21 settembre 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - LA TRUFFA DELLA VOLKSWAGEN
REPUBBLICA.IT
L’Environmental Protection Agency dell’amministrazione Obama accusa il Gruppo Vw di infrangere la legge per aver montato sulle sue auto un software sulle centraline dei motori 4 cilindri diesel Volkswagen e Audi (modelli dal 2009 al 2015) per barare durante i test ufficiali di controllo delle emissioni. In pratica il sistema sarebbe in grado di rilevare da solo quando la vettura è in fase di "esame" e modificare il funzionamento del motore per abbattere drasticamente le emissioni. Per poi far tornare tutto alla "normalita" (cioé a livelli di inquinamento ben diversi da quelli rilevati dall’EPA) una volta finito il test.
La notizia arriva dal New York Times e la cosa oltre oceano sta scatenando l’inferno (è ancora aperta la ferita per il caso GM di ieri con la multa record di 900 milioni di dollari) al punto che l’Environmental Protection Agency ha chiesto l’immediato richiamo di mezzo milione di auto, sia Volkswagen che Audi equipaggiate con quei motori truccati.
Anzi paradossalmente questo caso, agli occhi degli americani, è ancora più grave dei problemi agli airbag: "Montare su una macchina un impianto di manipolazione della centralina per eludere gli standard di aria pulita è illegale e una minaccia per la salute pubblica", ha dichiarato infatti Cynthia
Giles, a capo dell’ufficio di controllo dell’EPA. "E lavorando a stretto contatto con il California Air Resources Board, ci impegniamo a fare in modo che tutte le case automobilistiche giochino con le stesse regole - ha concluso - e continueremo a indagare su queste gravissime violazioni".
Volkswagen intanto ha prontamente richiamato i modelli sotto accusa, mezzo milione di auto.
REPUBBLICA.IT
MILANO - Volkswagen crolla in Borsa e chiude in calo del 17,2%, con picchi del -23% e ai minimi da oltre 3 anni, dopo aver ammesso di aver falsato la misurazione degli scarichi di gas dei veicoli diesel venduti negli Stati Uniti per aggirare gli standard ambientali. Un passo falso che rischia di costare 18 miliardi di dollari di sanzioni e già ha portato la casa tedesca a stoppare la vendita dei modelli diesel (sia Vw che Audi) negli Stati Uniti.
E’ un vero e proprio terremoto quello che sta scuotendo l’industria tedesca e tutto il mondo delle quattro ruote. Una situazione confermata direttamente da un portavoce dell’azienda: "Lo abbiamo ammesso davanti alle autorità, adesso collaboriamo attivamente". Una presa di posizione che ha già portato al ritiro di 500mila vetture vendute negli Stati Uniti, seguito dalla vendita massiccia dei titoli del gruppo sulla Borsa di Francoforte: in termini di capitalizzazione di mercato, a Vw mancano 15 miliardi nel giro di poche ore. Secondo l’agenzia di rating Fitch, le cattive nuove possono impattare sul giudizio verso la casa tedesca, non tanto in termini economici quanto d’immagine: proprio negli Usa, "dove la Volkswagen sta cercando di aumentare la propria quota di mercato".
Preoccupato anche il governo con il ministro dell’economia, e vice cancelliere, Sigmar Gabriel che parla di "un brutto incidente. E’ una brutta storia, credo sia evidente. Siamo davanti a un clamoroso inganno ai danni dei consumatori. Siamo preoccupati che ne soffra la reputazione, a ragione eccellente, dell’industria dell’auto tedesca e in particolare quella di Volkswagen".
Per cercare di riconquistare la fiducia, l’ad del gruppo, Martin Winterkorn, ha annunciato l’avvio di un’inchiesta indipendente per chiarire l’accaduto: "Mi scuso personalmente in tutti i modi, per aver perso la fiducia dei nostri clienti e del pubblico. Quanto accaduto ha per tutti noi del direttivo e per me personalmente la massima priorità. Una cosa, però, deve essere chiara, la Volkswagen non tollera alcuna violazione delle regole o delle leggi" e quindi "farà tutto il possibile per recuperare la fiducia persa. Lavoriamo con le autorità in modo completo e per chiarire tutta la vicenda in modo rapido e trasparente", ha detto il numero uno della casa automobilistica.
La notizia non può non arrivare ai piani alti del governo: da Berlino fanno sapere di "aspettare informazioni adeguate" dal gruppo Vw, che "adesso deve collaborare strettamente con le autorità americane". La motorizzazione tedesca, ha aggiunto il governo, "deve valutare se anche in Germania vi siano state analoghe manipolazioni": se ciò fosse vero, sarebbe un rischio incredibile visto che in Europa le vendite di auto diesel sono molto più elevate che negli Usa. Il ministero tedesco dell’ambiente ha indicato che "a breve sono previsti colloqui tra il governo" e il presidente Winterkorn.
Sabato, l’agenzia per la protezione ambientale (Epa) statunitense aveva ordinato il richiamo di quasi 500mila veicoli della casa tedesca accusata di aver infranto la legge installando un software per aggirare gli standard ambientali per la riduzione dello smog nelle vetture Audi e Volkswagen a 4 cilindri prodotte tra il 2009 e il 2015. Si tratta di un software capace di rilevare quando la macchina è sottoposta ai test sulle emissioni, in modo da tenere attivo il sistema di controllo sulle emissioni solo in quel periodo di tempo. Negli altri momenti, è l’accusa dell’Epa, i veicoli inquinano molto più di quanto comunicato dalla casa produttrice. Il software è stato creato per nascondere l’emissione di monossido di azoto.
"Usare un impianto di manipolazione nelle macchine
per eludere gli standard ambientali è illegale, e una minaccia alla salute pubblica" ha dichiarato Cynthia giles, funzionaria dell’Epa. Le accuse riguardano circa 482mila Vetture diesel vendute negli Stati Uniti dal 2009: le Volkswagen Jetta, Beetle, Golf e Passat, e l’Audi A3.
