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 2015  settembre 22 Martedì calendario

L’ASSASSINO NON PUO’ MORIRE. DIABOLIK, UNA SERIE IN ARRIVO – 

Non cambia mai, neanche di una virgola, da più di cinquant’anni. È incredibile, improbabile e piena di ingiustizia. Non è la Repubblica italiana, ma uno dei fumetti più fortunati di sempre: Diabolik. Sky lo tramuterà in una serie ambiziosa, co-produzione internazionale e 13 episodi. Messa in onda 2016/2017. Chissà se, all’estero, la fascinazione per un prodotto così immutabile sarà analoga a quella riscontrabile in Italia, dove del resto ciò che sembra cambiare e non cambia mai conquista quasi sempre la maggioranza. Più che “Il Re del Terrore”, titolo del primo albo uscito nel novembre del 1962, Diabolik è un mistero (commerciale).
Tradotto in più parti del mondo, ideato dalle sorelle Giussani e caratterizzato da un formato iper-tascabile (12×17 cm), Diabolik esce tre volte al mese: l’albo inedito il primo del mese, la prima ristampa il 10, la seconda ristampa (denominata “Swiisss” come il rumore dei coltelli lanciati) il 20. Più due “Grande Diabolik” l’anno. Sempre per la casa editrice milanese Astorina, che probabilmente non riesce a spiegarsi neanche lei il successo. Negli anni Diabolik è diventato film (regia di Maria Bava), videoclip (il figlio Lamberto curò un progetto dei Tiromancino in cui Eva Kant era Claudia Gerini), parodia (Dorellik). È entrato nell’immaginario collettivo. Perché, 53 anni dopo, Diabolik vive e lotta – e più che altro uccide – in mezzo a noi? Inizialmente fece leva sul suo essere politicamente scorretto: un antieroe feroce, di cui non si sapeva quasi nulla. Sei anni dopo l’uscita, gli autori raccontarono (in Diabolik chi sei?) qualcosa del suo passato. Sopravvissuto in fasce (evento di per sé probabilissimo) a un naufragio, l’imberbe serial killer viene cresciuto da un’allegra congrega di malviventi al soldo di King, che Diabolik ripagherà uccidendolo e appropriandosi del nome che King aveva dato a una pantera. In un crescendo di eventi oltremodo credibili, Diabolik saltella dall’Oriente (il lisergico Deccan) all’Occidente (la rutilante Clerville), apprendendo – da vari contrabbandieri e zozzoni – cose che nella vita di tutti i giorni servono moltissimo: come seminare il nemico, come lanciare coltelli, come ipnotizzare un prigioniero. E come costruire invenzioni al cui confronto Asimov era un emulo verista del Verga.
Col tempo, più che la novità, a rendere appetibile il fumetto è diventata la consuetudine: il sempiterno fascino del male. Oltretutto Diabolik è cool, molto cool: non solo non invecchia, che per un antieroe di carta è normale, ma veste pure tipo Eric Clapton a fine Anni Ottanta e guida una sobria Jaguar E: auto che ovviamente in città conoscono tutti, e Clerville (ispirata a Parigi) non è neanche una megalopoli, eppure le forze dell’ordine non lo acchiappano mai. E se lo acchiappano, lui fugge subito. Ne consegue che il sadismo non è tanto quello di Diabolik ed Eva Kant, quanto quello degli sceneggiatori nel tratteggiare il tontissimo ispettore Ginko. Un pover’uomo mosso da nobili intenti e sempre sconfitto, appesantito da sensi di colpa per il suicidio del migliore amico Gustavo Garian e accompagnato (almeno quello) dalla fighissima Altea.
Ginko – “Rinko” in una caricatura di Teocoli – è l’ispettore più bravo di tutti (figuriamoci gli altri), capace di farsi fregare da 53 anni nello stesso modo dalla stessa persona. Ogni mese la storia va più o meno così: arriva un riccone citrullo con la fregola di fare una mostra a Clerville (o luoghi vicini tipo Ghenf o Lampea), e già qui c’è del masochismo titanico nello scegliere proprio Clerville; polizia e museo garantiscono che “il sistema di sicurezza è assolutamente infallibile”; Diabolik, grazie a tecnologie pazzesche e con le sue maschere in pura resina vegetale provenienti dalla nota isola di Bo-Tang (popolata da fan di Diabolik, e non è una battuta), si sostituisce al babbeo di turno e ruba tutto; Ginko ci rimane male; Diabolik ed Eva Kant se la godono. Sempre così. Strada facendo gli autori hanno reso Eva meno subalterna e Diabolik meno sanguinario, ma neanche poi tanto: nel numero inedito in edicola, Morte in alto mare, Diabolik ammazza a sangue freddo un poliziotto corrotto che aveva già confessato. Il punto fermo della serie è che Diabolik è un genio, sì, ma tutti gli altri son bischeri parecchio.
Viene poi da chiedersi perché ogni mese Diabolik avverta il bisogno di rubare diamanti “unici” (che poi, se sono unici, come fanno a essere così tanti?), tenendo conto che i soldi ormai neanche sa più dove metterli. Infatti è pieno di rifugi segreti e, nei ritagli di tempo, si allena col pentothal o si esercita nelle 757 specialità paralimpiche di criminalità in cui eccelle: tagliatore di pietre preziose, abile trasformista, finissimo stratega. Eccetera. Se ogni fumetto diventa col tempo ripetitivo e per nulla credibile, Diabolik esagera. E chissà come faranno quelli di Sky a convincere un americano che quel tizio lì non è un lestofante sopravvalutato, agevolati da avversari scemi e aduso a indossare calzamaglie appena equivoche, ma addirittura un mito nazionale. Eppure, ed è poi la cosa più importante, Diabolik– misteriosamente – funziona. Ogni volta. Anche se è sempre uguale, anche se sai per filo e per segno come andrà e finirà. Se vi capiterà di ricominciare a leggerlo dopo averlo abbandonato per anni, e a chi scrive è capitato, probabilmente non saprete più smettere. Quando ciò accade, vuol dire che sceneggiatori e disegnatori sono bravi. Molto bravi. Ed è questo il caso.