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 2015  settembre 19 Sabato calendario

CHI GUIDERÀ L’AUTO 2.0

Il ceo di General Motors Mary Barra nei giorni scorsi ha usato parole nette. «Il comparto subirà una rivoluzione più significativa nei prossimi cinque anni che nell’ultimo mezzo secolo», ha detto la numero uno di GM durante una serata di gala a Madrid. Sulla stessa linea il ceo di Volkswagen, Martin Winterkorn, che durante l’ultimo Salone dell’Auto di Francoforte, parlando del gruppo di Wolfsburg, ha spiegato: «Siamo impegnati a reinventare la maggior casa automobilistica d’Europa basandoci su nuove fondamenta tecnologiche, economiche e strutturali; entro il 2020 avremo trasformato tutti i nostri nuovi modelli in smartphone su ruote».
Nello stesso giorno Volkswagen ha annunciato il lancio di 20 nuovi modelli, tra elettrici e ibridi, entro il 2020, fornendo così un supporto concreto, in puro stile tedesco, alle parole appena pronunciate. Insomma, stando a quanto dicono i top manager delle maggiori case automobilistiche mondiali, sembra che il settore stia sottovalutando la minaccia targata Google e Apple, che aspirano a diventare i futuri protagonisti delle quattroruote attraverso auto connesse a internet o che si guidano da sole tramite il web. Così come non viene sottovalutato l’affondo di Tesla sul fronte delle vetture elettriche.
Chi vincerà la sfida dell’auto del futuro? La partita è aperta. Da un lato le case automobilistiche rischiano di fare la fine toccata negli anni scorsi ai costruttori di computer, che si sono progressivamente ritrovati sempre più dipendenti dalle case di software per far funzionare i sistemi operativi, lasciando così agli stessi produttori di software la maggior parte dei margini.
Dall’altro lato però va detto che un prodotto complesso come l’automobile rende difficile un ingresso profittevole sul mercato da parte di player non specialisti. Non a caso in settimana il ceo di Renault-Nissan Carlos Ghosn ha spiegato che «un’auto connessa e self driving non può essere costruita utilizzando come base una vettura esistente, ma deve essere ideata dalle fondamenta e ciò rappresenta un vantaggio per i produttori tradizionali, i quali sono abituati a costruire nuove auto». Tant’è che «gli outsider stanno assumendo in maniera massiccia ingegneri prendendoli dal settore automobilistico, perché devono conoscere meglio il prodotto». Per esempio, Google ha messo Jehn Krafcik, ex responsabile di Hyundai America, a capo del progetto per la realizzazione dell’auto self driving.
L’esito di questa guerra tra case automobilistiche e giganti tech dunque non è scontato, anche perché in fondo nessuno può sa quali evoluzioni, in campo tecnologico ma non solo, sconvolgeranno il comparto automobilistico nel futuro prossimo.
Sta di fatto però che tra le i costruttori tradizionali non tutti stanno arrivando preparati allo stesso modo a questa sfida. Tra l’altro questa battaglia per l’auto del futuro si somma a quella già in corso tra i costruttori tradizionali per la sopravvivenza in un settore che presenta costi crescenti, innescando una sorta di selezione naturale per la sopravvivenza sul mercato. Dunque, se da una parte è ipotizzabile che nel 2020 il settore auto sarà popolato anche da player tecnologici come Google o Apple, dall’altra è quasi sicuro che il numero dei costruttori tradizionali sarà più basso rispetto a oggi.
Le tre case che si contendono oggi la leadership mondiale in termini di immatricolazioni, ovvero Toyota, Volkswagen e General Motors, con ogni probabilità tra cinque anni saranno ancora lì a battagliare per il primato (presto peraltro si capirà se GM incorporerà Fca, così come vogliono Marchionne e la famiglia Agnelli-Elkann). Un altro gruppo in buona posizione è Renault-Nissan, che gode del vantaggio di essere stato il primo a credere nell’auto elettrica e in misura maggiore (in Francia c’è chi sostiene che tale politica si spieghi anche con il fatto che lo Stato francese è il primo socio di Renault e nel contempo controlla Electricité de France, colosso dell’energia nucleare che produce elettricità a basso costo).
Quanto all’auto elettrica, sembra comunque arrivato per tutti il momento di investirci. Al proposito giova ricordare che qualche anno fa, nel corso della presentazione alla stampa internazionale dei risultati di bilancio, un membro del Vorstand Volkswagen (l’organo direttivo del colosso di Wolfsburg) spiegò che il gruppo tedesco avrebbe investito pesantemente nell’elettrico, recuperando quindi il gap con Reanult-Nissan, non appena avrebbe avuto la certezza che ne sarebbe valsa la pena. Dunque l’annuncio fatto qualche giorno fa da Winterkorn indica che a Wolfsburg il dato è stato tratto.
Ancora: nei giorni scorsi Dieter Zetsche, ceo di Daimler, in occasione del Salone dell’Auto di Francoforte ha spiegato che la casa di Stoccarda non avrebbe problemi ad allearsi con i rivali storici di Audi (brand di Volkswagen) e Bmw (le tre case stanno combattendo una guerra senza tregua sul mercato mondiale per la leadership nel super-redditizio segmento premium) pur di condividere i costi per l’ideazione e lo sviluppo di batterie di nuova generazione per auto elettriche o connesse. Come dire: prima costruiamo insieme le armi e dopo combattiamo tra noi per capire chi è il migliore. Anche Psa (ovvero Peugeot Citroën), rinforzata dall’ingresso nel capitale da parte dello Stato francese e dei cinesi di Dongfeng Motor, sembra non voler perdere l’occasione. Il ceo Carlos Tavares di recente ha spiegato che entro il 2020 la casa del Leone lancerà l’auto self driving e che nel contempo sta sviluppando un auto elettrica insieme con Dongfeng Motor.
In questo quadro Fca non sembra invece tra le case che più credono a questa sfida. Il ceo Sergio Marchionne ha spesso espresso scetticismo rispetto a un massiccio investimento nell’elettrico, confidando nel fatto che i motori Fca possono vantare volumi di emissione bassi (uno dei driver dell’elettrico sarà che le limitazioni alle emissioni di Co2 saranno sempre più rigide). Molto più probabilmente però Marchionne in questa fase sta guardando a un orizzonte più vicino rispetto al 2020, non essendo un mistero la sua volontà di fondere di Fca con GM nel più breve tempo possibile. Se tale aggregazione (sulla quale Marchionne continua a lavorare con un pressing sui soci GM, nonostante i ripetuti no della Barra) avvenisse in tempi brevi, un simile accordo risparmierebbe a Fca l’onere di investire denaro per non perdere il passo con lo sviluppo tecnologico del settore e manderebbe in soffitta anche l’attuale piano industriale, che da subito ha suscitato lo scetticismo di numerosi osservatori. Stando a quel piano, infatti, dopo il lancio della Giulia, il rilancio del brand Alfa Romeo dovrebbe avvenire mediante l’immissione sul mercato entro il 2018 di altri sette nuovi modelli per completare la gamma del Biscione. Uno sforzo immane che, stando a rumor provenienti da Torino, potrebbe risultare superiore alle attuali forze del Lingotto.
Luciano Mondellini, MilanoFinanza 19/9/2015

