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 2015  settembre 19 Sabato calendario

PADOAN SBAGLIA I DATI DEL DEF E RINVIA IL PAREGGIO DI BILANCIO

Ci sono tre grandi cifre nella nota di aggiornamento del Def 2015 che il consiglio dei ministri ha approvato ieri: crescita del Pil, indebitamento netto (deficit/pil) e debito/pil. Quando alla conferenza stampa un cronista di Bloomberg ha chiesto qualcosa di più preciso sul debito pubblico, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha allargato le braccia: «I numeri non li ricordo, chiedo venia. Ma quel che conta è il percorso di aggiustamento strutturale...». Insomma, l’unico tecnico che era al governo si è già ammalato di renzite acuta: l’importante è lo slogan di fondo, poi sui dettagli si può procedere alla carlona.
Che il ministro dell’Economia non conosca il dato di finanza pubblica italiano più sensibile per i mercati finanziariquello del rapporto fra debito pubblico e pilè clamoroso, ma nessuno è sembrato stupirsene. Così per raccontare le previsioni del governo che correggono il Def approvato nell’aprile scorso, bisogna affidarsi in mancanza di documenti ufficiali (che fino a tarda sera non erano stati resi pubblici) alle cifre girate un po’ alla carlona durante quella conferenza stampa. Le uniche già note da giorni erano quelle della previsione sulla crescita, con la correzione al rialzo che ci si immaginava: Pil su dello 0,9% nel 2015 (nel Def era scritto +0,7%) e dell’1,6% nel 2016 (nel Def era +1,4%). Poi è stato confermato che gran parte della manovra che sarà inserita nella legge di stabilità sarà finanziata in deficit, utilizzando quella flessibilità che l’Unione europea dovrebbe concedere all’Italia. Quanta? Anche qui difficile capirlo, perchè le cifre sono state diffuse sia da Renzi che da Padoan in grande libertà e grandissima confusione. Partiamo dalle parole del premier: «Grazie al lavoro fatto nel semestre sulla flessibilità», ha sostenuto Renzi, «c’è uno 0,5 sulle riforme, che utilizziamo interamente, e uno 0,5 sulle infrastrutture che utilizziamo parzialmente, per lo 0,3». In tutto farebbe 0,8, e cioè circa 12,8 miliardi di euro che l’Unione europea dovrebbe regalare. Siccome Padoan si è ricordato la previsione deficit-pil 2016, prendiamola per buona: ha detto che sarà al 2,2% del Pil. Poi ha comunicato una novità: l’Italia ha già chiesto alla commissione europea di potere utilizzare altra “flessibilità”, e cioè altro deficit: uno 0,2% che si chiede per i costi straordinari dell’immigrazione. Se venisse concesso, ha chiarito il ministro dell’Economia durante la conferenza stampa, il rapporto deficit/Pil dell’Italia salirebbe ancora, arrivando al 2,4%. Ma i conti non tornano: se si mette insieme una flessibilità dello 0,5% come premio per le riforme, una dello 0,3% per le infrastrutture (lo 0,8% spiegato da Renzi) e lo 0,2% che Padoan ha richiesto alla Ue per i costi straordinari dell’immigrazione, si utilizzerebbe un deficit aggiuntivo pariaunpuntodiPil,ecioèdi16 miliardi di euro. Ma la previsione deficit/pil contenuta nel Def di aprile per il 2016 era di
1,6%. Se si aggiunge un punto, la previsione deficit/pil per l’anno prossimo dovrebbe essere del 2,6%. Invece è del 2,2% che sale al 2,4% in caso di concessione della “flessibilità immigrati”. Sembra una questione di lana caprina, ma non lo è, perchè ballano in quella differenza 3,2 miliardi che si possono o meno utilizzare per finanziare in deficit la prossima legge di stabilità.
Incerta per altro è anche la concessione all’Italia di quello 0,2% di deficit aggiuntivo per i costi extra dovuti all’emergen-
za immigrati. Perchè? Semplice: in dichiarazioni ufficiali sia il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi che il ministro dell’Interno Angelino Alfano hanno dichiarato che grazie alla lotta dura intentata dal governo italiano agli scafisti, questi hanno cambiato rotta dirottando verso i Balcani decine di migliaia di profughi. Che sia propaganda o verità, è un fatto che alla data del 31 agosto 2015 il numero di immigrati arrivati in Italia era inferiore rispetto alla stessa data del 2014. L’Italia dunque non ha avuto costi ex-
tra, ma ha speso meno dell’anno precedente per affrontare l’emergenza immigrati. Il fatto che altri paesi europei abbiano chiesto quella flessibilità, non è una garanzia: Ungheria, Austria, Germania, Svezia e Grecia hanno effettivamente avuto con l’emergenza profughi flussi assai superiori a quelli degli anni scorsi, l’Italia no. Può solo sperare in un risarcimento che guardi al passato, quando da sola ha pattugliato le coste del Mediterraneo.
Però quei 3,2 miliardi per gli immigrati per Renzi sono essenziali: valgono quasi interamente l’abolizione della tassa sulla prima casa, e se non arrivano si moltiplicano i problemi per la legge di stabilità.
L’altra notizia contenuta nella nota di aggiornamento del Def è quella dell’ennesimo rinvio del pareggio di bilancio dell’Italia. Lo aveva rinviato Silvio Berlusconi di un anno, poi Mario Monti di un altro anno, poi Enrico Letta di un anno ancora, e l’anno scorso aveva posticipato pure Matteo Renzi. Nel Def cera previsto per il 2017, ora ci si corregge: 2018. Questo perchè facendo più deficit si corregge anche il percorso di rientro dal debito. Nel documento di aprile era prevista la prima discesa del rapporto debito/Pil nel 2016: sarebbe dovuto essere del 130,9% dal 132,5% indicato per il 2015. Le correzioni fatte ora sono due: nel 2015 il debito pubblico cresce più del previsto: 132,8% del Pil. Nel 2016 scenderà meno delle previsioni: 131,4%. E non è una buona notizia.