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 2015  settembre 19 Sabato calendario

PERISCOPIO

Il governatore di Bankitalia, Visco: «L’Italia investa sulla conoscenza». In effetti, senza conoscenze oggigiorno non vai da nessuna parte. Gianni Macheda.

Se hai un problema che deve essere risolto da una burocrazia, ti conviene cambiare problema. Arthur Bloch, La legge di Murphy II. 1980.

Panfilo Gentile fu tra i primi a dire che la parola «popolo» è soltanto l’alibi con cui la classe politica contrabbanda le proprie ambizioni. Sergio Romano, prefazione a Panfilo Gentile, Democrazie mafiose. Ponte alle Grazie, 1997.

Nel momento della grande inflazione tedesca Adolf Hitler tenta un colpo di stato nella birreria di Monaco su qualche tema semplice in grado di sedurre l’opinione pubblica, tra i quali anche la stabilità della moneta. Fallisce ma si prenderà la rivincita dieci anni dopo, portato al potere dal suffragio popolare, senza bisogno di un colpo di stato. Intanto la moneta tedesca aveva ritrovato la sua buona cera sotto il nome di «Reichsmark», grazie alle cure prodigate da un certo dottor Schacht (di cui Hitler si ricorderà) nel suo ruolo di presidente della Reichsbank. Jean Boissonnat, Europe année zéro (Europa anno zero). Bayard, 2001.

Sia come sia, Enzo Biagi cominciò a morire il giorno stesso in cui non ebbe più a disposizione il pulpito televisivo per la sua predica serale dopo il tiggì. Da quel momento l’età e le insufficienze idrauliche della pompa cardiaca cominciarono a farsi sentire in modo drammatico. Non si ha idea di quanto la popolarità allunghi la vita. Finché si è sulla cresta dell’onda, baciati dal successo, tutto funziona a meraviglia, non ci si ammala mai. Ma non appena il personaggio di potere è condannato all’anonimato, anche la sua salute perde colpi, le difese immunitarie vanno a farsi benedire. Ho ancora davanti agli occhi l’esempio desolante di Giovanni Spadolini. Nel 1994 doveva essere confermato alla presidenza del senato. Invece fu sconfitto per un solo voto da Carlo Scognamiglio. Questo accadeva ad aprile. Spadolini ci rimase da cani. Meno di quattro mesi dopo era già morto: di tumore. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.

Clientela del bar della domenica, diversa, famiglie intere per l’aperitivo, granatine per i bambini, verso le undici. Il pomeriggio i vecchi dell’ospizio liberati fino alle sei, felici e rumorosi. Qualche volta, dopo troppe libagioni, bisognava metterli in ordine per rimandarli presentabili, alle suore dell’ospizio. Il caffè della domenica svolgeva il ruolo della famiglia. Annie Ernaux, La place. Gallimard, 1983.

Uguccione Ranieri di Sorbello aveva una moglie che ha trascorso la vita a inseguirlo per smacchiargli i suoi vestiti. Uguccione era sempre gualcito ed impataccato, depositava dappertutto la cenere e le cicche delle sigarette che fumava in continuazione, si teneva male a tavola biascicando scompostamente e, nel parlare, sputacchiava un po’. Indro Montanelli, I conti con me stesso - Diari 1957-1978. Rizzoli.

Dopo appena qualche anno di scuola, il piccolo Goebbels passava gran parte del tempo divorando libri confusamente. Nella natia Rheydt, una città della Renania, era il primo della classe. I genitori, cattolicissimi, volevano farne un sacerdote, ed egli non era contrario. In seguito pensò di diventare maestro, infine riuscì a laurearsi in filosofia. Scriveva romanzi, drammi, articoli. Li mandava agli editori e ai giornali, ma gli venivano restituiti. Senza la politica forse sarebbe diventato uno scrittore. Giulio Meotti. Il Foglio.

Alle otto di sera la tavola nuziale era un cumulo di lordure: piatti e bicchieri sporchi, ossa di pollo spolpate, lische di missoltini. La tovaglia di lino di Fiandra, presa in prestito da una vicina di casa, era marezzata di macchie di vino, unto e caffè. Nella sala da pranzo stagnava un’aria calda e pigra, satura degli odori delle pietanze. Il fumo delle sigarette galleggiava a mezz’aria e avvolgeva il lampadario, la vetrinetta che conteneva i servizi di lusso e un mobile più massiccio, sul fondo della sala, una credenza con i vetri affumicati, ricovero di stoviglie e di posaterie. Andrea Vitali, Il segreto di Ortelia. Garzanti.

Questo racconto lo ascoltai una sera, mentre una mezzaluna d’argento veleggiava per un cielo di seta damascata come un galeone spinto sopra le onde, dai sospiri delle stelle. Piera Graffer, La Miliarda. LoGisma, 2006.

Dopo aver suonato più volte, finalmente, si affacciò alla camera un infermiere con un mezzo toscano in bocca. «Che cosa succede?» domandò brusco, la mano poggiata allo stipite della porta. «Fate qualcosa, nella stanza accanto c’è una disgraziata che urla, che sta male». L’infermiere scoppiò a ridere. «Macché male d’Egitto!», disse. «Quella sta meglio di me e di lei. Tutte le sere, el servel ghe va in acqua. La xe l’arteriosclerosi». Nantas Salvalaggio, Calle del Tempo. Mondadori, 1984.

Da bambino volevo diventare conducente di filovie oppure organista, due professioni in qualche modo altrettanto sociali. Ancor oggi darei tutto quello che so, cioè poco, per riuscire a suonare Bach o Zipoli. A 8 anni mi colse una passione irrefrenabile per i giornali, e per uno in particolare, La Notte. Spendevo i pochi spiccioli della mancia settimanale per comprarla ogni pomeriggio. Conservo fra le cose più care un biglietto autografo inviatomi dal suo fondatore, Nino Nutrizio, che non ho mai avuto la fortuna d’incontrare. Mi confessava d’essere rimasto estasiato fin dall’aspetto grafico da una lettera che gli avevo inviato. Stefano Lorenzetto. Oggi.

Sbarcato a Cuvio con i suoi mobili e installato in una vecchia villa ai margini del piccolo borgo, il pretore Vanghetta si sentì arrivato in una delle destinazioni che aveva sognato fin dai primi anni della sua carriera: un paese tranquillo, lontano dalla Procura e dal Tribunale, con pochi avvocati, tutti di mezza misura, sui quali avrebbe dominato facilmente. Intorno, un ambiente di piccoli industriali e di modesti commercianti, dai quali gli sarebbe stato facile farsi rispettare e anche benvolere. Piero Chiara, Il pretore di Cuvio. Mondadori, 1973.

Lo chiami vivere, questo? Tappato in uno stambugio di ufficio pieno di fumo a leggere bozze? Lo potrebbe fare un cadavere. Fuori è primavera, almeno stando al calendario. Hai notato che a New York la primavera non esiste? Qui, o si gela, o si frigge. Isaac B. Singer, Anime perdute. Longanesi, 1995.

La musica è Dio che sorride all’uomo. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 19/9/2015