Mario Baudino, La Stampa 20/9/2015, 20 settembre 2015
Georges Simenon entrò nella sua vita grazie a un parroco troppo zelante, e non è più uscito. Ora Romolo Ansaldi, commercialista genovese che ha molto girato il mondo per lavoro, si gode a 87 anni la sua strepitosa collezione di libri, riviste, lettere, manifesti, tutto ciò che riguarda lo scrittore belga, considerata da un bel po’ la più importante al mondo, vista parecchie volte, almeno in parte, in mostre e trasmissioni dedicate al padre di Maigret, insomma celebre e assai «pubblicata»
Georges Simenon entrò nella sua vita grazie a un parroco troppo zelante, e non è più uscito. Ora Romolo Ansaldi, commercialista genovese che ha molto girato il mondo per lavoro, si gode a 87 anni la sua strepitosa collezione di libri, riviste, lettere, manifesti, tutto ciò che riguarda lo scrittore belga, considerata da un bel po’ la più importante al mondo, vista parecchie volte, almeno in parte, in mostre e trasmissioni dedicate al padre di Maigret, insomma celebre e assai «pubblicata». In casa, nel grande appartamento genovese affacciato sul mare, fa però tutto un altro effetto. Che dire, un Louvre, o magari un sacrario, per un autore che fu laico a oltranza. Ci sono quasi tutte le pubblicazioni, in edizione originale ovviamente: oltre quattrocento. Ne mancano quattro, quattro libretti pseudonimi usciti prima del ’31 in una «Collection Gauloise» dagli intenti dichiaratamente porno. «Tutta Parigi sa che li cerco», dice Ansaldi «ma non si trovano proprio». Il collezionista ha bisogno di impossibile. Romolo Ansaldi, l’impossibile lo ha sfidato e battuto un sacco di volte. Per divertimento? «Forse, anche per noia». Sembra una boutade, perché nella sua lunga vita l’impressione è che non abbia mai avuto troppo tempo per annoiarsi. Figlio di un impiegato statale, tre lauree, (matematica, legge, economia e commercio), un’attività internazionale che lo ha portato a contatto con chiunque, grandi imprenditori, ministri, principi e dittatori (ha pranzato anche con Mao e con Bokassa). La sua base operativa era Parigi, e con tutti i bouquiniste sulla Senna era impossibile non dare la caccia a qualche libro dimenticato. Ma solo quando ha cominciato a rallentare i ritmi di lavoro la collezione è letteralmente esplosa. Né è stata la sola. Un’altra si era conclusa da tempo, mettendo in fila tutti i pezzi possibili e immaginabili, tutto il catalogo: quella delle macchine fotografiche Leica. Rivale di Agnelli Le ha avute nella loro totalità, l’intera produzione della casa tedesca compresa una d’oro costruita per il Dalai Lama. «Al momento di donargliela si è scoperto che per motivi religiosi non poteva toccare metalli vili - e l’oro era considerato tale. È rimasta in magazzino, l’ho conquistata». Aveva due grandi rivali, all’epoca: l’avvocato Agnelli e Luigi Giribaldi, l’imprenditore piemontese (scomparso nel 2012) che fece della Traco un gigante per le spedizioni private - e a Montecarlo collezionava Ferrari, Rolls Royce e orologi. Ma anche Leica, ovviamente. «Io possedevo 800 pezzi, tutto quel che c’era, compresa una a motore costruita durante la guerra, per gli aeroplani. A un certo punto le ho vendute a uno dei due, non ricordo neppure quale. Trattavo con emissari. Mi tenni quella d’oro, per mio figlio, anche se poi è finita all’asta. Sono sicuro che se l’è presa Giribaldi». E com’è accaduto, si era stufato? «Stufato? Lei terrebbe una collezione di quel genere, e per di più molto pubblicata, in casa? E poi, una volta finita, mi interessava di meno». Ecco. Accadrà anche per Simenon? «Guardi, già i manifesti, 1500, sono nella mia casa di Lugano, dove trascorro molto tempo. Sono residente in Svizzera, ma non cittadino. Resto genovese. E in ogni caso, se trovassi una bella fondazione che me lo valorizzasse