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 2015  settembre 19 Sabato calendario

«L o shopping? È diventato la nostra ragion d’essere quotidiana. E in una città come Londra spiega molte cose

«L o shopping? È diventato la nostra ragion d’essere quotidiana. E in una città come Londra spiega molte cose. A partire dalla costruzione architettonica del contesto urbano». Barnaby Barford, classe 1977, uscito nel 2002 dal Royal College of Art di Londra, diverse mostre in Gran Bretagna e nel 2013 la sua prima solo exhibition al Museum of Contemporary Art in Virginia, pensando alla capitale dello shopping, da Oxford Street a Bond Street, ha immaginato la sua ultima installazione, in mostra da oggi al Victoria & Albert Museum in concomitanza con la partenza della London Design Week: «Una riproduzione della metropoli sul Tamigi, o meglio di 3 mila negozi della città». Un’allegoria, The Tower of Babel, per raccontare una città e un popolo, gli inglesi, che lo stesso Napoleone Bonaparte bollò come «bottegai». «Ed è proprio questa passione per il commercio, che caratterizza più di ogni altra cosa Londra, a giustificarne anche la struttura — spiega al Corriere Barford —. Perché quando la City medievale finì in cenere, avvolta dalle fiamme del grande incendio del 1666 scatenato da un fuoco incontrollato in un forno, sir Christopher Wren (lo stesso che ricostruì la cattedrale di St Paul, ndr ) propose un ripensamento razionale della città, un po’ come farà il barone Haussmann a Parigi. Ma i bottegai, ansiosi di ricominciare, iniziarono subito a issare le insegne delle loro attività, senza dar tempo agli urbanisti di pianificare». Così oggi Londra si snoda per vicoli e stretti passaggi sui quali si affacciano le vetrine di negozi piccoli e grandi. Come l’antica città medievale. Ed è proprio quest’urbe «costruita» di vetrine che Barford — non nuovo alle provocazioni come ha già fatto con The Seven Deadly Sins sui peccati capitali, e sempre molto vicino alla tradizione culturale britannica di Hogarth, Chaucer e Dickens — ha iniziato a fotografare, oltre due anni fa. E poi a riprodurre, in miniatura. «Il risultato sono 3 mila negozi in porcellana, realizzati a mano a Stoke-on-Trent dalla 1882 Ltd, che si arrampicano per 6 metri — spiega —. Alla base, quelli in condizioni più degradate; in cima, la crème de la crème delle boutique londinesi». Insomma, dal fish & chips di periferia a Henry Poole & Co in Savile Row (il sarto che nel 1860 inventò lo smoking) fino a Christie’s e Sotheby’s in Bond Street. Un’altra lettura dei tempi in cui viviamo? E della Londra così amata da turisti e «shop-alcoholic»? «Sì, perché le divisioni che ieri rappresentavano le diverse classi sociali, dalla popolazione della Londra più povera alle classi aristocratiche, oggi si sono tradotte in suddivisioni dettate dal denaro. Britannico, indiano od orientale, poco importa» . Già Londra è l’approdo d’elezione di uomini d’affari internazionali. E proprio questa ricchezza si traduce in una maggiore o minore capacità di spesa, ecco di nuovo lo shopping protagonista di un’affascinante allegoria artistica e sociale. Ma perché in porcellana? Non esattamente il materiale più innovativo. «Perché l’ho sempre amata, grazie anche alla mia esperienza di studio a Faenza, in Italia, anni fa — conclude Barford —. È un materiale straordinario, al tempo stesso resistente perché capace di tramandarsi nei secoli, e fragile, sempre a rischio di andare in frantumi. Contemporaneo e nostalgico». E delle «botteghe» in miniatura che compongono la torre (visibile fino all’1 novembre) che ne sarà? «Si possono acquistare ( thetowerofbabel.vandashop.com) , anzi mille sono state vendute nei primi due giorni di apertura». Prezzo? «Da meno di 100 a 6 mila sterline». Come nella Londra vera, dove tutto è scandito dalla ricchezza . Enrica Roddolo