Lucio Cillis e Roberto Mania, la Repubblica 19/9/2015, 19 settembre 2015
“DIMISSIONATO PERCHÉ INADEGUATO ORA SERVE UN MANAGER ESPERTO DEL SETTORE”
ROMA.
Dimissionato. Al di là degli aspetti formali, Silvano Cassano, è stato fatto fuori dagli azionisti di Alitalia, dai soci italiani che ancora posseggono il 51 per cento, e dagli arabi di Etihad con il loro pesante 49 per cento. D’intesa con le banche, socie e creditrici. «Tutti — rivela uno dei membri del board della compagnia aerea — lo consideravano ormai inadeguato. Troppo sotto pressione, debole nell’azione di governance». E ieri quando Cassano, classe 1956 da Argenta, provincia di Ferrara, con un passato alla Hertz, alla Fiat e a Benetton, ha confermato al board le sue dimissioni, già presentate con una lettera il giorno prima, nessuno gli ha chiesto di restare. Cassano è stato soltanto salutato dopo meno di undici mesi. Si volta pagina per l’ennesima volta cambiando il vertice della compagnia. Alitalia si conferma — come ai tempi della sua appartenenza alla categoria del carrozzone pubblico preda dell’ingordigia dei partiti — una società trita-manager. Ma il punto è che nessuno ha in mente un nome per la successione. Chi dopo Cassano? «Uno bravo, che conosca il settore, competente», risponde la nostra fonte. Per due, tre mesi, dunque almeno fino alla fine di quest’anno, sarà Luca di Montezemolo, voluto alla presidenza dai soci di Abu Dhabi, a governare con la gestione ordinaria affidata alla coppia Giancarlo Schisano, direttore operazioni, e Duncan Naysmith, direttore finanziario, australiano come James Hogan, numero uno di Etihad e vicepresidente di Alitalia. Forti delle loro risorse finanziarie e del know-how industriale gli emiri stanno prendendo il pieno controllo della compagnia tricolore. E dunque saranno loro, come peraltro era già accaduto con Cassano (consigliere di Hogan durante le trattative per l’ingresso nell’aviolinea italiana), ad avere l’ultima parola sulla scelta del prossimo ad.
È a luglio che sono precipitati i rapporti tra i soci e l’ormai ex amministratore delegato. Per una serie di ragioni: gli effetti interminabili dell’incendio di maggio al Terminal 3 dell’aeroporto di Fiumicino, la caduta del prezzo del petrolio che Alitalia non ha potuto sfruttare perché ha scommesso su un prezzo più alto del kerosene, il calo del mercato domestico superiore alle previsioni. Tutti ripetono che i conti di Alitalia stanno andando come previsto e che il piano industriale non si cambia. «Siamo nel budget», sostenevano ieri più fonti. Ma c’è chi fa capire che in realtà le cose non stiano andando secondo il preventivo. Di sicuro c’è che l’Alitalia aveva chiuso i primi tre mesi del 2015 con una perdita netta di 100 milioni di euro saliti a 130 nella prima metà dell’anno. Il primo utile, fosse anche di un euro, stando al piano industriale, arriverà nel 2017.
Certo sul caos di Fiumicino non ha avuto responsabilità Cassano. Ma quando ha minacciato che Alitalia avrebbe potuto abbandonare l’hub romano, i rapporti con Atlantia, società del gruppo Benetton che controlla l’aeroporto ma è anche socio di Alitalia, sono scesi ai minimi. Di sicuro c’è anche che dopo tredici anni Alitalia è tornata, questa estate, sui mercati finanziari con un bond da 375 milioni con l’obiettivo di raccogliere le risorse per il rilancio.
La defenestrazione di Silvano Cassano ha ricompattato il fronte interno, provato negli ultimi tempi dall’assenza di una leadership forte che desse la linea nel momento del delicatissimo rilancio. Ecco perché la schiarita tra Hogan e Montezemolo, legati più dalle cariche di presidente e vicepresidente che da una visione univoca della gestione della compagnia, può portare da qui a dicembre ad un accordo sul nome del successore di Cassano.
Ieri i due presidenti hanno passato in rassegna il management del vettore incontrando 150 tra dirigenti e quadri. Hanno spiegato loro di essere «determinati e pronti a proseguire sul percorso del risanamento e del turnaround di Alitalia», affermando poi che «nulla cambia della strategia e dell’impegno che nei prossimi mesi sarà, anzi, aumentato». Va detto però che negli ultimi 60 giorni l’ad probabilmente si era reso conto che il mondo dell’aviazione civile non era così “malleabile” e comprensibile come sembrava all’inizio. La montagna da scalare era dunque troppo alta. «Occorre cambiare passo e migliorare ancora di più il servizio», dicevano ieri Hogan e Montezemolo. Esattamente quello che Cassano non è riuscito a fare. Cioè a dare il segno della discontinuità, del rinnovamento. Perché la percezione di Alitalia è rimasta negli occhi e nella mente dei clienti troppo legata alla vecchia compagnia. Ora parte la caccia al nuovo top manager. E c’è chi scommette, a Fiumicino, che sarà uno “straniero” che conosca però la lingua di Dante.
Lucio Cillis e Roberto Mania, la Repubblica 19/9/2015