Cosa la colpiva?
R. La bellezza.
D. E c’era qualcuno che, invece, non le piaceva?
R. Trovavo Pier Paolo Pasolini fantastico come regista, ma barocco nella scrittura e anche così reazionario. Un grande uomo, intendiamoci.
D. Altri che non la esaltavano?
R. Provavo una notevole antipatia per Alberto Moravia.
D. Ed Enzo Siciliano, che era del medesimo giro?
R. Siciliano? Ma era così bello, in Via Veneto, con quella moglie, bellissima anche lei. Pareva un ragazzino. E, a uno così, si perdona tutto via. Piuttosto detestavo l’accademia, ho sempre considerato poco positivamente la gente che se la tirasse. Infatti mi piaceva la Commedia all’italiana.
D. Scelta poco accademica, infatti.
R. Amavo Brancaleone, Il sorpasso, C’eravamo tanto amati.
D. Cinema meno impegnato...
R. Ma no, Brancaleone, con la cultura sterminata che conteneva, era un capolavoro.
D. Torniamo al punto di partenza: chi sono gli odiatori oggi?
R Vedo la Lega e i cinque stelle esercitarsi molto nei messaggi di odio negli insulti. Ma il linguaggio di provocazione lo ha immesso in Italia più Silvio Berlusconi, con un lucido progetto di rimbambimento degli avversari. Che spesso ci sono cascati, diventando lividi nemici, dai cervelli obnubilati dal non mai abbastanza deprecato odio.
D. Dove ravvisa la speranza guardandosi intorno?
R Mah, più a livello personale, trovo molte persone che ragionano bene e civilmente. Molti che addirittura cambiano opinione, e vengono verso di me, storicamente considerata una ingenua pirla.
D. In politica, il premier Renzi si richiama spesso a questa antinomia, fra chi vuole andare avanti e costruire, e chi invece si sofferma sulle criticità, solo perché inverano la loro analisi del presente. Lui li chiama gufi. Secondo lei esistono o è un artificio di comunicazione politica?
R Per me dice cose giuste, abbastanza giuste. Io stessa ormai incontro solo o gufi furiosi, o angelotti speranzosi e Renzi non è austero o simpatico. O qualunque altra cosa sia piaciuta agli elettori finora. È un fiorentinaccio sicuro di sé, buffo, arrogantello. Ma...
D. Ma?
R. Ma mi sembra cerchi di realizzare il progetto Pd, e quello che Walter Veltroni aveva detto di voler fare e non ha fatto. E credo che l’odio che lo circonda e le bufale che vengono inventate contro di lui siano dovuti alla paura di grandi e piccoli privilegiati, di lobbine e lobbone, di sederi parati di ogni livello, che si vedono a rischio di essere scalzati. Poi, sbaglia anche lui. Ma almeno ci prova.
Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 22/9/2015