Cosimo Caridi, il Fatto Quotidiano 19/9/2015, 19 settembre 2015
“HO PROVATO A FARE A MENO DEI TRAFFICANTI D’UOMINI, MA SONO STATO ARRESTATO”
Fino a ora abbiamo speso 2 mila euro a testa”. Kassem parla un ottimo inglese e ha un master in Relazioni Internazionali: “Pensavo mi sarebbe bastato per arrivare in Svezia, senza dover pagare qualcuno per portarmici”. Parla accovacciato nel piccolo cono d’ombra creato da un muro, con lui un’altra ventina di persone. A sorvegliarli due poliziotti. “Mi hanno preso poco fa. Ho perso mia moglie, è incinta di 6 mesi”. In 4 giorni dall’entrata in vigore del reato di clandestinità la polizia ungherese ha arrestato oltre mille profughi, ma il governo magiaro non fornisce dati sulla cattura di trafficanti.
Kassem e uno dei suoi fratelli sono stati fermati vicino Roszke, al confine con la Serbia. “Il bus per arrivare a Budapest accetta solo dinari, non ne avevo abbastanza per tutti i biglietti – racconta Kassem – mia moglie e due dei miei fratelli sono partiti, mentre noi siamo andati a cambiare gli euro”. Un uomo li nota, gli urla qualcosa e due minuti dopo arriva una pattuglia. Da questa zona partono anche molti trafficanti, per 300 euro, perché loro accettano sia euro che dollari, portano i profughi al confine con l’Austria. “A Beirut ho lavorato per 3 anni all’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) – continua Kassem con più rabbia che orgoglio – so come muovermi, ma qui nessun cittadino vuole aiutarci. Le cose non ci vengono dette chiaramente, sembra che tutti vogliano fregarci”.
Secondo le indagini delle polizie europee l’Ungheria è diventata la base per la più florida rete di trafficanti di uomini, un sistema collaudato che si è riconvertito in un business più redditizio. Sugli stessi camion che per anni hanno trasportato merce di contrabbando ora vengono stipati i richiedenti asilo. Il direttore dell’Europol, Robert Crepinko, ha quantificato in 30 mila i trafficanti che operano da una parte all’altra del Mediterraneo. Di questi solo 3 mila sono coinvolti nei trasporti dalla Libia all’Italia. La maggioranza si occupa della ben più remunerativa “rotta balcanica”. Il viaggio attraverso in mare costa dai 500 fino ai 3 mila euro, mentre un transfer diretto, solitamente su un mezzo pneumatico, dalla Turchia alla Svezia ne costa 10 mila.
Come Kassem molti rifugiati tentano di risparmiare spezzettando il viaggio, ricorrendo ai trafficanti solo per i tratti più difficili. Sui social network si trovano informazioni, mappe e prezzi per le varie tappe della rotta. E in molti casi è proprio su Facebook che avviene il primo contatto tra i trafficanti e i chi vuole arrivare in Europa.
Ci sono agenzie di viaggio e punti di raccolta, per lo più in Libano e in Turchia dove vivono diversi milioni di aspiranti viaggiatori. A Istanbul esiste un florido mercato di documenti falsi, sia per chi prima di attraversare il mare vuole crearsi una nuova identità , mantenendo la propria nazionalità (un passaporto siriano garantisce l’asilo politico), che per chi preferisce un lasciapassare per prendere un aereo. I prezzi non sono proibitivi: il giornalista inglese Nick Fagge si è procurato, per circa 1.900 euro, passaporto, patente e carta d’identità siriane.
“I guadagni delle organizzazioni criminali derivanti dal traffico dei migranti hanno superato quelli derivanti dal traffico di armi e droga”. Izabella Cooper, portavoce di Frontex, ha ribadito: “Probabilmente è il business illegale più redditizio che ci sia”. In questi giorni la polizia tedesca sta assumendo 3 mila nuovi effettivi, per rinforzare i controlli frontalieri. Nella prima metà del 2015, Berlino ha arrestato 2.336 persone coinvolte nella tratta dei rifugiati.
Cosimo Caridi, il Fatto Quotidiano 19/9/2015