LASTAMPA.IT
Terremoto Volkswagen per il caso delle emissioni «truccate» negli Stati Uniti. L’amministrazione Obama accusa la casa automobilistica tedesca di aver ingannato le autorità americane violando le norme antismog in vigore. E per questo ora il gruppo rischia di pagare un prezzo salatissimo.
Dal software anti-controlli alle accuse: le dieci cose da sapere (di G.Bottero)
STANGATA IN ARRIVO
Il Wall Street Journal parla di una maxi-multa di almeno 18 miliardi di dollari. Oltre all’onere di ritirare dal mercato americano circa mezzo milione di auto vendute dal 2008 ad oggi, tra modelli Volkswagen ed Audi. Un ritiro che è stato ordinato dall’Epa (Eviromental Protection Agency), l’agenzia federale per la protezione ambientale.
IL SOFTWARE DELLA PRESUNTA TRUFFA
L’Epa, nel dettaglio, accusa Volkswagen di aver intenzionalmente utilizzato un sofisticatissimo software progettato per aggirare i controlli sulle emissioni inquinanti dei propri veicoli. Software installato sulle centraline dei motori 4 cilindri diesel in grado di attivarsi automaticamente solo quando l’auto sta effettuando un test anti-smog, e in grado di abbattere drasticamente le emissioni.
L’accusa dell’Epa è quindi quella di aver violato le norme del Clean Air Act.
“BRUCIATO” UN QUINTO DEL VALORE SUL MERCATO
Sarà il prosieguo delle indagini a rivelare l’entità delle violazioni del gruppo di Wolfsburg. In particolare i modelli nel mirino sono tutti diesel: dalla Volkswagen Jetta, alla Beetle, alla Golf, passando per la Passat. Ma anche l’Audi 3. Volkswagen ha inoltre annunciato la sospensione delle vendite dei modelli dei motori quattro cilindri diesel Vw e Audi negli Stati Uniti. Ma in attesa della multa il titolo della casa automobilistica tedesca crolla in Borsa. Sul listino di Francoforte, perde oltre il 20% segnando il peggior tracollo da ottobre 2008. In poco più di due ore di scambi, il colosso tedesco ha bruciato 16 miliardi di valore, scendendo a 60,4 miliardi di euro.
TRADITA LA FIDUCIA
A nulla sono valse le scuse dell’amministratore delegato Martin Winterkorn. «Io personalmente sono profondamente dispiaciuto che abbiamo spezzato la fiducia dei nostri clienti e del pubblico. Coopereremo pienamente con le agenzie responsabili, con la trasparenza e l’urgenza, necessarie, per stabilire tutti i dettagli del caso. Volkswagen ha ordinato un’inchiesta esterna». Il gruppo ha ordinato una indagine esterna sull’accaduto. «La fiducia dei nostri clienti e del pubblico - ha aggiunto Winterkorn - è e continua ad essere la nostra risorsa più importante. Noi di Volkswagen faremo tutto ciò che deve essere fatto in modo da ristabilire la fiducia che così tante persone hanno riposto in noi, e faremo tutto il necessario al fine di restituire il danno che questo ha causato».
SI MUOVE ANCHE BERLINO
Il Governo tedesco ha chiesto ai costruttori automobilistici di fornire informazioni per verificare che non ci siano state anche in Germania manipolazioni dei dati anti-inquinamento, simili a quelle ammesse da Volkswagen negli Stati Uniti. «Ci attendiamo dai costruttori automobilistici informazioni affidabili, affinché la Kba, l’autorità competente, possa verificare se manipolazioni comparabili abbiano avuto luogo anche in Germania o in Europa», ha detto Andreas Kubler, portavoce del ministero dell’Ambiente.
LASTAMPA.IT
a cura di giuseppe bottero
Quali sono le accuse contro Volkswagen?
Secondo l’Epa (l’agenzia federale Usa per la protezione ambientale) il secondo costruttore di auto al mondo avrebbe ingannato le autorità statunitensi, violando le norme anti-smog con le Audi e Vw a 4 cilindri prodotte tra il 2009 e il 2015,
In che modo?
Il colosso di Wolfsburg avrebbe progettato un software, montato sulle centraline dei motori 4 cilindri diesel, capace di rilevare quando la macchina è sottoposta ai test sulle emissioni, in modo da tenere attivo il sistema di controllo soltanto in quel periodo di tempo. Negli altri momenti, secondo l’Epa, le auto inquinerebbero molto più di quanto comunicato.
Che cosa rischia ora Volkswagen?
L’Epa ha ordinato alla casa tedesca di ritirare dal mercato 482 mila vetture: «Utilizzare un dispositivo sui veicoli per aggirare gli standard di inquinamento è illegale e anche una minaccia per la salute pubblica» ha detto il vice direttore dell’agenzia, Cynthia Giles.
Quali sono i modelli sotto accusa?
Le vetture che devono essere richiamate sono: Jetta 2009-2015; Beetle 2009-2015; Audi A3 2009-2015; Golf 2009-2015; Passat 2014-2015.
Come impatterà la vicenda sui conti?
Il gruppo guidato dall’ad Martin Winterkorn, uscito vittorioso dalla battaglia con l’ex presidente Ferdinand Piech, potrebbe essere obbligato a pagare una multa da 18 miliardi di dollari. Il titolo del gruppo, in Borsa, è arrivato a perdere fino a un quinto del suo valore.
La tempesta finirà con il pagamento della multa?
Probabilmente no: l’agenzia Fitch ha spiegato che il rating «A» assegnato a Volkswagen potrebbe essere messo «sotto pressione». Secondo Fitch le accuse arrivate dall’America potrebbero «minare seriamente l’immagine del brand».
Come farà Volkswagen a pagare la possibile multa da 18 miliardi?
La casa tedesca dovrebbe essere in grado di assorbire i potenziali esborsi legati alla stangata negli Usa grazie a 5-5,5 miliardi di euro provenienti dalla vendita delle quote in Lease Plan e in Suzuki e ad un «cash flow» previsto a 3,5 miliardi di euro nel 2015, dopo un pagamento di dividendi per 2,3 miliardi, e a circa 5 miliardi all’anno dopo i dividendi nel 2016 e nel 2017.
