Luca Bianchin, La Gazzetta dello Sport 22/9/2015, 22 settembre 2015
SAPONARA: «IO, UN MANIACO CHE ALLA SERA ALLENA LA MENTE COME CONTE»
Il perfezionismo è una piacevole condanna: ti migliora ma ti costringe a lavorare. Riccardo Saponara alle 10 di mattina, quando altri calciatori dormono, è in palestra e alle 10 di sera, quando qualcuno passa da un film alla PlayStation, fa esercizi di visualizzazione. Non piacerà ai grandi sponsor — quelli di solito cercano i ribelli — però serve: Saponara ha tre gol in quattro partite e un futuro azzurro. Non Empoli, non Napoli: azzurro Nazionale.
A Empoli si dice che Saponara è tranquillo, un anti-personaggio. Tutto vero?
«Sono un ragazzo che ha una passione e la coltiva. Resto al campo dalle 9.30 alle 12, poi dall’una e mezza alle cinque, anche se non c’è allenamento: lavoro in palestra e sul campo. Non merito l’immagine classica del calciatore superficiale, sono maniacale».
Che significa?
«La sera lavoro mentalmente: guardo video e faccio visualizzazione. Cerco di farmi trasportare mentalmente verso i miei obiettivi, visualizzo gli avversari e quello che vorrei fare in campo».
Non c’è la sensazione di buttare gli anni migliori senza divertirsi?
«Io so che raggiungere i miei obiettivi mi realizzerà. Voglio talmente tanto il successo da essere disposto a fare molti più sacrifici del normale. Se avessi un’altra vita, la vorrei ancora così».
Mai trovato un compagno simile?
«Rugani. Lui iniziava l’allenamento sudato: aveva già fatto un paio d’ore da solo».
Rugani però fa panchina alla Juve, come Saponara al Milan. Perché non ha funzionato?
«Mi serviva tempo, mi serviva giocare. La gente non sa che è difficile dimostrare tutto in pochi minuti».
Che si prova ad ascoltare i tifosi del Milan? Tutti criticano la società per aver venduto Saponara per 4 milioni.
«Aumenta il mio rammarico. Da tifoso e sognatore milanista volevo fare bene, ma ero come impotente. Mi aveva voluto Allegri, senza di lui è stato più complicato».
Battuta letta su Twitter: «Sarri è sulla strada della guarigione. Pare siano passati due giorni senza che abbia nominato Saponara». Quanto è stato vicino l’accordo?
«Napoli è stata l’unica possibile operazione della mia estate. L’Empoli ha rifiutato e io non ho dovuto decidere».
Perché, ci sarebbero stati dubbi?
«Beh, sarebbe stato difficile rifiutare. A Empoli sto benissimo ma Napoli è una piazza grandiosa».
L’addio a Empoli a giugno però sembra inevitabile. Preferenze?
«Italia o estero, conta il progetto migliore. Mi piacerebbe solo terminare la stagione qui».
Quante possibilità ci sono che l’Empoli si salvi? E il Napoli di Sarri, che farà?
«Il Napoli finirà tra le prime tre, per l’Empoli direi 70%. La squadra è migliore di un anno fa, abbiamo margini».
Chi può crescere così tanto?
«Zielinski. Pucciarelli. I tre vertici bassi: Diousse, Ronaldo e Maiello. Giampaolo è un grande allenatore, con doti umane. Io voglio superare i 10 gol ma a dire la verità punto a 15, anche per ringraziare l’Empoli. Mi hanno dato fiducia quando giocavo male, malissimo. Ora vado meglio…».
A proposito, pronto per la Nazionale?
«Sì, mi sento cresciuto. Penso di essere pronto e non nego di sperare in una chiamata, questa volta o la prossima».
Paragoni spesi nei ritratti su Saponara: Soriano, Zidane, Kakà. Da 1 a 10, quanto vi somigliate?
«Con Soriano e Zidane pochissimo, diciamo 2. Kakà come movenze è il più vicino, però lui resta un alieno».
In campo, tutto chiaro. E fuori?
«Mi piace leggere, vorrei studiare inglese e imparare qualcosa di cucina».
Libri preferiti?
«“Padre Ricco Padre Povero”. “Bianca come il latte, rossa come il sangue”. “Il tempo che vorrei” di Fabio Volo perché parla del legame con un papà, racconta delle occasioni che si hanno nel dimostrare affetto. Mi ci sono rivisto, io con il mio ho un ottimo rapporto anche se in chiave malinconica, in un mare di imbarazzo. Mi ha messo lui in contatto con il calcio, mi ha dato l’occasione di costruirmi un sogno e una carriera. Mi è sempre stato vicino, senza farlo pesare».
Finale con un esperimento: tre domande fatte da tre ex compagni di spogliatoio. La prima è di Cristiano Mingozzi: «Riccardo, che cosa rimane degli anni di Forlì e di Ravenna?».
«Il mister mi ha allenato agli Allievi: con lui ho giocato le prime partite vere. Ricordo quelle, i panini mangiati in macchina dopo la scuola e i pomeriggi persi dai miei genitori per accompagnarmi all’allenamento. Poi Eldo Bencini, un talent scout che mi portò quasi fisicamente al Ravenna, e lo studio alle 9 di sera con mia mamma. Ovviamente, ricordo i viaggi in treno con Valdifiori».
Quali viaggi?
«Il sabato tornavamo in Romagna dopo aver giocato a Empoli, lui in B, io in Primavera. La domenica, stesso treno di ritorno. È stato il primo compagno diventato grande amico».
Seconda domanda, Devis Mangia. «Io l’ho sempre detto: se Saponara sta bene dentro, gioca bene. Riccardo, quanto sei felice?».
«Sto molto bene. Ho appena dedicato un gol a una persona speciale, entrata un anno fa nella mia vita: con lei vorrei condividere momenti buoni e cattivi delle rispettive vite e carriere. L’ho incontrata nel momento peggiore, quando mi sono fatto male al ginocchio. Io e lei lo diciamo sempre: è stato il fato.».
Chiude Fabio Borini, a tradimento. «Riccardo, quando la smetti di fare la faccia da finto modello su Instagram?».
«Ma dai, io vanitoso? Ehi, ma l’avete visto Tonelli…?».