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 2015  settembre 20 Domenica calendario

LA MANOVRA IL DEFICIT POTRÀ AUMENTARE DI 17,9 MILIARDI NEL 2016 PER SPINGERE LA CRESCITA

ROMA Nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015 (Def), che punta alla crescita economica e alla riduzione della pressione fiscale, vengono riviste al rialzo, per la prima volta dal 2010, le stime del Prodotto interno lordo: aumento dello 0,9% nel 2015 e dell’1,6 nel 2016 (contro lo 0,7% e 1,4 stimati ad aprile). Anche le proiezioni per gli anni seguenti sono più positive. E per il 2016 è confermato l’inizio della traiettoria di riduzione del rapporto debito pubblico-Pil dopo 8 anni di crescita: nel 2015 arriverà al 132,8%, nel 2016 al 131,4 e quindi via via fino al 119,8 nel 2019. Sul fronte dell’indebitamento netto della Pa il prossimo anno il governo prevede un risultato pari al 2,2% sul Pil rispetto all’1,8 previsto 5 mesi fa. Ma questo valore salirebbe fino al 2,4% se l’Ue riconoscesse un margine di flessibilità a compensazione delle spese e dell’impatto dell’ondata di immigrazione. Il deficit 2016 potrebbe salire quindi complessivamente di 17,9 miliardi rispetto al tendenziale. Il pareggio strutturale di bilancio slitta al 2018 .

Spesa pubblica in calo del 3,4%
Un capitolo importante della legge di Stabilità riguarda la flessibilità: rispetto all’andamento tendenziale, infatti, l’indebitamento potrà aumentare di oltre un punto di Pil fino a un importo massimo di 17,9 miliardi nel 2016 (che include, ove riconosciuti in sede europea, i margini di flessibilità correlati all’emergenza immigrazione fino a un importo di 3,3 miliardi). Non meno rilievo ha la spending review per raggiungere «una maggiore efficienza» e spendere le risorse disponibili «verso finalità coerenti con una politica economica di lungo periodo». In questa direzione va la riduzione della spesa pubblica che diminuirà di 3,4 punti percentuali sul Pil in 4 anni: dal 46,6% di quest’anno al 43,2 del 2019. Inoltre il governo promette il prossimo anno «misure di alleviamento della povertà e stimolo all’occupazione, agli investimenti privati, all’innovazione, all’efficienza energetica e alla rivitalizzazione dell’economia anche meridionale», oltre al sostegno «a famiglie e imprese».

Dal prossimo anno addio a Imu e Tasi
Nella prossima manovra, il governo prevede l’eliminazione delle tasse su prima casa (Imu e Tasi), terreni agricoli e macchinari «imbullonati» e sta studiando misure per stimolare ricerca e innovazione e promuovere lo sviluppo, soprattutto nel Mezzogiorno: questi interventi di tipo finanziario e regolatorio vanno sotto il nome di «Finanza per la crescita». Un ruolo non certo secondario lo gioca il settore pubblico: per questo oltre a garantire risorse aggiuntive, nel Def si parla anche di «completare e valorizzare i progetti infrastrutturali», cioè «le reti fisiche e digitali mettendo a disposizione e recuperando risorse finanziarie per interventi mirati», come il Piano per la banda ultra larga a cui vengono assegnati da subito 2,2 miliardi. Inoltre la pressione fiscale torna a scendere dopo molti anni passando dal 43,1% del 2014 e del 2015 al 42,6% grazie sia alla disattivazione delle clausole di salvaguardia che al bonus di 80 euro (non è valutata la promessa abolizione della tassa sulla prima casa).

Con il Jobs act +0,8% di occupati
I risultati di quest’anno del Jobs act fanno ben sperare e nel Def si prevede che alla fine del 2015 il tasso di disoccupazione scenderà al 12,2%, dopo oltre 3 anni di incrementi consecutivi. Lo scorso anno era il 12,7%. Gli effetti del Jobs act, secondo l’esecutivo, faranno poi progressivamente calare i senza lavoro nel 2016 all’11,9%. Nei primi 6 mesi del 2015 gli occupati sono aumentati dello 0,8% rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente, con un incremento tendenziale dello 0,9% nel secondo trimestre. Al miglioramento dell’occupazione non hanno contribuito solo il Jobs act e gli incentivi fiscali sulle assunzioni, ma anche una ripresa della produzione lievemente più rapida del previsto. Comunque la riforma del mercato del lavoro «ha contribuito a rendere più stabile l’occupazione — scrive il governo nel Def — come testimonia la crescita della quota di nuovi contratti a tempo indeterminato, che si attesta ormai al 18-19%, dopo essere diminuita costantemente dal 2010 fino alla fine del 2014 (dal 18 al 15%)».

Privatizzazioni: previsti più introiti
Con le privatizzazioni il governo conta di avere maggiori introiti rispetto a quelli previsti nel Def del 2014. Gli obiettivi indicati nella Nota di aggiornamento indicano che «i proventi attesi sono pari a circa lo 0,4% del Pil nel 2015 e lo 0,5% negli anni 2016-2018». «Le operazioni connesse alla privatizzazione delle partecipazioni detenute direttamente dallo Stato relative ad Enav, Poste ed STMicroelectronics, hanno registrato progressi importanti nell’anno in corso», si legge nel Def in cui si specifica che il precorso di Fs è invece ancora «in fase di definizione». L’attuazione delle operazioni, si precisa, «è in ogni caso influenzata dalla presenza di condizioni di mercato favorevoli, che permettano di valorizzare al meglio tali asset». I proventi «sono destinati alla riduzione del debito pubblico». Si prevede, tra l’altro, la dismissione di immobili del ministero della Difesa per 220 milioni quest’anno e altri 100 nel 2016 e 2017. Lo Stato, che ha già incassato 2,7 miliardi, entro l’anno ne prevede altri 3,7.