I problemi di Vw sono limitati agli Stati Uniti?
No. Il governo ha chiesto ai costruttori automobilistici di fornire informazioni per verificare che non ci siano state anche in Germania manipolazioni dei dati anti-inquinamento, simili a quelle ammesse da Volkswagen negli Stati Uniti. «Ci attendiamo dai costruttori automobilistici informazioni affidabili, affinché la Kba, l’autorità competente, possa verificare se manipolazioni comparabili abbiano avuto luogo anche in Germania o in Europa», ha detto Andreas Kubler, portavoce del ministero dell’Ambiente.
Come ha reagito Volkswagen?
L’ad di Volkswagen ha interrotto le vendite dei modelli finiti sotto accusa e ha annunciato di aver ordinato un’indagine esterna. Winterkorn si è detto «profondamente dispiaciuto» per la violazione delle regole Usa.
Si tratta di un episodio isolato?
No. Quella contro Volkswagen è , l’ennesima offensiva dell’amministrazione Usa nei confronti dei colossi dell’auto, dopo la stangata su General Motors che ha patteggiato la cifra di 900 milioni di dollari per chiudere definitivamente l’indagine penale sulle sue auto difettose. Lo scorso anno era stata Toyota ad essere costretta a pagare 1,2 miliardi di dollari.
CORRIERE.IT
[Esplora il significato del termine: Volkswagen crolla in Borsa su scandalo emissioni «truccate» Il gruppo tedesco blocca la vendita dei modelli diesel sia a marchio Vw sia Audi negli Usa dopo che l’amministratore delegato Winterkorn ha ammesso le manipolazioni dei test sulle auto con motori diesel, ritira 500mila vetture e rischia sanzioni per 18 miliardi di Daniela Polizzi Martin Winterkorn. Martin Winterkorn. shadow 31 3074 141 19 Circa 18 miliardi di dollari di sanzioni, e l’incognita del possibile coinvolgimento del gruppo tedesco in un procedimento penale. Intanto Volkswagen ferma la commercializzare dei modelli diesel VW e Audi negli Stati Uniti e dichiara: adesso bisogna fare chiarezza. Il colosso dell’auto ha ammesso di aver sistematicamente eluso i test di inquinamento atmosferico delle proprie vetture diesel vendute negli Stati Uniti dopo il 2008. La società avrebbe progettato un software per i modelli diesel dei marchi Volkswagen e Audi che inganna i controlli sulle emissioni tossiche. Se fino a ieri si trattava di un sospetto, oggi è arrivata la dichiarazione di Martin Winterkorn. L’amministratore delegato ha infatti riferito che Volkswagen ha frodato sui test antinquinamento negli Usa in un comunicato diffuso domenica: «le autorità hanno accertato delle manipolazioni da parte della casa di Wolfsburg dei test sulle auto con motori diesel». Anche un portavoce dell’azienda ha confermato che Vw ha ammesso la responsabilità e il risultato in Borsa è stato immediato: le azioni Volkswagen hanno ceduto il 22% a 130 euro con l’indice Dax che perde lo 0,53%. accusato di aver progettato un software per i modelli diesel dei marchi Volkswagen e Audi dal 2009 al 2015 che inganna i controlli sulle emissioni tossiche Volkswagen, L?indagine dell?Agenzia americana per l?ambiente Il Governo tedesco questa mattina è intervenuto chiedendo ai costruttori automobilistici di fornire informazioni per verificare che non ci siano state anche in Germania manipolazioni dei dati anti-inquinamento, simili a quelle ammesse da Volkswagen negli Stati Uniti. «Ci attendiamo dai costruttori automobilistici informazioni affidabili, affinché la Kba, l’autorità competente, possa verificare se manipolazioni comparabili abbiano avuto luogo anche in Germania o in Europa», ha detto Andreas Kubler, il portavoce del ministero dell’Ambiente. In effetti, dei 10 milioni di auto diesel vendute a livello globale, 7,5 milioni sono state acquistate l’anno scorso da consumatori europei. Quello della frode sui sistemi ant-inquinamento è comunque un tema spinoso che potrebbe riguardare altri costruttori. La notizia ha prodotto uno choc nel settore, impegnato tra l’altro al Salone di Francoforte, in pieno svolgimento (finisce il 27 settembre). In campo questa mattina è scesa l’Epa, l’agenzia per la protezione ambientale statunitense, che ha accusato il gruppo di Wolfsburg di aver montato sui veicoli diesel un software capace di far figurare nei controlli delle emissioni inferiori rispetto alla realtà. Il risultato è che Volkswagen dovrà ritirare dal mercato quasi 500 mila vetture vendute sul mercato statunitense dal 2008 a oggi. Il software -secondo quanto riscontrato dall’Epa -permetteva di manipolare durante i test i dati circa le emissioni inquinanti di alcuni dei principali modelli del gruppo tedesco, mentre nella realtà le emissioni delle auto diesel andavano ampiamente oltre i limiti di legge. Volkswagen rischia quindi di andare incontro a pesanti sanzioni in virtù di numerose violazioni di legge e danni all’ambiente. Il ceo di Volkswagen, Martin Winterkorn, si è detto «profondamente dispiaciuto» affermando che la società farà «tutto il necessario per riparare il danno provocato». Il gruppo intanto ha deciso di bloccare la vendita negli Stati Uniti delle sue vetture equipaggiate con motori diesel 4 cilindri TDI. Il momento tra l’altro è delicato. Winterkorn è arrivato da poco alla guida del gruppo tedesco dopo la disputa con l’ex numero uno del gruppo, Ferdinand Piech. E il marchio tedesco stava puntando con decisione al rafforzamento della propria quota di mercato negli Stati Uniti con target di un milione di vetture vendute nel 2018, ossia quasi raddoppio dai livelli attuali e la sua campagna pubblicitaria era fortemente incentrata sull’offerta di vetture diesel con minori emissioni e migliori performance rispetto alla concorrenza.] Volkswagen crolla in Borsa
su scandalo emissioni «truccate»
Il gruppo tedesco blocca la vendita dei modelli diesel sia a marchio Vw sia Audi negli Usa dopo che l’amministratore delegato Winterkorn ha ammesso le manipolazioni dei test sulle auto con motori diesel, ritira 500mila vetture e rischia sanzioni per 18 miliardi
di Daniela Polizzi
Circa 18 miliardi di dollari di sanzioni, e l’incognita del possibile coinvolgimento del gruppo tedesco in un procedimento penale. Intanto Volkswagen ferma la commercializzare dei modelli diesel VW e Audi negli Stati Uniti e dichiara: adesso bisogna fare chiarezza. Il colosso dell’auto ha ammesso di aver sistematicamente eluso i test di inquinamento atmosferico delle proprie vetture diesel vendute negli Stati Uniti dopo il 2008. La società avrebbe progettato un software per i modelli diesel dei marchi Volkswagen e Audi che inganna i controlli sulle emissioni tossiche.
