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 2015  settembre 19 Sabato calendario

LA FIDUCIA DELLA YELLEN E L’INCERTEZZA DEI MERCATI

Per i mercati - americani e globali - ricomincia l’attesa. Un’attesa, nel dopo Fed, se possibile ancora più nervosa e snervante di prima: sul futuro dell’economia mondiale, sulle ripercussioni della frenata cinese, dei travagli dei Paesi emergenti, delle debolezza europee e degli ostacoli sulla strada della ripresa Usa. E sull’efficacia della strategia - o meglio della tattica - scelta per tenerne conto della Federal Reserve, che giovedì rinviando ogni stretta e lasciando il costo del denaro vicino allo zero ha soprattutto preso tempo. Forse una mossa prudente, vista volatilità e incognite. Ma sicuramente non risolutiva. Che minaccia di tenere sulle spine investitori e operatori economici.
Il presidente della Fed Janet Yellen si è detta convinta che i tassi a zero possano tuttora servire a dar forza all’occupazione, a «mettere la gente al lavoro» come ha dichiarato. Una sorta di polizza di assicurazione contro effetti nocivi delle nuove ombre addensatesi anzitutto fuori dai confini Usa e che sollevano lo spettro di contagi su un’espansione che rimane solo moderata a sei anni dal suo avvio. Ma è una polizza che vuole essere temporanea: il desiderio di alzare i tassi rimane. Per normalizzare la politica monetaria, dove questo “normale” per Yellen - una colomba con gli artigli che oggi non sposa gli allarmi più drammatici sulla ripresa - fa rima con salutare. Il presidente ha assicurato di non temere di rimanere invischiata in fenomeni di “zero lower bound” e “liquidity trap”, di tassi a zero che non servono più a iniettare liquidità in un’economia reale spaventata e strette affrettate che la costringerebbe a tornare malamente sui suoi passi. Ha, nei fatti, assicurato di voler restituire alla Banca centrale un arsenale di stimolo per reagire a future crisi: la vera polizza di assicurazione di più lungo periodo per la Fed, paradossalmente, è proprio un progressivo rialzo dei tassi che restituisca margini per utili ribassi. Yellen resta anche una teorica della curva di Phillips, che difende il legame tra il calo della disoccupazione, già scesa al 5,1%, e aumenti dell’inflazione pur oggi meno evidente. Ha fiducia, insomma, che le pressioni deflazionistiche svaniranno.
I mercati lo sanno. Per questo hanno reagito con cautela alla decisione della Fed, seppur l’avessero anticipata e invocata. Passato lo spauracchio di una immediata stretta si sono rivolti verso la vera paura: quella che i problemi economici, messi in luce dalla stessa Fed, restino gravi e le sfide insolubili. I sondaggi tra gli economisti di Wall Street vedono il 64% prevedere un primo rialzo dei tassi a dicembre. Il mercato future scommette a sua volta su quella data, mentre il vertice di ottobre appare improponibile, troppo presto visti i toni accomodanti della Fed. Un rinvio ulteriore, nel 2016 e forse ben addentro l’anno prossimo, è tuttavia sempre più “quotato” nella sfere di cristallo dei futures: le chance di una mossa a dicembre sono scese sotto il 50% contro il 62% prima dell’annuncio della Fed.
L’interrogativo di fondo, infatti, rimane in cerca di risposta: si saranno entro fine anno davvero chiariti i rischi per l’economia globale e il cammino della ripresa americana - e sarà stata meglio digerita la volatilità delle piazze finanziarie diventata ulteriore elemento di preoccupazione - consentendo alla Fed di rompere gli indugi in un clima che ritiene più stabile e proficuo? O avrebbe, con il senno di poi, fatto meglio ad alzare i tassi oggi, cogliendo un’occasione seppur men che ideale per rimuovere alcune incertezze e cercare di dare fiducia alla tenuta dell’economia Usa e non solo? La credibilità della Banca Centrale, vale a dire la sua merce più preziosa nel rispondere a shock e crisi, è la grande posta in gioco, ne uscirà rafforzata o piuttosto ridimenzionata? La partita rimane aperta e vedrà nuovi scontri sui tassi tra falchi e colombe - che questa settimana, ha commentato il Wall Street Journal, hanno vinto una battaglia ma non la guerra. Il risultato, per mercati in preda all’ansia, è più incerto che mai. E dipende da una colomba con
gli artigli.
Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 19/9/2015