Beda Romano, Il Sole 24 Ore 19/9/2015, 19 settembre 2015
SINDROME DA ECONOMIA DI MERCATO
L’ipotesi di concedere lo status di economia di mercato alla Cina, nell’ambito delle regole dell’Organizzazione mondiale del Commercio, sta provocando nervosismo e timori nel mondo imprenditoriale europeo. In questi ultimi giorni, l’alleanza industriale Aegis ha incontrato numerosi esponenti comunitari per avvertire la Commissione europea, il Parlamento europeo e gli stati membri dei danni che una scelta di questo tipo avrebbe sull’economia dell’Unione.
«Vogliamo sensibilizzare l’establishment comunitario dinanzi a una scelta che avrebbe gravi ripercussioni», spiega Milan Nitzschke, portavoce di Aegis Europe, una organizzazione che in Europa rappresenta 25 settori industriali. La bilancia commerciale euro-cinese di beni e prodotti ha mostrato nel 2014 un deficit europeo pari a 137,8 miliardi di euro. La Cina è al tempo stesso per molti paesi europei un grande mercato di esportazione, ma anche un pericoloso concorrente in casa e nel mondo.
L’ingresso di Pechino nell’Organizzazione mondiale del Commercio nel 2001 fu deciso a condizione che all’economia cinese, ritenuta dirigista, non venisse concesso lo status di economia di mercato. Il punto non è banale. Tra le altre cose, concedere questo status alla Cina avrebbe significato ridurre la capacità dell’Unione di imporre dazi sui prodotti cinesi. Vi sono stati negli ultimi anni casi eclatanti, come quando nel 2013 Bruxelles decise di imporre dazi sui pannelli solari cinesi.
Il protocollo di ingresso della Cina nell’Omc precisa che i partner commerciali del gigante asiatico potranno rivedere la loro posizione dopo 15 anni, in altre parole alla fine del 2016. Qui a Bruxelles, la questione controversa è già oggi all’ordine del giorno, tenuto conto del fatto che in Europa la scelta di concedere lo status deve essere presa con un provvedimento legislativo, su proposta della Commissione. Quest’ultimo richiede l’approvazione del Consiglio e del Parlamento.
Secondo uno studio preparato per Aegis da due professori dell’Economic Policy Institute di Washington, Robert Scott e Xiao Jiang, concedere lo status di economia di mercato avrebbe conseguenze nefaste, «al netto di eventuali risposte di politica economica», precisa Scott, incontrato in questi giorni qui a Bruxelles. La ricerca sostiene che la riduzione inevitabile di dazi sui prodotti in arrivo provocherebbe un forte aumento delle importazioni manifatturiere cinesi in Europa – del 25-50% in tre-cinque anni.
Lo studio, presentato in questi giorni ai gabinetti di sei commissari e del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, precisa che le importazioni cinesi potrebbero aumentare su tre-cinque anni per un valore tra i 70 e i 140 miliardi di euro. «L’aumento del deficit commerciale europeo comporterebbe un calo della domanda e una perdita di prodotto interno lordo dell’Unione di 1-2 punti percentuali, sempre su tre anni», spiega Scott, convinto che ciò penalizzerebbe strutturalmente l’economia europea.
A rischio sono 1,7-3,5 milioni di posti di lavoro. I paesi più colpiti, sempre secondo lo studio dell’Economic Policy Institute, sono la Germania, l’Italia, e il Regno Unito. Concedere lo status di economia di mercato alla Cina metterebbe a rischio in Italia 208mila-416mila posti di lavoro. A livello europeo, i settori più colpiti sarebbero la componentistica nell’automobile, i prodotti legati alla carta, l’acciaio, la ceramica, il vetro, l’alluminio e il settore delle biciclette.
Per ora, la Commissione non prende posizione sulla questione. «Il tema richiede una riflessione dettagliata – spiega il portavoce Daniel Rosario –. È troppo presto per dire oggi quando la decisione verrà presa». La Commissione europea è stretta fra i timori del mondo imprenditoriale e il desiderio dell’establishment cinese di un cambio di regime. La preoccupazione delle associazioni industriali è che decida di lasciare l’ultima parola ai Ventotto, mettendo in luce tensioni e contrasti.
Beda Romano, Il Sole 24 Ore 19/9/2015