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Volkswagen, dal Maggiolino in poi la storia del motore tedesco
Se fino a ieri si trattava di un sospetto, oggi è arrivata la dichiarazione di Martin Winterkorn. L’amministratore delegato ha infatti riferito che Volkswagen ha frodato sui test antinquinamento negli Usa in un comunicato diffuso domenica: «le autorità hanno accertato delle manipolazioni da parte della casa di Wolfsburg dei test sulle auto con motori diesel». Anche un portavoce dell’azienda ha confermato che Vw ha ammesso la responsabilità e il risultato in Borsa è stato immediato: le azioni Volkswagen hanno ceduto il 22% a 130 euro con l’indice Dax che perde lo 0,53%. accusato di aver progettato un software per i modelli diesel dei marchi Volkswagen e Audi dal 2009 al 2015 che inganna i controlli sulle emissioni tossiche
L?indagine dell?Agenzia americana per l?ambiente
Il Governo tedesco questa mattina è intervenuto chiedendo ai costruttori automobilistici di fornire informazioni per verificare che non ci siano state anche in Germania manipolazioni dei dati anti-inquinamento, simili a quelle ammesse da Volkswagen negli Stati Uniti. «Ci attendiamo dai costruttori automobilistici informazioni affidabili, affinché la Kba, l’autorità competente, possa verificare se manipolazioni comparabili abbiano avuto luogo anche in Germania o in Europa», ha detto Andreas Kubler, il portavoce del ministero dell’Ambiente. In effetti, dei 10 milioni di auto diesel vendute a livello globale, 7,5 milioni sono state acquistate l’anno scorso da consumatori europei. Quello della frode sui sistemi ant-inquinamento è comunque un tema spinoso che potrebbe riguardare altri costruttori. La notizia ha prodotto uno choc nel settore, impegnato tra l’altro al Salone di Francoforte, in pieno svolgimento (finisce il 27 settembre).
In campo questa mattina è scesa l’Epa, l’agenzia per la protezione ambientale statunitense, che ha accusato il gruppo di Wolfsburg di aver montato sui veicoli diesel un software capace di far figurare nei controlli delle emissioni inferiori rispetto alla realtà. Il risultato è che Volkswagen dovrà ritirare dal mercato quasi 500 mila vetture vendute sul mercato statunitense dal 2008 a oggi. Il software -secondo quanto riscontrato dall’Epa -permetteva di manipolare durante i test i dati circa le emissioni inquinanti di alcuni dei principali modelli del gruppo tedesco, mentre nella realtà le emissioni delle auto diesel andavano ampiamente oltre i limiti di legge. Volkswagen rischia quindi di andare incontro a pesanti sanzioni in virtù di numerose violazioni di legge e danni all’ambiente. Il ceo di Volkswagen, Martin Winterkorn, si è detto «profondamente dispiaciuto» affermando che la società farà «tutto il necessario per riparare il danno provocato». Il gruppo intanto ha deciso di bloccare la vendita negli Stati Uniti delle sue vetture equipaggiate con motori diesel 4 cilindri TDI.
Il momento tra l’altro è delicato. Winterkorn è arrivato da poco alla guida del gruppo tedesco dopo la disputa con l’ex numero uno del gruppo, Ferdinand Piech. E il marchio tedesco stava puntando con decisione al rafforzamento della propria quota di mercato negli Stati Uniti con target di un milione di vetture vendute nel 2018, ossia quasi raddoppio dai livelli attuali e la sua campagna pubblicitaria era fortemente incentrata sull’offerta di vetture diesel con minori emissioni e migliori performance rispetto alla concorrenza.
MAURIZIO DONELLI
Giusto lunedì scorso, verso sera, alla vigilia dell’apertura del Salone di Francoforte, il Gruppo Volkswagen aveva organizzato il tradizionale grande show annuale di presentazione dei nuovi modelli presenti e futuri di tutti i dodici marchi della galassia di Wolfsburg. Una specie di parata militare, una dimostrazione di forza. Nessuno, nessuno, avrebbe mai pensato che a distanza di sette giorni Volkswagen si sarebbe trovata coinvolta in uno scandalo le cui conseguenze vanno ben al di là dell’enorme danno economico. Mai infatti era stata messa così in crisi la credibilità del marchio tedesco. Le scuse «per aver tradito la fiducia dei nostri consumatori» serviranno a poco. E non parliamo dell’imbarazzo politico in cui si è trovata Angela Merkel, la quale si è sempre fatta vanto dell’industria automobilistica tedesca (che contribuisce per il 9 per cento al Pil del Paese).
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Il paradosso sta nel fatto che proprio in occasione di quella serata-spettacolo di Francoforte, la prima dopo la battaglia vittoriosa di Martin Winterkorn su Ferdinand Piech, il Ceo aveva annunciato una grande svolta: più motori ibridi ed elettrici e venti nuovi modelli in arrivo. «Reinventiamo Volkswagen», aveva detto. E invece il gruppo è scivolato sul più tradizionale dei carburanti, quel gasolio che in Europa è amatissimo dagli automobilisti. E chissà che cosa potrebbe succedere se ci si dovesse accorgere che il trucchetto (ammesso) per aggirare i controlli negli Stati Uniti è stato utilizzato anche nel vecchio Continente. Sarebbe davvero un terremoto.
