Raffaele Ricciardi, il venerdì 18/9/2015, 18 settembre 2015
QUEST’ANNO IN ITALIA I NUOVI IMPRENDITORI SI CHIAMANO TUTTI HU
MILANO. Si stringe a doppio filo il legame tra l’economia italiana e la presenza straniera, sia di imprenditori sia di lavoratori. Che i parrucchieri cinesi o gli alimentari «etnici» abbiano cambiato il panorama di molte strade delle nostre città è sotto gli occhi di tutti, ma ora nuovi dati stanno a testimoniare quanto, in un periodo di difficile uscita dalla recessione economica, la dinamicità di alcuni stranieri sia riuscita a imporsi. La Camera di Commercio di Monza e Brianza, recensendo i Registri delle imprese delle principali regioni italiane, ha scoperto per esempio che Hu è il cognome più diffuso tra i titolari di imprese nate tra gennaio e agosto 2015.
Il cognome di origine cinese domina la classifica lombarda (dove è seguito da Chen e dall’indiano Singh), ma anche quella di Emilia Romagna, Piemonte e Veneto e si piazza sul podio in Toscana (dove vince Chen, terzo Lin). Si cambia provenienza nel Lazio, ma si va sempre fuori dalla Penisola: nei primi otto mesi dell’anno hanno avviato un’impresa ben 159 Hossain.
D’altra parte, ha notato la Cgia Associazione artigiani piccole imprese di Mestre, già tra il 2013 e il 2014 le aziende guidate da stranieri sono salite del 4,1 per cento, oltre quota 733.500. E se Marocco e Romania rappresentano ancora i principali Paesi di provenienza, a crescere più rapidamente di numero negli ultimi anni sono stati gli esercizi del Dragone: +39,2 per cento dal 2009 a oggi, gli anni della recessione. A spiegare questa espansione – «al netto delle situazioni di illegalità e sfruttamento della manodopera che vanno assolutamente contrastate», come ha sottolineato Paolo Zabeo, della Cgia – è la vocazione al commercio: così ogni quattro cinesi residenti in Italia c’è un imprenditore, mentre per il resto degli stranieri il rapporto è del 14,6 per cento.
Di nuovo la Camera di Commercio brianzola, questa volta scandagliando i dati Unioncamere-Ministero del Lavoro, tratteggia la presenza straniera sul lato del lavoro dipendente e stima che oltre 10 assunzioni su cento, tra quelle previste entro la fine dell’anno, riguarderanno personale immigrato. In settori come l’assistenza socio-sanitaria e i servizi del turismo si sale rispettivamente al 19,2 e al 16,2 per cento. Per non parlare del «personale non qualificato» nella ristorazione che, complice l’Expo, registra un vero boom: quest’anno oltre la metà dei contratti (51,2 percento) riguarda stranieri.