come si deve, sarei prontissimo a regalare tutto». Per fortuna mancano ancora quattro pezzi, e dunque la caccia continua. Per non parlare dei libri su Simenon, che Romolo Ansaldi intercetta appena escono. La sua è una collezione-biblioteca, tendenzialmente infinita. Ha proprio tutto, le prime edizioni, le riedizioni su carta pregiata, le traduzioni in italiano e molte di quelle in tedesco, dvd e fumetti dedicati a Maigret. «Io frego tutti» Tra le lettere, c’è quella più controversa, in cui lo scrittore, nel ’44, dall’isola di Porquerolles, mandava all’editore il certificato d’origine ariana. «Non prova nulla sul presunto collaborazionismo di Simenon. Senza quel certificato non avrebbe potuto pubblicare». Vero è che poteva farlo con uno dei suoi innumerevoli pseudonimi, ma insomma non sarebbe stato lo stesso, anche in termini economici. Sul Simenon collaborazionista (è noto che nel ’45 preferì trasferirsi in America per un certo periodo, in attesa che cadessero i sospetti contro di lui) Ansaldi non ha dubbi. E dire che lui lo ha letto proprio tutto, pagina su pagina, con una dedizione totale. Il risultato non sarà che è diventato per forza di cose molto indulgente? «No, niente affatto. Anzi, se devo dire la verità, l’uomo non mi interessa, e neppure mi piace. Mi interessa lo scrittore». Prova ne sia che non ha fatto mai nulla per conoscerlo, mentre nel tempo (Simenon è morto nel 1989) è diventato amico dei suoi figli. Anche in modo imprevedibile: «John Simenon, il minore, è stato a lungo il mio maggior rivale su eBay. Ma lui comprava usando il suo nome, io con uno pseudonimo. La prima volta che ci incontrammo di persona, a un convegno, mi rivelai. «Allora sei tu quello che mi porta via le cose migliori», disse. Ci abbracciammo. Diventammo amici». C’è molta concorrenza su Simenon? «Moltissima, ce n’è sempre stata». Quindi non si va per troppo per il sottile? L’avvocato fa un’espressione tenera e divertita, il viso atteggiato a una bontà evangelica. Ragion per cui la risposta non stupisce. «Io frego tutti». L’icona «Pietr il Lettone» Non gli amici, però. Non Mario Soldati o Pietro Chiara, Giancarlo Fusco e Gianni Brera: si vedevano, cenavano, parlavano e ridevano; li ha collezionati tutti, anche se «quelli sono facili». E soprattutto, non il suo predecessore nel pantheon dei simenoniani, un droghiere di Lione che si chiamava Claude Menguy, ed era amico dello scrittore. Tutti i suoi libri erano dedicati, e li aveva quasi tutti. «Quando è morto, la moglie mise all’asta la collezione. Io non amo le aste. Avrei comprato in blocco, se me l’avesse offerta, ma i libri di un amico all’asta, mai». In ogni caso, alla fine uno ne ha conquistato, e assai prezioso. L’icona della sua vita simenoniana: Pietr il Lettone, nell’edizione speciale dedicata a Menguy, con questa dedica: «Il primo Maigret, ma non il primo pubblicato». «Invece non è esatto», corregge Ansaldi. «Per quanto mi riguarda è anche il primo stampato, perché uscì a puntate sulla rivista Marianne ». Che fa bella mostra di sé nella collezione. Ma Pietr il Lettone ha un significato davvero speciale: fu il primo Simenon letto a 14 anni, la scintilla dell’incendio. Il futuro collezionista lo comprò su una bancarella di Genova, attirato dalla copertina un po’ osée - per l’epoca -: una ragazza con le gambe bene in vista. E ne fu rapito. «Eravamo sfollati nell’entroterra. Quel giorno stesso, mentre lo stavo leggendo avidamente, passò il parroco e mi chiese che libro fosse. Glielo mostrai, lo sfogliò, non disse niente. Ma l’indomani Pietr il Lettone non c’era più. Svanito, bruciato. Il parroco aveva dato l’allarme a mia madre, rivelando che i libri di Simenon stavano nell’indice di quelli allora proibiti dalla Chiesa». Protestò? «Non dissi niente. Decisi che li avrei letti tutti».