DANILO TAINO
BERLINO - C’è il crollo dei titoli in Borsa. C’è la multa che sarà comminata negli Stati Uniti e potrebbe essere molto, molto alta. Ci saranno le conseguenze sul vertice e forse sugli assetti azionari. Nel caso dei dati truccati sulle emissioni di alcuni modelli in America, c’è però anche la perdita di prestigio per il gruppo Volkswagen. E, a dire il vero, non solo per la casa automobilistica: più in generale per la “Deutschland AG” che della correttezza, dell’affidabilità, del rispetto delle regole ha fatto negli anni non solo una bandiera ma anche uno scudo anticrisi. E che oggi si trova invece esposta in uno scandalo - perché di scandalo si tratta - nato proprio in quel gruppo che era fino a ieri il modello numero uno dell’industria tedesca e del suo modo di operare e conquistare i mercati.
E c’è soprattutto un imbarazzo per la Germania stessa - a sentire molti commenti, a Berlino, compreso quello del ministro dell’Economia e vicecancelliere Sigmar Gabriel: se l’industria dell’auto è un orgoglio nazionale, la Volkswagen ne era l’avanguardia, con la sua collezione di oltre dieci marchi di prestigio e la sua continua espansione globale. Fino a ieri. Oggi è diventata un guaio in un momento delicato per il Paese.
La questione non è formale. O di generico danno d’immagine. Da qualche tempo, soprattutto in occasione delle crisi europee in questo 2015, la Germania sta sviluppando una propria leadership. Magari non l’ha cercata, in buona parte le è stata imposta dagli eventi. Fatto sta che l’ha assunta e, soprattutto, l’ha caratterizzata con un concetto che per i tedeschi è indiscutibile: le regole si rispettano.
Che il maggiore campione dell’industria nazionale, più volte sostenuto e protetto dal governo di Berlino proprio in tema di emissioni e di obblighi europei, abbia imbrogliato sulle regole fa vacillare la credibilità e la non negoziabilità dell’essere in toto e sempre in linea con le norme. L’accusa di essere rigidi con gli altri e furbi quando si viene ai propri comportamenti già sta circolando.
Il gruppo dirigente della Volkswagen, a cominciare dal numero uno Martin Winterkorn, prenderà le sue iniziative. Che dovranno essere radicali, non una semplice inchiesta interna. Ma anche il governo di Berlino farebbe bene a non spendere, sul caso, solo parole. Questa è un’occasione per mettere più distanza tra la politica e il Big Business: quando la vicinanza è troppa, come sicuramente lo è da sempre tra Volkswagen e tutti i governi di Berlino, le aziende si sentono inattaccabili perché protette: onnipotenti e sopra le regole. Dovrebbe essere il resto dell’industria tedesca il primo a pretenderlo: una concentrazione esagerata di potere politico ed economico è sempre un danno per i mercati e per i consumatori. E anche Angela Merkel potrebbe fare una riflessione: questa volta, la vera leadership sta nel fare un passo indietro.
http://www.autoblog.it/post/728606/le-cinque-nazioni-europee-in-cui-sono-minori-le-emissioni-di-co2
L’organizzazione paneuropea Transport and Environment stila ormai da dieci anni un rapporto utile per documentare i progressi compiuti dalle aziende automobilistiche in materia in inquinamento ambientale. La relazione disegna uno scenario in chiaroscuro: vero è che le nuove automobili vendute nel continente producono sempre meno CO2, ma gli obiettivi imposti nel periodo 2007-2014 non vengono al momento soddisfatti.
Il documento rivela che la quantità di CO2 prodotta in media dalle vetture nuove commercializzate nel 2014 ammonta a 123,4 grammi per chilometro (-2,6% rispetto alla media del 2013), ma gli autori dello studio immaginavano una riduzione media del 3,6% per ogni anno dal 2007 al 2014.
In questo modo sarà difficile che le aziende riescano a soddisfare per tempo l’obbiettivo imposto dall’Unione Europea, che rende necessario dal 2021 un limite di CO2 pari a 95 g/km – il dato rappresenta la media fra tutti i modelli in gamma. La casa più virtuosa è risultata Peugeot-Citroen (la media si attesta a 110 g/km), mentre Honda occupa l’ultima posizione in classifica (133 g/km) per il secondo anno consecutivo. La situazione a livello di singoli mercati offre non pochi spunti di discussione.
http://www.transportenvironment.org/campaigning-smarter-and-more-sustainable-transport
VW’s diesel cheating: just the tip of the iceberg
Volkswagen is facing a $18-billion fine for manipulating air pollution tests in the US and has been ordered to recall nearly 500,000 cars – meaning a massive bill to correct the vehicles and potential class action claims for compensation
The VW scandal, and what will follow in Europe as more evidence emerges, demonstrates the entire system of testing vehicles is not fit for purpose. What is needed is a truly independent EU Type Approval Authority funded by a levy of €20 on every vehicle sold. This would be remarkably cost effective – last year over 500,000 people died prematurely from air pollution in Europe, many the result of high diesel nitrogen oxide emissions. The cost was almost €1 trillion.
The scandal of VW using defeat devices in the US is just the tip of the iceberg and the European Commission needs to get a grip on the problem.
ILSOLE24ORE.COM
(Ap)
Andrea Malan
Volkswagen paga cara in Borsa la truffa ai controlli sulle emissioni dei motori diesel negli Usa. Le azioni del numero uno europeo dell’auto hanno perso il 18,6% a Francoforte dopo essere scese a metà mattinata fino a un minimo di 126,40 euro, con un calo di oltre il 22% rispetto ai 162,4 della chiusura di venerdì. Il titolo sconta la maximulta che il gruppo potrebbe vedersi infliggere dalle autorità Usa, multa che nel peggiore dei casi, in base alla normativa dell’Epa, potrebbe arrivare fino a 18 miliardi di dollari.