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UN CHIP PER PASSEGGERO –
L’informatica e il web non sono solo il futuro, ma sono già anche il presente dell’auto. Lo si intuisce dando un’occhiata agli ultimi modelli di autovetture sul mercato. Motori esuberanti e sospensioni capaci di supportare stili di guida sportivi (sempre meno compatibili con la pletora di autovelox installati lungo la rete stradale) hanno lasciato il posto per importanza a impianti di intrattenimento capaci di rivaleggiare con un tablet multimediale e sofisticati meccanismi di diagnosi in grado di comunicare direttamente al centro di assistenza eventuali anomalie, spesso prevenendole.
Si tratta del resto degli stessi dispositivi che hanno reso possibile la rivoluzione del car sharing, che consente di noleggiare un’auto prenotandola dal telefonino, di sbloccarla e avviarla senza possedere le chiavi e di rendicontare con precisione millimetrica l’uso effettivo e quindi il relativo costo. Una nuova pratica che, soprattutto nelle grandi città, può portare i consumatori a riconsiderare la necessità dell’acquisto dell’auto. La presenza di una connessione a internet a bordo consente uno scambio costante di informazioni con una grande quantità di servizi, esattamente come avviene oggi con uno smartphone capace di ricevere e visualizzare in tempo reale condizioni meteorologiche, messaggi, foto condivise da amici e così via.
Nel caso dell’auto, oltre alle funzioni di diagnostica vera e propria, stanno facendo il loro ingresso sistemi capaci di modificare l’assetto di guida in base alle condizioni meteo, antifurti inviolabili e sistemi di assistenza alla guida di derivazione aeronautica.
Un simile scenario è tanto insidioso per le società automobilistiche tradizionali quanto ricco di potenzialità per player come Apple, Google e anche operatori di telecomunicazione come Vodafone. I sistemi informativi di nuova progettazione sono infatti efficaci in quanto sono in grado di dialogare in tempo reale con i servizi e i componenti-chiave dell’auto e per fare ciò occorre un livello di standardizzazione superiore a quello attuale, compatibilmente con le esigenze di sicurezza che nel settore automotive non possono essere trascurate. Progetti come la Google Car senza guidatore sono infatti prototipi la cui introduzione sul mercato appare ancora lontana nel tempo, anche per via delle enormi implicazioni a livello legale e di privacy che portano con sé. In caso di un incidente con feriti o, peggio, vittime, infatti, a chi deve essere attribuita la responsabilità penale, che è personale per legge?
Proprio per questo motivo lo scenario attuale vede i colossi automobilistici intenti a conservare i sistemi informativi preposti a servizi essenziali, come freni, assetto e sterzo, e player come Apple concentrati invece, anche con l’assunzione di ingegneri di provenienza automobilistica, ai sistemi accessori. Questo scenario, in rapida evoluzione, deve tenere però conto di un fattore chiave: i cicli di sviluppo tipici dell’industria automotive, che non sono affatto sincronizzati con quelli dell’Information Technology. La stessa Tesla Automobile, emblema non solo dell’auto elettrica ma anche di questo nuovo modo di intendere l’automobile, ha dovuto mediare tra la politica commerciale aggressiva del suo carismatico ceo, Elon Musk, e i tempi necessari a portare sul mercato un modello di fascia medio-alta capace di far fare alla casa un salto in termini di diffusione.
Inoltre, mentre strategie e tecnologie proprietarie disegnano una competizione serrata fra tutti i protagonisti, nuovi e tradizionali, il tema della gestione della privacy è uno scoglio comune che richiede un intervento normativo a tutela non solo degli automobilisti, ma anche delle stesse aziende. Un’automobile perennemente connessa e monitorata in modo stringente ha infatti implicazioni non banali riguardo alla tracciabilità dei guidatori stessi, con le inevitabili e in molti casi legittime resistenze all’uso e all’acquisto. Una normativa che impedisca quindi usi aggressivi dei dati, come del resto avviene già con molti smartphone e specialmente con quelli basati su Android, consentirebbe anche alle stesse aziende di avere basi legali più solide per allocare gli ingenti investimenti necessari, senza il rischio che nuovi regolamenti li vanifichino in tutto o in parte.
Davide Fumagalli, MilanoFinanza 19/9/2015