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 2015  settembre 20 Domenica calendario

IL RAGAZZO MISE IN ORDINE GLI ATOMI

Furono più di cinquantamila i caduti delle truppe alleate (britanniche, francesi, australiane, neozelandesi) nel corso della campagna dei Dardanelli, il tentativo di occupazione della penisola di Gallipoli in Turchia, che ebbe luogo cento anni fa, tra la primavera e l’autunno del 1915. L’operazione si risolse in un disastro e provocò tra l’altro l’estromissione dal governo di Winston Churchill, all’epoca ministro liberale della Marina Militare. Una delle tante sanguinose battaglie di quella tragica campagna si svolse il 10 agosto 1915, quando le truppe di Mustafa Kemal (Atatürk, il futuro padre della Turchia moderna) riuscirono a riconquistare le alture di Chunuk Bair, tenute da soldati britannici e neozelandesi. Tra le centinaia di morti di quello scontro ci fu un ufficiale inglese addetto alle segnalazioni, Henry Moseley, di appena ventisette anni, che, se fosse sopravvissuto alla guerra, avrebbe sicuramente vinto, prima o poi (forse quell’anno stesso), il premio Nobel per la fisica.
Moseley era il più promettente tra i fisici inglesi della sua generazione, avendo ottenuto in appena tre anni di carriera scientifica una serie di straordinari risultati. A lui si deve, in particolare, la scoperta che gli elementi chimici si susseguono nel sistema periodico secondo il numero di cariche positive nei loro nuclei, il cosiddetto numero atomico, che è uguale al numero degli elettroni orbitanti attorno al nucleo. L’ordine che Mendeleev aveva introdotto nella chimica trovava così, grazie agli esperimenti di Moseley, una base fisica, nella struttura atomica (e quando oggi ammiriamo la bellezza della tavola periodica, dovremmo ricordarci che essa è figlia anche delle ricerche di questo fisico ragazzino).
Ultimo rampollo di una famiglia di scienziati, Moseley studiò a Eton e a Oxford. Nel 1910 si trasferì a Manchester, città che era stata il centro della rivoluzione industriale e che, grazie alla presenza di uno dei più grandi fisici dell’epoca, Ernest Rutherford, era diventata una delle capitali degli studi sulla struttura della materia. Nel laboratorio di Rutherford Moseley cominciò a occuparsi di raggi X e capì che essi potevano rappresentare un importante strumento di esplorazione degli atomi. Nel 1913, utilizzando le tecniche spettrometriche messe a punto da due altri fisici britannici, William Henry Bragg e suo figlio William Lawrence, scoprì che le frequenze dei raggi X emessi dagli atomi erano proporzionali al quadrato della carica nucleare, cioè al quadrato del numero atomico, e ne concluse che doveva essere questo numero, e non il peso atomico, come si credeva allora, a determinare le proprietà chimiche degli elementi. Inoltre, sulla base di certe lacune riscontrate negli spettri, predisse l’esistenza di nuovi elementi, di numero atomico 43, 61, 72, 75, tutti successivamente scoperti (tra di essi, il 43, chiamato tecnezio, fu il primo elemento prodotto artificialmente e venne identificato da Carlo Perrier e Emilio Segrè a Palermo nel 1937).
Allo scoppio della guerra, Moseley, che si trovava in Australia, intraprese un lungo viaggio per tornare in Gran Bretagna e arruolarsi nel corpo dei Royal Engineers. Dopo molte insistenze, fu accettato, nonostante non fosse ingegnere, e inquadrato come sottotenente nella 13a divisione di fanteria. Nel luglio del 1915 sbarcò sulle coste turche. Nelle ultime lettere alla madre, all’inizio di agosto, raccontò del tempo che passava senza che ci fosse molto da fare e si disse contento di aver saputo che a Bragg padre era stata assegnata una prestigiosa cattedra londinese. Pochi giorni dopo, un fuciliere turco mise fine alla sua giovanissima esistenza. In Gran Bretagna la vicenda suscitò molte polemiche: il fatto che un ingegno prezioso come Moseley fosse stato mandato al fronte, invece di essere impiegato in maniera più fruttuosa nello sforzo bellico, sembrava incomprensibile. «La morte di questo giovane sul campo di battaglia – scrisse Rutherford – è un esempio lampante di cattivo uso del talento scientifico». Le forze armate di Sua Maestà impararono la lezione e da allora divennero decisamente più accorte nell’impiego degli scienziati.
All’inizio del 1915, il chimico e fisico svedese Svante Arrhenius, molto influente presso l’Accademia delle Scienze di Stoccolma, candidò Moseley al Nobel per la fisica. La guerra, purtroppo, dispose diversamente. Il Nobel di quell’anno andò – con pieno merito – ai due Bragg, caso unico di padre e figlio premiati assieme, e William Lawrence Bragg, che aveva solo 25 anni, rimane ancora oggi il più giovane Nobel di tutti i tempi. Ma il riconoscimento arrivava dopo una tragica coincidenza: il fratello di Lawrence, Robert, era caduto anche lui a Gallipoli, a poche settimane e a pochi chilometri di distanza da Moseley. Il destino, in quei giorni del 1915, non avrebbe potuto distribuire morte e gloria in un modo più crudele e beffardo.
Vincenzo Barone, Domenicale – Il Sole 24 Ore 20/9/2015