Secondo un report diffuso ieri dalla Alliance Bernstein la sanzione difficilmente arriverà al massimo previsto, anche perché potrebbe essere commisurata alle dimensioni della sola Vw negli Stati Uniti e non del gruppo nel suo insieme. La sola multa potrebbe però facilmente superare gli 1,2 miliardi di dollari che la Toyota pagò nel 2010; senza contare il costo dei richiami, i danni di immagine e le eventuali conseguenze penali. Il mercato, per ora, sembra aver abbracciato la tesi più pessimistica: il titolo ha perso infatti 36 euro quando Max Warburton - analista di Alliance Bernstein - stimava ieri in 35 euro per azione l’impatto della multa più elevata.
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Una portavoce ha annunciato che il gruppo fermerà la vendita dei modelli diesel 4 cilindri di Volkswagen e Audi negli Stati Uniti. I modelli in questione rappresentano il 23% delle vendite del gruppo tedesco negli Usa in agosto. Intanto il ministero tedesco dell’Ambiente ha annunciato ha ordinato dei «test approfonditi» su tutti i modelli diesel Volkswagen. Lo ha annunciato a Bild il ministro dei Trasporti Alexander Dobrindt. «Ho chiesto all’Ufficio federale dell’automobile di far condurre immediatamente dei test specifici e approfonditi sui modelli diesel di Volkswagen da esperti indipendenti», ha dichiarato il ministro al quotidiano.
Domenica l’amministratore delegato, Martin Winterkorn, ha ammesso la frode sui test antinquinamento negli Usa e si è scusato per l’accaduto: «Il board della Volkswagen - dice Winterkorn nella nota - prende molto sul serio le violazioni accertate. Io sono personalmente profondamente dispiaciuto che abbiamo deluso la fiducia dei nostri clienti e del pubblico». Il manager assicura che Vw «collabora con le autorità per chiarire la cosa completamente e il più presto possibile». Vw ha anche affidato a una società esterna l’incarico di condurre un’inchiesta sul caso, e ha sospeso con effetto immediato la vendita dei modelli equipaggiati con il motore diesel 2 litri “incriminato”, che negli Usa sono Golf, Jetta, Passat, Maggiolino e Audi A3.
Visti i precedenti della concorrenza, è possibile che lo stesso manager (o qualcuno dei suoi sottoposti) sia costretto a chiedere scusa in pubblico di fronte al Congresso, come era accaduto a Mary Barra di Gm e Akio Toyoda della Toyota. La prima per il caso dei blocchetti di accensione difettosi, per il quale Gm è stata colpita di recente dal dipartimento della Giustizia con una multa da 900 milioni di dollari; Toyoda cinque anni fa, per lo scandalo dei veicoli che acceleravano improvvisamente senza che il conducente potesse frenarli.
Il caso Vw è scoppiato quando l’Epa, l’ente americano per la protezione dell’ambiente, ha scoperto che le vetture Volkswagen e Audi con motore diesel 2 litri (lo stesso che equipaggia moltissime auto del gruppo Vw vendute in Europa) emettono molti più ossidi di azoto in condizioni normali che non durante i test specifici. Dopo lunghe ricerche ed esperimenti, ha scoperto che responsabile è un software - installato appositamente nella centralina motore - che riconosce le condizioni di test e attiva solo in quel caso i dispositivi più efficienti contro le emissioni; questi ultimi sono invece disattivati durante la guida normale, e il motore produce quindi da 10 a 40 volte la quantità di ossidi di azoto dichiarata in base ai test. Volkswagen ha ammesso che i veicoli contenevano effettivamente il software incriminato.
Perché lo avrebbe fatto? Secondo gli esperti, i dispositivi che limitano le emissioni di azoto fanno consumare di più il motore, e quindi emettere più CO2; potrebbero inoltre limitarne le prestazioni, in particolare la coppia motrice che è uno dei punti di forza dei motori diesel rispetto a quelli a benzina. A questo punto lo scarso successo del motore diesel negli Usa, motore di cui le case tedesche e soprattutto Volkswagen si sono fatte paladine, è destinato a subire un duro colpo. Gli americani, come del resto i giapponesi, sono convinti da sempre che il diesel sia un motore intrinsecamente sporco e inadatto alle autovetture; il caso Vw non farà che rinconfermare questa loro opinione.
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Ecco come funziona il motore incriminato negli Stati Uniti. La sigla TDI identifica nel Gruppo Volkswagen modelli alimentati a gasolio ad iniezione diretta e turbocompressore. Le dotazioni principali dei motori TDI rappresentano un vantaggio in termini di risparmio, basso volume di emissioni, elevata coppia e rendimento elevato in termini di potenza. TDI, non a caso, è un marchio registrato di Volkswagen. Il suo funzionamento prevede un turbocompressore a gas di scarico che alimenta il motore con aria fresca, assicurando così il riempimento ottimale dei cilindri. Dopo la fase di compressione, un ugello inietta direttamente nei cilindri il gasolio ad una pressione molto elevata. Un’efficace gestione motore consente, invece, un funzionamento poco rumoroso, mentre la combinazione delle geometrie interne al motore e per il trattamento di gas di scarico garantiscono livelli di emissioni eccellenti.
E veniamo in che cosa consiste la frode. Le indagini delle autorità Usa hanno dato risultati a dir poco sconcertanti: pare, infatti, che i motori incriminati, tutti turbodiesel di 2 litri di cilindrata con diversi livelli di potenza siano stati dotati di un software, installato nella centralina, che riconosce le condizioni “da test” e attiva dispositivi in grado di migliorare l’efficienza dell’auto e diminuire le emissioni di ossidi di azoto, falsando in questo modo i test. Il software non entrerebbe in funzione durante la guida normale, mentre quando è disattivato, le emissioni inquinanti aumentano da 10 a 40 volte. Infine quali sono le motivazioni a discolpa di Volkswagen. Il costruttore ha ammesso l’esistenza del software. Secondo gli esperti di VW sarebbe stato montato per limitare il lavoro dei dispositivi di controllo delle emissioni di azoto che provocano una maggiore usura del motore e tendono a diminuire le prestazioni del veicolo.
