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 2015  settembre 20 Domenica calendario

NEGOZI APERTI, UNA SCOMMESSA CHE OGGI NON VA PERSA

Sulla liberalizzazione degli orari dei negozi la politica sta tornando inesorabilmente indietro. Il confronto aperto al Senato sta facendo emergere una maggioranza che punta a vincolare le aperture nei giorni festivi e/o a dare eccessiva discrezionalità ai Comuni.
Al di là dei numeri che stanno ballando sui giorni di chiusura obbligatoria, ciò che colpisce è che la politica vada in direzione opposta alle trasformazioni della società e in qualche maniera sia legata a un’idea antiquata sia del commercio sia del rapporto tra consumatore e offerta. La distribuzione sta vivendo una fase di grandi mutamenti incarnata innanzitutto dal crescente successo dell’e-commerce e delle piattaforme digitali che vedono gli italiani, tranne qualche caso — vedi Yoox —, in posizione defilata.
A livello sociale, però, non si ha la piena percezione di questo mutamento e le preoccupazioni sull’apertura festiva dei supermercati hanno fatto nascere un’insolita alleanza tra i sindacati, la Confesercenti e la Chiesa. La politica in qualche maniera pensa di pescare in questo bacino di preoccupazioni e interi partiti (Cinquestelle) o frazioni di altri (Pd, Lega e Forza Italia) hanno tradotto in atti parlamentari questo disagio puntando ad allargare i propri consensi popolari. Il tutto viene rappresentato abilmente come un conflitto tra lobby e questo alla fine nuoce alla causa delle liberalizzazioni. Sembra che in discussione ci sia solo il fatturato delle grandi catene e non un’esigenza di competitività dell’intero sistema e una sintonia tra offerta di servizi e nuovi stili di vita.
Vale la pena allora riprendere il filo dell’elaborazione liberal e costruire una proposta più larga capace anche di includere alcune delle preoccupazioni che sono all’origine della contrapposizione all’apertura dei negozi. Anche chi non è credente penso che debba rispettare i dubbi avanzati dalla Chiesa che teme l’assenza da casa proprio nei giorni in cui tradizionalmente il nucleo si ritrova anche solo per mangiare. Chi vuole liberalizzare non ha nessun interesse a presentare la propria proposta in termini economici crudi e a passare per un sostenitore della «morte dei sentimenti».
Le esigenze dei genitori tramite una contrattazione decentrata sul posto di lavoro possono essere tranquillamente prese in considerazione e bilanciate con la possibilità di creare nuove occasioni di lavoro a part-time, se non direttamente per i loro figli comunque per i giovani. Non credo che i vescovi possano rimanere insensibili davanti alla possibilità di immettere anche temporaneamente i giovani nel processo lavorativo e di toglierli dalla condizione di inoccupato o peggio di frustrato. Sarebbe una mera consolazione pensare che possano pranzare con i loro genitori salvo poi restare a braccia conserte tutto il resto del loro tempo.
Quanto alle preoccupazioni dei sindacati che si oppongono alle aperture festive, anche in questo caso possono essere affrontate in chiave positiva creando valore e non distruggendolo. È evidente che, specie nelle grandi città dove gli operai manifatturieri sono sempre meno, i nuovi Cipputi alla fine siano le cassiere o i magazzinieri della grande distribuzione. Sono loro ad avere lavori con mansioni ripetitive, turni rigidi e scarse chance di mobilità. E a coltivare quindi un’auto-rappresentazione di sé mortificata e senza prospettive di miglioramento. Ma non si tratta di un destino inesorabile bensì di una fase forse sorpassata di una determinata organizzazione del lavoro e di rapporti sindacali datati.
Oggi come emerge da alcune vertenze aziendali come quella dell’Autogrill o di Ikea l’esigenza dei datori di lavoro è quella di coinvolgere maggiormente i dipendenti, di renderli partecipi dei risultati, di aprire tra loro e i clienti una relazione di consulenza all’acquisto. Proporre in questo quadro di profondo rinnovamento della cultura del lavoro nel settore retail anche le liberalizzazioni non avrebbe dunque niente di punitivo, caso mai aggiungerebbe un elemento di flessibilità alla contrattazione.
Insomma se vogliono evitare di essere coinvolti in battaglie di retroguardia i «moderni» devono saper produrre un sovrappiù di elaborazione, altrimenti rischiano di essere sconfitti proprio adesso che lo spirito del tempo dovrebbe dare loro ragione.