Giuliano Ferrara, Rolling Stone settembre 2015, 22 settembre 2015
SIGNORA MIA, CHE CALDO!
Dicono che il caldo di luglio, effettivamente fenomenale, dipendeva dal riscaldamento globale, e sostengono che luglio non fu mai così crudelmente rovente dal luglio l880. Però faceva caldo in città e in campagna, oh yes, ma in Corsica, in barca, ho dormito con la copertina, perché il vento locale e la locale aria di mare contrastavano il fenomeno globale. Anche sui monti dell’Amiata o in Engadina, per non dire delle solite Dolomiti, spirava un’arietta fresca deliziosa. Poi è arrivata la famosa rottura dei tempi, a mezzo agosto, che al meridione chiamano “capo d’inverno”, e le temperature sono calate ovunque per l’alternanza di alte e basse pressioni, per i temporali locali eccetera.
Mi sono giusto ricordato dell’estate scorsa, 2014. Il globale non so, ma localmente in Maremma e anche in città faceva un fresco delizioso, si stava bene a lavorare, a leggere, a studiare anche sotto il glicine esposto a Sud, anche nelle ore più ostiche del meriggio. La sera e la mattina, poi, non ne parliamo. Mi svegliavo di molta buonora, mi mettevo in giardino e vestivo un maglioncione di shetland, dico di shetland, perché il globale non so, ma dalle sei alle otto e mezzo-nove, ci voleva la lana di pecora, localmente dico, cioè da me, dove stavo io. Ed è così, per me, da 63 anni, da quando sono nato: ci sono estati in cui si soffre molto il caldo ed estati fresche, anche molto fresche. E questo racconto me lo sentivo fare da genitori e nonni, e nulla è mai veramente cambiato, dico localmente, perché globalmente chissà.
E allora, se non è cambiato il mio mondo reale, che cosa è cambiato? Il sole ci mette del tempo, molto tempo sulla scala delle generazioni, a cambiare assetto e a produrre strani effetti. L’atmosfera è grande e grossa, sa badare a se stessa e sa tappare i suoi buchi nell’ozono. Il creato, che ora il Papa tratta con argomenti da rapporto dell’Onu, ha qualcosa di metafisico, di misterioso, qualcosa che si vede a occhio nudo, è un open secret, basta sollevare gli occhi al cielo e guardare le nuvole o le stelle o la Luna. Si intuiscono certe distanze, certi vuoti cosmici per così dire incolmabili, certe rifrazioni assai veloci, e una certa aura di eternità, roba che solo nel Paradiso di Dante Alighieri ha trovato una provvisoria spiegazione per noi umani, con l’aiuto di Beatrice e di san Tommaso. Per me il locale è quello che mi procura affezioni dirette, caldo freddo tiepido stagioni altri cambiamenti eccetera, e il globale è il creato, appunto, la carta misteriosa di quanto gli astronomi nominano e descrivono, magari comprendono, ma senza poterlo afferrare e ridurre a una qualunque misura computabile.
L’unico cambiamento possibile è dunque quello virtuale, di cultura, di religione, e se la scienza si fa religione, dogma, sia pure sotto la forma dell’opinione, allora devi sentire come tale il caldo globale, piangere con i pinguini, vedere i movies catastrofici e soffrirne, votare per quell’imbecille di Al Gore, devi sorbirti ogni sorta di castroneria spacciata per sapere assoluto, misurabile sulla scala di secoli, millenni e centinaia di migliaia se non milioni di anni. Devi fare a fidarti, e pensare che il livello delle acque ti minaccia, che l’Artide si scioglie anche se l’Antartide si consolida, e abbeverarti alla sorgente delle photo-gallery che l’informazione virtuale ti propina per distrarti dalla insostenibile pesantezza e verità della realtà con montagne di ghiaccio che si sciolgono e altri spettacoli monumentali.
Io sono per i mercati globali perché hanno arricchito il mondo nonostante le crisi e ridotto la povertà, e sono quantità computabili. È un globale terrestre, geograficamente circoscritto. Il globale ideologico che non capisco è quello creaturale, cosmico, o anche solo (solo!) quello del sistema solare. L’idea, la sola idea che le nostre ridicole ciminiere, puzzolenti e inquinanti quanto volete, possano influire, magari insieme alle emissioni che vengono dal culo dei nostri jet, sul Sole e sull’atmosfera, mi fa impazzire per la sua stupidità. Eppure è questo, apocalittico, il globale che piace. Uno sente caldo, come succede sotto il Solleone, e gli spiegano che il cosmo sta bruciando, il sistema di pianeti che gira intorno alla stella solare è impazzito, la Terra è in estinzione. Non importa che l’estate scorsa fosse fresca, la demenza globale non si diffonde in particolari e dettagli.