Tutto ciò va a calarsi in una realtà, in particolare del mercato americano, dove il motore diesel da sempre è guardato con un certo sospetto dagli utilizzatori perché ritenuto inadatto ai loro veicoli. Come è noto tutte le Case automobilistiche tedesche stanno tentando di far crescere il mercato del diesel, portandolo oltre che negli Usa, anche in Giappone. Ma ora dopo il passo falso compiuto da Volkswagen non farà che rendere ancora più difficile quella che da subito era sembrata un’autentica impresa.
C.Ca.
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Lo scandalo che ha messo nei guai Volkswagen, colpevole di aver truccato il sistema che regola le emissioni dei gas di scarico montato sui motori diesel Tdi, così da superare i severi test ambientali Usa, è stato smascherato grazie ad uno studio della West Virginia University che risale al maggio del 2014.
Emissioni testate “on the road”
La “United States Environmental protection agency” (Epa) inizia infatti a indagare quando il “Center for alternative fuels, engines & emissions” dell’Università della West Virginia pubblica i risultati di uno studio commissionato dal “Council on clean transportation”. Lo studio è finalizzato a quantificare i livelli di emissioni di motori diesel per autovetture misurati in normali condizioni d’uso (ovvero testati su strada e non “al banco”, come avviene per i test di omologazione).
I dati “sospetti” sulle emissioni di Jetta e Passat
Durante i test i tecnici misurano livelli significativamente superiori a quelli attesi per due modelli Volkswagewn: una Jetta del 2012 e una Passat del 2013. Entrambe le vetture sono equipaggiate con il motore diesel 2.0 Tdi ad iniezione diretta. Lo stesso motore oggi al centro dello scandalo.
La prima difesa di Volkswagen: test alterati
Per tutto il 2014, informata sui fatti Volkswagen respinge ogni accusa di dati falsati. Le differenze tra i valori misurati in fase di omologazione e quelli misurati “on the road” sono da ricondurre a «vari problemi tecnici relativi ai singoli veicoli e a condizioni d’uso non convenzionali», come forti accelerazioni, traffico intenso, stile di guida sportivo.
L’Epa chiede spiegazioni
Nel dicembre 2014, Vw esegue un richiamo volontario per tentare di risolvere il problema. Ma ormai la macchina dei controlli si è messa in moto. L’Epa e il Carb (Calibornia air resolurces borad) chiedono con sempre maggiore insistenza spiegazioni sulle caratteristiche tecniche dei sistemi che controllano le emissioni del motore. In particolare, i tecnici chiedono a Vw di spiegare come mai «i sistemi di diagnostica del motore non segnalano i livelli di emissioni superiori a quelli consentiti». Nessun errore. Nessuna spia accesa.
L’Epa nega l’omologazione per i nuovi motori
Le spiegazioni fornite dai tecnici del colosso di Wolfsburg non convincono gli ispettori americani. Risultato: l’Epa comunica a Volkswagen che vista la situazione non avrebbe rilasciato il certificato di conformità per i motori diesel model year 2016 che Vw era pronta a commercializzare negli Usa. Questo fino a quando il produttore non avesse fornito spiegazioni chiare sulle incongruenze misurate.
L’ammissione di Volkswagen
Solo a questo punto Vw ammette di aver progettato e installato sui veicoli incriminati un sistema capace di limitare le emissioni proprio nel momento in cui il veicolo viene sottoposto ai testi americani anti-inquinamento, grazie a un software che gestisce la centralina elettronica. Un trucco capace di bypassare, per anni, severi test governativi. Ma che è stato smascherato quando, sulla sua strada, ha incontrato un gruppo di testardi ricercatori della West Virginia University.
OMOLOGAZIONE IN EUROPA
Ogni veicolo, per essere considerato idoneo alla circolazione stradale, deve essere sottoposto a visita e prova dal Dipartimento dei Trasporti Terrestri o da un ente certificatore dell’Unione europea (come Tüv, Dekra, Luxcontrol, etc.).
Con l’espressione "visita e prova" s’intende un insieme di controlli tecnici e documentali che l’autorità o l’organo competente deve svolgere per garantire la pubblica sicurezza quando il veicolo viene utilizzato. Questi controlli possono essere effettuati
per un’omologazione
per un collaudo in unico esemplare
per una revisione.
L’omologazione permette alla casa costruttrice di realizzare una serie di autoveicoli identici al prototipo provato. Ciascuno degli esemplari prodotti potrà essere immatricolato direttamente con i documenti forniti dalla fabbrica.
Il collaudo in unico esemplare comporta dei controlli che, pur essendo rigorosi, normalmente non sono articolati come nell’omologazione. Si ricorre a questa procedura, di solito, quando non c’è l’esigenza di produrre in serie degli esemplari identici. Molti autoveicoli industriali e commerciali da lavoro (allestiti con cassoni, furgoni e apparecchiature come gru caricatrici o sponde montacarichi) hanno dovuto sostenere un collaudo di questo tipo, per essere dichiarati idonei alla circolazione.
Con la revisione, infine, viene periodicamente verificato che l’autoveicolo conservi ancora tutti i requisiti per l’idoneità alla circolazione, stabiliti in precedenza tramite omologazione o collaudo in unico esemplare. Si tratta di una procedura applicabile solo ad autoveicoli non modificati e già circolanti. Attualmente, la revisione può essere effettuata sia nelle sedi periferiche del Dipartimento dei Trasporti Terrestri, sia nei centri privati di revisione, per veicoli di massa massima ammessa fino a 3,5 t o max 16 posti.
DEKRA
DEKRA nasce a Berlino (GER) nel 1925 come Associazione di Ingegneri per il Controllo dei Veicoli a Motore (Deutscher Kraftfahrzeug-Überwachungs-Verein). Negli anni ’60 ottiene l’autorizzazione ad effettuare le revisioni sui veicoli a motore in Germania. Nel 1990 si afferma come ente autorizzato ad effettuare perizie, collaudi tecnici e omologazioni su veicoli e componenti.
Il gruppo DEKRA risulta composto di cinque segmenti principali:
DEKRA Automobil Gmbh;
DEKRA Automotive International;
DEKRA Industrial;
DEKRA Personnel;
DEKRA Akademie Gmbh.
In totale il gruppo guida oltre 186 società in più di 50 Paesi.
DEKRA in Italia
Nel nostro Paese DEKRA è attiva dal 1996 ed oggi in Italia sono presenti sette società coordinate da DEKRA Italia Holding S.r.l.:
DEKRA Automotive Services fornisce programmi per la gestione dell’usato, valutazioni dello stato d’uso con calcolo dei danni, certificazione dell’usato con il Sigillo DEKRA, omologazioni, perizie, formazione professionale per gli autoriparatori, consulenza per i Sistemi di Gestione Qualità ISO 9001:2008 e tanti altri servizi legati ai veicoli a motore;
DEKRA Certification è un Ente di Certificazione indipendente di terza parte; offre servizi di certificazione di sistemi di gestione, certificazione di prodotto e corsi di formazione in tutti i principali settori di mercato.
DEKRA Claims Services fa parte del Gruppo DEKRA Claims, organizzazione internazionale per la gestione dei danni. Il portfolio dei servizi include la gestione a livello internazionale di danni in tutte le classi assicurative, l’outsourcing di compagnie assicurative e la gestione dei danni;
DEKRA Consulting società che eroga servizi di consulenza direzionale, servizi tecnologici e outsourcing in tutti i settori di mercato.
DEKRA Revisioni si occupa di revisione obbligatoria dei veicoli a motore di peso inferiore a 3,5 t, con il primo ed ancora unico network nazionale privato composto da circa 700 centri affiliati, attivi in tutte le province;
Consorzio DEKRA Revisioni gestisce i centri di revisione di proprietà della stessa DEKRA che, oltre a svolgere la normale attività di revisione, servono da centri pilota per testare ogni nuovo progetto o procedura di lavoro per poi essere proposti agli altri affiliati al Network;
DEKRA Testing & Certification che svolge attività di testing e certificazioni di prodotto con un’esperienza trasversale ad una vasta gamma di prodotti e settori.
Nel 2004 la società risulta tra i firmatari della European Road Safety Charter (documento voluto dalla Comunità Europea nel tentativo di miglioramento delle condizioni di sicurezza nella circolazione su ruote e di abbassamento del numero delle vittime di incidenti stradali in Europa).
TüW tüw
Il TÜV (acronimo di Technischer Überwachungsverein , in italiano Associazione di Controllo Tecnico) sono delle società di certificazione tedesche in ambito di sistemi di gestione sicurezza alimentare e ambientale e per la qualità del sistema di gestione aziendale. I TÜV sono presenti in altri paesi, oltre alla Germania, compresa l’italia, con marchi proprietari e una propria rete di auditori. I TÜV come gruppo entrarono a far parte dello scenario tedesco nel quadro delle iniziative pubbliche del tempo e della sicurezza sul posto di lavoro. Nel 1866 vennero creati per l’ispezione degli impianti di caldaie a vapore nel paese. Intorno al 1870 vi erano in totale 43 TÜV. I servizi di certificazione offerti sono molteplici: dalla certificazione di sistema alla certificazione di prodotto, attività di ispezione e supporto tecnico, certificazione del personale e attività di formazione.
Tra i principali organismi di Certificazione TÜV: TÜV Hessen, TÜV Nord, TÜV Thüringen, TÜV Saarland, TÜV Rheinland, TÜV InterCert, TÜV Süd. In Austria il TÜV Austria.
Organizzazione
Le società con marchio e nome TÜV pur vantando un’origine comune, operano indipendentemente l’uno dall’altro; ogni TÜV è provvisto di propri accreditamenti rilasciati da Organismi Nazionali di Accreditamento. In Germania vi sono i tre maggiori della Holding, TÜV Süd, TÜV Rheinland e TÜV Nord. Oltre ai più piccoli TÜV Thüringen e TÜV Saarland.
Il marchio „TÜV“
Il marchio „TÜV“ è delle società di certificazione così come del VdTÜV e identifica i prodotti o i servizi certificati.
Storia
Esplosione di un impianto a vapore nel 1881. Litografia del Bayerischen Dampfkessel-Revisionsvereins
Nel tempo le macchine a vapore del XIX secolo erano soggette a cedimenti tali da procurare esplosioni con feriti e decessi. Dopo l’esplosione del generatore di vapore presso la Mannheimer Aktienbrauerei del 1865 venne fondata nel 1866 la Gesellschaft zur Ueberwachung und Versicherung von Dampfkesseln mit dem Sitze in Mannheim. Altre città e regioni seguirono l’esempio.[1]
VdTÜV
L’associazione, tra le organizzazioni di certificazione Technischen Überwachungs e la I.G. Farben, grande azienda chimica tedesca tra le due guerre mondiali, creò il Verband der Technischen Überwachungs-Vereine (VdTÜV). La completa autonomia dei consociati e l’applicazione del principio „Trusted Third Party“ sono la base della protezione del marchio „TÜV“.
Le organizzazioni TÜV associate al VdTÜV sono:
TÜV Süd
TÜV Hessen
TÜV Nord
TÜV Thüringen
TÜV Saarland
TÜV Rheinland[2]
TÜV Austria, associato ma non completamente.
Industrie associate:
BASF
DOW
Infracor
Organizzazioni collegate
Altre organizzazioni collegate sono la Dekra, la Gesellschaft für Technische Überwachung (GTÜ) e la Kraftfahrzeug-Überwachungsorganisation freiberuflicher Kfz-Sachverständiger (KÜS). L’azione dei TÜV si sovrappone a quella dei Deutschen Gesellschaft zur Zertifizierung von Managementsystemen (DQS).
LUXCONTROL
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Parce que la sécurité des installations et la qualité des produits sont des gages de développement durable, Luxcontrol investit tout son savoir faire auprès de ses clients et de ses partenaires. Ensemble, construisons un monde plus sûr.
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